Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21694 del 16/10/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21694 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RAIOLA SALVATORE N. IL 31/03/1961
avverso la sentenza n. 6615/2011 CORTE APPELLO di ROMA, del
31/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/10/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 16/10/2015

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale,
Dott. Luigi Birritteri che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente, l’avvocato Pietro Martino, che ha concluso
riportandosi ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 31.10.2013 la Corte di Appello di Roma, in riforma
della sentenza del locale Tribunale del 10.3.2011 dichiarava non doversi
procedere nei confronti di Raiola Salvatore in ordine al reato a lui ascritto al

misura di anni nove e mesi due di reclusione, per il reato di cui al capo a) di
cui agli art. 110, 582,583/2° comma, n. 4, 585 e 605 c.p. per avere, in
concorso con altre tre persone, procurato a Majer Kamel – stringendogli
una corda al collo e privandolo della libertà personale- con calci e pugni e
con un taglierino, lesioni personali gravissime, consistite in ferite da taglio
multiple al collo, ferite da taglio regione dorsale polso sin., con
interessamento capsula articolare tendine estensore ulnare del carpoinfrazione estremità distale radio lesioni giudicate guaribili in giorni venti e
lo sfregio permanente del viso, con l’aggravante di aver commesso il fatto
con l’uso di un’arma.
2. Avverso tale sentenza il Raiola, a mezzo del suo difensore,

ha

proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, con i quali
lamenta:
-con il primo motivo, il difetto di motivazione e violazione di norme
processuali stabilite a pena di nullità, in relazione all’acquisizione ed utilizzo
in dibattimento dei verbali di sommarie informazioni testimoniali rilasciate
dalla stessa persona offesa Madjer e da El Manfaloti agli operatori di P.S.,
ed acquisite al processo ai sensi dell’art. 512 c.p.p., ma non nel
contraddittorio dibattimentale, per irreperibilità dei testimoni; non vi è
motivazione in ordine alla prevedibilità della loro irreperibilità e la
dichiarazione di irreperibilità dei testi risulta eseguita in assenza di
apprezzabile attività di ricerca da parte del P.M., sul quale incombeva
l’onere della prova e che, invece, non vi ha ottemperato, ovvero non ne
ha fornito prova; ciò determina l’inutilizzabiltà della disciplina di cui all’art.
512 c.p.p. ed in particolare delle dichiarazioni rese alla polizia dai testimoni
a carico, costituenti pressoché l’unico sostegno probatorio della condanna
inflitta; in particolare, nello specifico, difetta la motivazione in ordine alla
imprevedibilità che i testimoni Madjer, El Manfaloti, cittadini
extracomunitari senza permesso di soggiorno, si sarebbero sottratti

capo B) perché estinto per prescrizione, rideterminando la pena, nella

all’esame dibattimentale e, comunque, agli accertamenti processuali
successivi alla loro identificazione di polizia;
-con il secondo motivo, l’inosservanza ed erronea applicazione della
legge penale in relazione all’acquisizione ed utilizzo in dibattimento ed ai
fini della decisione del verbale del riconoscimento fotografico effettuato in
fase di indagini preliminari in violazione dell’art. 514 c.p.p. (letture vietate),
con conseguente divieto di utilizzazione ex art. 526 c.p.p.; il documento
non era acquisibile ai sensi dell’art. 500/1 c.p.p. (e neanche ai sensi del

neanche ai sensi dell’art. 511 c.p.p., non trattandosi di letture consentite;
sotto altro aspetto, è da rilevare la inevitabile suggestione che sulla
memoria dei testi opera il precedente riconoscimento fotografico e da tale
situazione, i Giudici di merito non hanno tratto le dovute conseguenze, con
inevitabile ricaduta sulla validità dell’apparato motivazionale; per altro
verso, la motivazione è carente sull’argomentare a contrario circa gli aspetti
evidenziati nel precedente gravame in ordine alla inattendibilità dei
riconoscimenti pre-dibattimentali fondanti il convincimento del giudice circa
la presenza dell’imputato nei luoghi di cui all’imputazione; in ogni caso, la
prova, si ritiene, non sia stata raggiunta, in ragione di una inattendibilità
non solo della deposizione di chi ha operato il riconoscimento in udienza
(Brosteanu), ma altresì di chi all’esame dibattimentale si è volutamente
sottratto (EI Manfaloti, Rosu) e le cui dichiarazioni sono approssimative,
superficiali, contrastanti con quelle del Madjer, nonché di scarsa affidabilità,
in ragione dello stato di ubriachezza di El Manfaloti; i giudici di merito, con
incoerente ed illogico iter argomentativo attribuiscono credibilità al
movente ipotizzato dal Madjer, il quale, in ragione dei coinvolgimento
sentimentale con la coimputata e la rivalità col Raiola, ed errano
nell’esaltare la valenza probatoria della documentazione sanitaria del Se.r.t
appartenente all’imputato ed acquisita dagli operanti per mano del Madjer,
insufficiente di per sé sola a provare la presenza in loco del Raiola, in
assenza, del dato scientifico;
– con il terzo motivo, la manifesta illogicità della motivazione, in ordine
alla sussistenza dell’aggravante dello sfregio permanente in assenza della
cartella clinica relativa al ricovero del Madjer costituente una lacuna nella
certa dimostrazione della sussistenza dell’aggravante; nella sentenza
impugnata è stata attribuita sufficiente forza probante al solo referto di
Pronto Soccorso, pur in assenza di materiale fotografico e di certa
valutazione delle caratteristiche della lesione, anche nel post-intervento
chirurgico, assumendo come certamente intervenuta l’alterazione della

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comma 4, non ricorrendone i presupposti) e l’acquisizione non è legittima,

fisionomia della persona, rispetto ai tratti naturali dei lineamenti,
supponendo che la lesione abbia escluso l’armonia del viso e ne abbia
compromesso l’immagine in senso estetico, ovvero, infine, assumendo
apoditticamente persino una pregressa gradevolezza del viso;
-con il quarto motivo, l’insufficiente e/o contraddittorietà della
motivazione in ordine al diverso trattamento sanzionatorio rispetto alla
coimputata Vrbatovic e rispetto ai medesimi reati contestati in concorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Con il primo motivo di ricorso l’imputato si duole dell’avvenuta
acquisizione ed utilizzo dei verbali di sommarie informazioni testimoniali rese
dalla persona offesa Madjer e dall’ El Manfaloti, pur in assenza delle
condizioni previste dall’art. 512 c.p.p., ma tale eccezione è manifestamente
infondata, atteso che la sentenza impugnata ha dato atto, senza incorrere in
vizi, che la lettura di tali verbali è avvenuta, in mancanza di opposizione da
parte dei difensori degli imputati, in base alla corretta applicazione dell’art.
512 c.p.p..
1.1. In proposito, va premesso che l’art. 512, comma 1, c.p.p. consente
di dare lettura degli atti assunti dalla polizia giudiziaria solo quando, per
circostanze imprevedibili, ne sia divenuta impossibile la ripetizione, sicchè
l’utilizzabilità, mediante lettura, delle dichiarazioni rese prima del
dibattimento da un soggetto divenuto successivamente irreperibile, con la
conseguente impossibilità di acquisizione della prova nel contraddittorio delle
parti, è subordinata a un rigoroso accertamento sulla causa dell’irreperibilità
con svolgimento, da parte del giudice, di tutte le ricerche necessarie al fine
di reperire il dichiarante, dovendo essere esclusa la riconducibilità
dell’omessa presentazione del testimone al dibattimento ad una libera scelta
dello stesso

(Sez. 1, n. 46010 del 2311012014, Rv. 261265).

La valutazione della non ripetibilità dell’atto o delle dichiarazioni, che ne
legittima la lettura ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen., anche se non
assoluta è demandata in via esclusiva al libero convincimento del giudice di
merito, e deve essere adeguatamente motivata ed ispirata a criteri di rigore
e di logicità, in quanto rappresenta una eccezione al principio di oralità del
dibattimento (Sez. 2, n. 44570 del 10/10/2014, Rv. 260862).
1.2.In base a tali principi la Corte territoriale senza illogicità ha rilevato
che il tribunale di Roma ha correttamente ritenuto sufficienti, al fine di
utilizzare i verbali di dichiarazioni indicati, le esaustive ricerche finalizzate al
rinvenimento del Madjer e dell’ El Manfaloti, í cui esiti sono stati allegati al
verbale dell’ udienza del 10 marzo 2011, valutazione questa che non risulta

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Il ricorso è inammissibile, siccome generico e manifestamente infondato.

seriamente contestata dall’imputato che si è limitato a generiche doglianze in
ordine all’assenza di apprezzabile attività di ricerca da parte del P.M., sul
quale incombeva l’onere della prova e al difetto di motivazione in ordine alla
imprevedibilità che i testimoni Madjer, El Manfaloti, cittadini extracomunitari
senza permesso di soggiorno, si sarebbero sottratti all’esame dibattimentale.
1.3.In ogni caso, contrariamente a quanto dedotto dall’imputato, dalla
lettura congiunta delle sentenze di merito emerge la circostanza decisiva,
secondo la quale gli elementi di responsabilità nei confronti dell’imputato si

Sul punto occorre evidenziare come nell’ipotesi in cui con il ricorso per
cassazione si lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di
impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità,
l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della
cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti
illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro
espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico
convincimento

(Sez. 3, n.3207 del 02/10/2014); tale criterio invero è

applicabile anche nel giudizio di legittimità.
(Sez. 2, n. 41396 del 16/09/2014).
2. Generico e manifestamente infondato si presenta del pari il secondo
motivo di ricorso riguardante l’acquisizione del verbale riconoscimento
fotografico del Madjer, atteso che tale acquisizione, risulta essere avvenuta
senza alcuna opposizione dei difensori degli imputati ed in base ai
presupposti innanzi indicati di cui all’art. 512 c.p.p..
Peraltro, la teste Lidia Brosteanu ha anch’ella riconosciuto l’imputato e
gli elementi di responsabilità nei confronti dell’imputato si fondano
eminentemente sulle dichiarazioni rese dalla predetta teste.
2.1. Le censure riguardanti, poi, il mancato raggiungimento della prova
nei confronti dell’imputato in merito ai fatti ascrittigli si presentano del tutto
generiche in quanto non confrontano con le precise argomentazioni svolte
nelle sentenze di merito circa l’unicità e la convergenza degli elementi in
ordine alla responsabilità del medesimo.
È inammissibile, invero, il ricorso per cassazione quando manchi
l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto d’impugnazione, atteso che
quest’ultimo non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato
(Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Rv. 259425).
3. Generico per le appena svolte considerazioni si presenta altresì il
terzo motivo di ricorso con il quale l’imputato si duole dell’avvenuto
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fondano innanzitutto sulle dichiarazioni della teste Lidia Brosteanu.

riconoscimento dell’aggravante dello sfregio permanente, pur in assenza della
cartella clinica relativa al ricovero del Madjer attestante siffatta natura della
lesione. Ed invero, anche qui l’imputato non si confronta compiutamente con
quanto evidenziato dai giudici di merito, circa l’assoluta rilevanza, in
proposito, di quanto riportato dal referto del pronto soccorso dell’ azienda
ospedaliera “San Camillo – Forlanini”, acquisito alli udienza del 10 marzo
2011, nel quale sono descritte le lesioni riportate dal Madjer (tra cui ferite da
taglio multiple del volto, con indicazione di ricovero presso il reparto di

sussistente la contestata aggravante, anche in relazione a quanto dichiarato
dalla p.o. alla presenza della P.G. di aver riportato una ferita alla guancia
sinistra lunga più di dieci centimetri e dal!’ orecchio, all’ angolo della bocca) e
di una cicatrice nella regione temporale sinistra lunga più di cinque
centimetri)
Giova richiamare in proposito i principi affermati da questa Corte
secondo cui integra lo “sfregio permanente”, quale circostanza aggravante
del delitto di lesioni volontarie, qualsiasi segno idoneo ad alterare la
fisionomia della persona, ancorché di dimensioni contenute (nella specie lo
sfregio era consistito in una cicatrice al viso della lunghezza di 3 cm), rispetto
ai tratti naturali dei lineamenti, escludendone l’armonia con effetto
sgradevole o di ilarità, anche se non di ripugnanza, e compromettendone
l’immagine in senso estetico, in rapporto ad un osservatore comune, di gusto
normale e di media sensibilità. Né, a tal fine, rileva la possibilità di
eliminazione o di attenuazione del danno fisionomico mediante speciali
trattamenti di chirurgia facciale. (Sez. 5,

n. 26155 del 21/04/2010,

Rv. 247892).
4.

Con il quarto motivo l’imputato si duole inammissibilmente del

differente trattamento sanzionatorio subito rispetto alla coimputata
Vrbatovic, ma i giudici di merito, con ragionamento logico che non merita
censure, hanno dato conto di tale differente trattamento in considerazione
del comportamento tenuto dalla predetta imputata a fronte del proposito
omicidiario manifestato dall’imputato,

pur considerando

il ruolo non

secondario della predetta nella vicenda in esame ed i molteplici precedenti
penali della stessa.
5. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, trattandosi di causa
di inammissibilità riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Costituzionale n.
186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, a favore della cassa delle

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chirurgia plastica), lesioni queste che consentono di ritenere pienamente

ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro
1000,00, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
p.q. M

.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.
Così deciso il 16.10.2016

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