Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21697 del 16/10/2015

Penale Sent. Sez. 5 Num. 21697 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
A.A.
avverso la sentenza n. 1981/2012 CORTE APPELLO di ANCONA, del
10/07/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/10/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 16/10/2015

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale, Dott. Luigi Birritteri che ha concluso per l’annullamanto
senza rinvio per prescrizione;
udito, per il ricorrente, l’avvocato Caterina Caterino, che ha concluso
per l’accoglimento dei motivi ed in subordine si è associato alle
richieste del P.G.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza emessa in data 10.7.2014 la Corte d’Appello di

21.7.2011 con la quale A.A. era stato ritenuto
responsabile del reato di cui agli art. 110, 216 e 223 L.Fall. perché, in
concorso con Camilloni Francesco, in qualità di amministratore unico dal
22.12.2000 al 27.4.2001 della G.M.F. s.p.a., dichiarata fallita dal
Tribunale di Ancona con sentenza del 19 dicembre 2001, cagionava il
dissesto della società, ponendo in essere operazioni dolose in danno
della stessa, ed, in particolare, per avere proceduto, nell’assemblea
straordinaria del 22 dicembre 2000, all’aumento e sottoscrizione del
capitale sociale con versamento dei 3/10, pari a lire 300 milioni, dando
luogo ad una operazione soltanto fittizia allo scopo di trasformare la
società da s.r.l. in s.p.a. e di consentire ad altra società amministrata
sempre dall’imputato (la COPAL s.p.a.) di controllare la fallita
detenendo la maggioranza delle azioni, senza però provvedere
all’effettivo aumento del capitale sociale, né al versamento in favore
della stessa della predetta somma, con conseguente depauperamento
dell’impresa, e per avere posto in essere un’ operazione fittizia consistente nell’acquisto di azioni della Silver Confezioni s.p.a. per la
somma di lire 50 milioni – in quanto non riscontrata documentalnnente,
ma determinante la distrazione della somma corrispondente a detto
esborso, effettivamente avvenuto e lo condannava esclusa un’ulteriore
ipotesi di distrazione contestata all’imputato, alla pena di anni quattro e
mesi sei di reclusione.
2.Avverso tale sentenza il A.A. a mezzo del suo difensore ha
proposto per cassazione affidato a tre motivi con i quali lamenta:
-con il primo motivo, la ricorrenza del vizio di inosservanza ed
erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 223/2 n. 1 L.
Fall., avendo la sentenza impugnata malamente interpretato tale
disposizione, rilevandosi già ad un primo esame della contestazione
mossa all’imputato una evidente genericità (o meglio, imprecisione)
nella formulazione dell’addebito, laddove non pare possibile

Ancona, confermava la sentenza emessa dal locale Tribunale in data

comprendere se il A.A. sia stato chiamato a rispondere del delitto
di cui al primo comma dell’art. 223 L.F., ovvero del differente illecito dì
cui al secondo capoverso della norma in questione ed essendo noto
come vi sia una sostanziale differenza fra la disposizione di cui al
comma primo dell’art. 223 L.F. e la fattispecie di cui al secondo comma,
perfezionandosi l’illecito – in tale ultima evenienza – unicamente in
presenza di una connessione eziologica tra le condotte contestate
all’imputato e lo stato di dissesto dell’impresa; la sentenza impugnata

la concreta fattispecie nel paradigma di cui all’art. 223 in relazione
all’art. 216 della legge fallimentare, ma dall’analisi del fatto storico così
succintamente ricostruito, paiono chiaramente emergere gli estremi del
delitto di cui all’art. 2626 c.c.;
-con il secondo motivo l’inosservanza ed erronea applicazione della
legge penale, in relazione all’art. 223 L.F., atteso che, anche volendo
ritenere la condotta del A.A. inquadrabile all’interno del primo
comma dell’art. 223 L.F., risulterebbe carente, nel caso di specie,
l’elemento costituito dal pregiudizio per i creditori; invero, nel caso di
specie, come sopra evidenziato, la condotta contestata all’imputato ha
ad oggetto un assegno bancario – recante clausola di non trasferibilità consegnato quale controvalore delle quote della fallita e suppostamente
mai bancato da parte dell’amministratore; sul punto è necessario in
primo luogo osservare come la semplice dazione di un assegno bancario
non sia qualificabile – già in termini civilistici – quale adempimento di
un’obbligazione, costituendo più correttamente un’ipotesi di datio in
solutum;
-con il terzo motivo l’inosservanza ed erronea applicazione della legge
penale in relazione all’art. 223/1 L. Fall. con riguardo al secondo dei
capi di imputazione non potendo definirsi fittizia l’operazione di
acquisizione delle quote della Silver Confezioni s.p.a. avendo l’imputato
documentalmente provato l’acquisto in questione attraverso la
documentazione della Camera di commercio dalla quale risulta
pacificamente la partecipazione in oggetto.
3. Con memoria in data 1.10.2015 l’imputato ha depositato motivi
aggiunti con i quali ha censurato la sentenza impugnata per mancanza
di motivazione in merito alla differente qualificazione giuridica del fatto
prospettata dall’imputato e per la contraddittorietà della motivazione in
merito alla distrazione della somma di 50 milioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2

ha ritenuto sussistente l’esistenza di condotte distrattive, inquadrando

1. Il ricorso non è inammissibile ai sensi dell’art. 606/3 c.p.p., sicchè
non è preclusa a questa Corte la possibilità di rilevare e dichiarare cause
di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. (Sez.Un., n.23428 del
22/03/2005; Sez. IV, n.31344 dell’ 11/06/2013).
2. Per gli episodi di bancarotta attribuiti all’imputato, invero, così come
evidenziato dal P.G. è maturato alla data del 22.9.2014 il termine
massimo di prescrizione, pari ad anni dodici e mesi sei, temine questo più
favorevole all’imputato ai sensi degli artt. 157 e 161 c.p. nella loro attuale

successivamente all’entrata in vigore della novella di cui alla L. 251/2005
(in data 21.7.2011) e della norma transitoria di cui all’art. 10 I. cit..
Al termine suddetto poi vanno aggiunti giorni 35 di sospensione nel
grado di appello e giorni sessanta di sospensione nel primo grado di
giudizio.
3.L’obbligo della immediata declaratoria di tale causa di estinzione,
sancito dal primo comma dell’art. 129 c.p.p., implica nel contempo la
valutazione della sussistenza in modo evidente di una ragione di
proscioglimento dell’imputato, alla luce della regola di giudizio posta dal
secondo comma del medesimo art. 129 c.p.p., rilevabile, tuttavia,
soltanto nel caso in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del
fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua
rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non
contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al
riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di
percezione “ictu oculi”, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi
incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o dì
approfondimento (Sez. III, n.10221 del 24/01/2013).
Nel caso di specie non ricorrono in modo evidente ed assolutamente non
contestabile ragioni di proscioglimento dell’imputato, ai sensi dell’art.
129/2 c.p.p.- risultando che, nonostante all’assemblea della società
fallita in data 22.12.2000 fosse stato deliberato l’aumento e la
sottoscrizione del capitale sociale, tale aumento non veniva
materialmente versato, dando luogo, comunque, ad un’operazione
soltanto fittizia, mentre per quanto concerne la distrazione della somma
di £ 50.000.000, l’acquisto delle azioni della Silver non è risultato
docurnentalmente provato.
Peraltro, deve osservarsi come anche a voler ammettere che nella
fattispecie in esame sia ravvisabile un viz di motivazione con riguardo

3

formulazione, essendo intervenuta la sentenza di primo grado

all’avvenuta documentazione dell’acquisto delle

azioni della Silver

tuttavia in sede di legittimità non è consentito il controllo della
motivazione della sentenza impugnata, allorchè sussista una causa
estintiva del reato, e ciò sia quando detta causa sia sopraggiunta nelle
more del giudizio in Cassazione, sia quando sia stata dichiarata con lo
stesso provvedimento nei cui confronti è proposta l’impugnazione
(Sez. 5, n. 588 del 04/10/2013).
p.q.m.

per intervenuta prescrizione.
Così deciso il 16.10.2015

annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto

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