Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21697 del 21/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21697 Anno 2018
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: MORELLI FRANCESCA

2 73sul ricorso proposto da:
CONTINO STEFANO nato il 03/11/1944 a FAVARA

avverso l’ordinanza del 02/11/2017 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO
sentita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCA MORELLI;
)ette/sentite le conclusioni del PG FERDINANDO LIGNOLA
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
Udito il difensore

Data Udienza: 21/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 26.5.16, il GIP del Tribunale di Palermo aveva disposto
l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di
Contino Stefano, ritenendolo gravemente indiziato del reato di cui all’art.416 bis
c.p., ed aveva rigettato la richiesta del PM con riguardo ai reati di detenzione e
porto di armi, estorsione consumata ed estorsione tentata, contestati ai capi 14, 21

A seguito dell’appello del Pubblico Ministero, il Tribunale del Riesame ha disposto
l’applicazione della misura cautelare anche per tali imputazioni e la Corte di
Cassazione, con sentenza del 23.3.17, ha annullato l’ordinanza limitatamente ai
reati di cui ai capi 21 e 24, con rinvio al Tribunale per nuovo esame.
Il provvedimento del Tribunale del Riesame oggi impugnato, premesso che il
processo è in fase di giudizio abbreviato, ha accolto l’appello del Pubblico Ministero,
applicando la misura della custodia in carcere anche in ordine ai reati di cui ai capi
21 e 24 ( essendo incontestata la misura cautelare in ordine al reato associativo e a
quello di cui al capo 14).
2. Il ricorso denunzia violazione di legge e vizi motivazionali in quanto il Tribunale
non avrebbe sciolto i dubbi sollevati dalla Corte di Cassazione in relazione alla
configurabilità dei reati contestati, all’apporto concorsuale del Contino ed alla
sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 1.203/91.
In particolare, il Tribunale non avrebbe chiarito:
– se vi fu una diminuzione patrimoniale – condizione che la Corte di Cassazione ha
ritenuto necessaria al fine di qualificare i fatti ex art.629 c.p.- a carico della parte
offesa Di Carlo Gioacchino che, secondo l’ipotesi d’accusa, fu indotto ad assumere
fittiziamente Napolitano Silvio Giuseppe, nipote del sodale Napolitano Silvio il quale,
in cambio, si sarebbe impegnato nei confronti dell’associazione mafiosa a procurare
voti ai canditati appoggiati da Contino nella tornata elettorale del giugno 2013 per
l’elezione del Consiglio comunale di Cerda.

quale fu il contributo causale del ricorrente nelle vicende delineate nelle

imputazioni di cui si tratta, essendo del tutto neutrale il contenuto delle
conversazioni richiamate nell’ordinanza e non essendo chiaro se e in che misura
Contino sia coinvolto nelle presunte minacce agli imprenditori Cicero e Scelsi;
essendo, infine, insufficiente a dimostrarlo il mero riferimento al presunto ruolo
apicale del ricorrente all’interno del sodalizio mafioso
– quali siano i gravi indizi in ordine alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art.7
1.203/91
/

1

/

e 24 dell’imputazione provvisoria, ritenendo insufficiente il quadro di prova.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con riguardo all’imputazione provvisoria di cui al capo 21), va osservato che
“Nell’estorsione contrattuale, che si realizza quando al soggetto passivo sia imposto
di porsi in rapporto negoziale di natura patrimoniale con l’agente o con altri
soggetti, l’elemento dell’ingiusto profitto con altrui danno è implicito nel fatto stesso

autonomia negoziale, essendogli impedito di perseguire i propri interessi economici
nel modo da lui ritenuto più opportuno” (Sez. 5, n. 9429 del 13/10/2016
dep. 27/02/2017 Rv. 269364 ;Massime precedenti Conformi: N. 10463 del 2001
Rv. 218433, N. 46058 del 2008 Rv. 241924, N. 9185 del 2012 Rv. 252283, N.
48461 del 2013 Rv. 258168).
Si tratta di un principio affermato anche nella sentenza pronunciata dalla Prima
Sezione penale di questa Corte, con cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso
presentato da Napolitano Silvio contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame che
aveva accolto l’appello del PM ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in
ordine al capo 21 ( Sez.1 n.18704 del 15.2.17).
1.1. Sotto questo profilo, il Tribunale ha assolto l’obbligo motivazionale demandato
dalla Corte di Cassazione esaminando il contenuto delle conversazioni intercettate
da cui si desume che l’accordo fra la famiglia mafiosa di Cerda e Napolitano Silvio
prevedeva che quest’ultimo, in cambio dell’assunzione del nipote, si sarebbe dovuto
attivare per raccogliere consensi elettorali in favore della propria candidata.
E’ stato, altresì, illustrato ( pagine 6-7) il contenuto della conversazione avvenuta
fra il ricorrente Contino ed i sodali Civiletto e Notarbartolo, nel corso della quale gli
ultimi due, con l’av–allo del primo, si impegnano a fare pressioni sull’imprenditore
Di Carlo affinché assuma il nipote di Napolitano; come pure è stato riportato il
contenuto della conversazione in cui i tre si aggiornano circa l’esito positivo
dell’operazione ( pagina 13) .
Si è fatto, infine, riferimento ad un incontro avvenuto alla presenza di Contino in cui
viene richiesto a Napolitano di procacciare consensi alla loro candidata,
consegnandogli anche volantini elettorali ( pagina 9).
Dall’insieme della motivazione del provvedimento impugnato, si trae che l’avvenuta
costrizione in danno di Di Carlo viene desunta non tanto dalle dichiarazioni di costui,
quanto piuttosto dal tenore delle conversazioni fra gli appartenenti al sodalizio
mafioso, che indicano chiaramente come l’assunzione del nipote di Napolitano non
fu spontanea, non si trattò di una assunzione reale, perché il nipote non prestò mai

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che il contraente – vittima sia costretto al rapporto in violazione della propria

attività lavorativa in favore dell’imprenditore, ed avvenne come contropartita
rispetto all’impegno di procacciare consensi elettorali.
E’ stato, allora, illustrato un quadro gravemente indiziario tipico del delitto di
estorsione, con un adeguato rimando alla condotta del ricorrente, posto che sono
stati evidenziati tutti i colloqui, a cui egli ha partecipato, volti a pianificare
l’operazione illecita e verificarne l’esito.
Il Tribunale non si è sottratto all’obbligo motivazionale neppure con riferimento alla

assoggettamento della persona offesa alla forza di intimidazione pronnanante dal
vincolo associativo esistente fra gli esponenti del sodalizio di stampo mafioso, di cui
è gravemente indiziato di fare parte in posizione apicale anche il ricorrente.
2. Il provvedimento impugnato, per contro, non colma le carenze motivazionali
evidenziate nella sentenza di annullamento della Corte di Cassazione con riguardo
alla sussistenza di un quadro gravemente indiziario in ordine al capo 24)
dell’imputazione provvisoria.
Pur se è sufficientemente delineato il quadro di prova di un tipico tentativo di
estorsione organizzato in un contesto di criminalità organizzata e concretizzatosi
nella richiesta del “pizzo”a due imprenditori, non sono indicati gli elementi da cui
dedurre l’apporto causale del ricorrente.
In particolare, il riferimento al contenuto delle conversazioni fra i sodali è generico
per quanto attiene al ruolo del ricorrente e, naturalmente, l’esistenza di un
contributo causale da parte sua non può essere desunto semplicemente dalla
posizione apicale.
2.1. Va tenuto conto del fatto che, ove effettivamente il processo a carico di Contino
si trovasse ora in fase di giudizio abbreviato in ordine a tutte le imputazioni ascritte
( circostanza che questa Corte non è in grado di verificare), varrebbe il principio per
cui “Nel giudizio di rinvio conseguente ad annullamento di decisione del tribunale
del riesame per vizio di motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, non
costituisce violazione dell’obbligo di uniformarsi al principio di diritto enunciato nella
sentenza della Corte di cassazione la rilevazione del sopravvenuto decreto
dispositivo del giudizio e della sua eventuale incidenza sul quadro indiziario”
Sez. U, n. 39915 del 30/10/2002 Rv. 222603.

P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al capo 24) con rinvio per nuovo
esame sul punto al Tribunale di Palermo. Rigetta nel resto il ricorso.
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sussistenza dell’aggravante, laddove ha sostenuto ( pagina 14) che vi fu un

Manda alla Cancelleria per le comunicazioni ex art.28 del regolamento di esecuzione
del codice di procedura penale.

Così deciso il 21 febbraio 2018

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