Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2170 del 16/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2170 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: RAMACCI LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) CHIAPPERINI SALVATORE N. IL 06/04/1957
avverso la sentenza n. 3429/2009 CORTE APPELLO di BARI, del
30/09/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

Data Udienza: 16/11/2012

– che la Corte di appello di Bari con sentenza del 30.9.2011, ha parzialmente riformato,
rideterminando la pena, la sentenza in data 7.4.2009 del Tribunale di Trani, che aveva affermato
la responsabilità penale di CHIAPPERINI Salvatore per i reati di cui agli artt. 256, comma 3
d.lgs. 152\06 (realizzazione o gestione di discarica abusiva di rifiuti consistenti in inerti da
demolizione, ceneri di sansa esausta e terre e rocce da scavo) e 181 d.lgs. 42\2004 accertati in
Bisceglie il 31.10.2006;
— che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, denunziando
violazione di legge in ordine alla qualificazione giuridica dl fatto come discarica abusiva,
ritenendo applicabile la violazione amministrativa per abbandono di rifiuti e violazione di legge
per la mancata applicazione dell’art. 181 comma lquinquies d.lgs. 42\2004;
— che, la giurisprudenza di questa Corte si è ripetutamente impegnata nella individuazione del
concetto di discarica con riferimento al reato di cui al terzo comma dell’articolo 256 del D.Lv.
152\06, sottolineandone, ad esempio, la differenza con la nozione di “smaltimento” e rilevando
che trattasi di due attività diversamente disciplinate, perché pur avendo in comune talune
operazioni (quali il conferimento dei materiali e la loro deposito), si differenziano radicalmente:
nello smaltimento i rifiuti vengono interamente sfruttati a scopo di profitto con specifiche
modalità (cernita, trasformazione, utilizzo e riciclo previo recupero), nella discarica, invece, i
beni non ricevono alcun trattamento ulteriore e vengono abbandonati a tempo indeterminato,
mediante deposito ed ammasso. Si ha quindi discarica abusiva “tutte le volte in cui, per effetto di
una condotta ripetuta, i rifiuti vengono scaricati in una determinata area, trasfirmata di fatto in
deposito o ricettacolo di rifiuti con tendenziale carattere di definitività, in considerazione delle
quantità considerevoli degli stessi e dello spazio occupato” (v. ad es. Sez. III n. 27296, 17
giugno 2004). Anche la differenza con il mero abbandono di rifiuti è stata individuata
evidenziando la natura occasionale e discontinua di tale attività rispetto a quella, abituale o
organizzata, di discarica (Sez. III n. 25463, 15 aprile 2004). La discarica abusiva dovrebbe
presentare, tendenzialmente, una o più tra le seguenti caratteristiche, la presenza delle quali
costituisce valido elemento per ritenere configurata la condotta vietata: accumulo, più o meno
sistematico, ma comunque non occasionale, di rifiuti in un’area determinata; eterogeneità
dell’ammasso dei materiali; definitività del loro abbandono; degrado, quanto meno tendenziale,
dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione. Tutti i requisiti
richiesti erano presenti nella fattispecie, come chiaramente indicato dalla Corte territoriale (pag.
3 della sentenza impugnata)
— che il ricorrente afferma, del tutto apoditticamente e genericamente, senza alcuna specifica
allegazione, la ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 181, comma I quinquies d.lgs. 42\2004 per
la declaratoria di estinzione del reato, di cui non v’è traccia alcuna nel provvedimento impugnato
ove, al contrario, non solo non viene fatta menzione di una effettiva e completa rimessione in
pristino dell’area, ma si sottolinea la rilevanza ed incisività dell’impatto prodotto sull’originario
assetto del territorio
— che il ricorso, conseguentemente, va dichiarato inammissibile (poiché mani! estamente
infbndato) e, a norma dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità — non potendosi
escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) —
consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della
Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di curo 1.000,00

Ritenuto:

P. Q. M.

DEPOSITATA
IN
CANCELLERIA
1 6 GEN 7013
Funzionario Giudiziario

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e della somma di euro 1.000,00 (mille/00) alla Cassa delle ammende.
Così deliberato in RO
, nella camera di consiglio del 16.11.2012

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