Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21691 del 16/10/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21691 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FASONE GABRIELE N. IL 26/11/1993
avverso la sentenza n. 4081/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 22/09/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/10/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 16/10/2015

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale,
Dott. Luigi Birritteri, che ha concluso per l’annullamento con rinvio ;
udito, per il ricorrente, l’avvocato Ida Blasi

in sostituzione dell’avv.

Filippo Vitrano, che si è riportata ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 22.9.2014 la Corte di Appello di Palermo, in
parziale riforma della sentenza del Tribunale di Palermo, emessa in data
26/2/2013, ordinava che della condanna inflitta a Fasone Gabriele non

nel resto l’impugnata sentenza e segnatamente la condanna dello stesso
con le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, alla pena di mesi
quattro di reclusione ed € 120,00 di multa per il reato di tentato furto
aggravato in concorso con altre persone di un ciclomotore.
2.Avverso tale sentenza l’imputato a mezzo del suo difensore, ha
proposto ricorso per cassazione, lamentando il vizio motivazionale della
sentenza impugnata, che a fronte di numerose doglianze proposte in
appello con motivazione apparente, sostanzialmente mancante, ha solo
rilevato l’assenza di imprecisioni nella testimonianza dei testi del PM (in
particolare del m.11o Petraroli), nonché nella constatazione che l’imputato si
girò al momento dell’intervento dei carabinieri e che lo stesso “si trovava a
poca distanza da Caronia” (l’unico colpevole certo nella presente vicenda)
in guisa tale che “non poteva non rendersi appieno conto dell’azione che il
primo stava compiendo”;

la Corte di appello, in proposito prima sostiene

che il m.11o Petraroli “ha chiarito che l’imputato era seduto sul ciclomotore
bianco” per poi poche righe dopo, sostenere che il m.11o Petraroli ha
precisato che “il Fasone era in piedi, più o meno sul marciapiede, a due o
tre metri dai motorini”, descrizioni queste a ben vedere, assolutamente
incompatibili tra di loro, alle quali il Giudice di primo grado, convinto della
colpevolezza del Fasone, aveva tentato di porre rimedio, sostenendo che il
nn.11o Petraroli (che in un primo momento aveva indicato il Fasone come il
soggetto in piedi) aveva poi ammesso

“di essere incorso in un errore

nell’esposizione dei fatti, perché il Fasone era in effetti il giovane seduto sul
ciclomotore di colore bianco [ … ]”;

la corretta individuazione della

posizione del Fasone (alla cui ricerca la Corte di appello rinuncia,
attribuendo illogicamente all’imputato entrambe le posizioni
contemporaneamente) è assolutamente decisiva (così come si è accorto
anche il Giudice di primo grado) per una serie di ragioni (già evidenziate
nell’atto di appello) poiché se il Fasone era il soggetto in piedi, quindi il
soggetto con presunte funzioni di “palo”, la Corte di appello avrebbe dovuto
1

fosse fatta menzione nel certificato del casellario giudiziale, confermando

assolvere l’imputato per non avere commesso il fatto, in quanto era stato lo
stesso teste del PM m.11o Petraroli (che, all’udienza del 29.5.2012,
testualmente ha dichiarato “un ragazzo in piedi era il signor Fasone che è
qui presente”, indicando l’imputato presente in aula) a esprimersi in termini
incerti sull’effettivo svolgimento del ruolo di “palo” del soggetto in piedi;
inoltre, il Petraroli ha usato per ben due volte un termine che non può
assolutamente consentire un’affermazione di colpevolezza oltre ogni
ragionevole dubbio: “l’impressione che dava era quella, che faceva da palo,

hanno svolto un vero e proprio servizio di osservazione, ma hanno potuto
osservare la scena per un tempo sicuramente non superiore a 5-6 secondi,
tenuto conto che erano con la macchina in movimento, in quanto stavano
transitando sulla via ove sul marciapiedi si trovava l’imputato; la
descrizione dei fatti operata col verbale d’arresto è assolutamente erronea
e sommaria, essendosi concretizzata nella simultanea attribuzione di tutti i
fatti indistintamente a tre persone, evidenziando che “i tre ragazzi alla
nostra vista gettavano degli oggetti in terra” laddove al dibattimento è
emerso il ruolo diverso dei tre; in definitiva mancano assolutamente gli
elementi di prova per attribuire all’imputato il ruolo di “palo”, che esige
una condotta attiva che non è stata in alcun modo notata o descritta dai
testi del P.M., né tantomeno dalla Corte d’appello; in secondo luogo, anche
se fosse vero che il Fasone notò qualche manovra illecita del Caronia
(circostanza comunque non provata), non appare superfluo ricordare come,
secondo un costante orientamento espresso dalla Suprema Corte, è esclusa
dal novero delle condotte di concorso anche la c.d. connivenza non
punibile, che si manifesta quando l’agente tiene un comportamento
meramente passivo, senza apportare consapevolmente alcun contributo
alla realizzazione dell’evento e nella fattispecie, mancano del tutto
elementi per affermare che il Fasone abbia tenuto una condotta che abbia
superato i confini di un “comportamento meramente passivo”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
1. Ed invero, così come dedotto in ricorso, il ruolo che risulterebbe
attribuito all’imputato – a titolo di concorso con due minorenni, per il
reato di tentato furto aggravato di ciclomotori- risulta
contraddittoriamente descritto nella sentenza impugnata, con
motivazione inidonea a fondare il giudizio di responsabilità nei confronti
dello stesso.

2

quella era l’impressione che abbiamo avuto”; i due testi dell’accusa non

1.1.L’elemento di accusa principale nei confronti dell’imputato è
individuato dai giudici di merito nel contenuto delle dichiarazioni
dell’operante m.11o Petraioli, il quale risulta aver riferito in un primo
momento che l’imputato era seduto sul ciclomotore bianco, mentre,
successivamente, la stessa sentenza impugnata dà atto che il medesimo
operante ha ulteriormente precisato che il Fasone “era in piedi, più o
meno sul marciapiede, a due o tre metri dai motorini” e che “al momento
dell’arrivo dei militari sul luogo, dava le spalle però poi, si è girato come

Caronia che, a sua volta, stava manomettendo il cd. cilindretto di
accensione di un ciclomotore, con gli attrezzi di cui ha cercato di liberarsi
gettandoli a terra, sotto un auto”(…) sicché “non poteva non rendersi
appieno conto dell’azione che il primo stava compiendo”.
1.2.Correttamente la difesa dell’imputato individua un profilo di
contrasto nella descrizione della condotta tenuta dall’imputato, laddove
effettivamente la precisa individuazione della posizione del Fasone e del
suo comportamento risultavano di fondamentale rilevanza, proprio in
considerazione del ruolo di concorrente/palo attribuitogli. A ciò si
aggiunga che tale ruolo si ricaverebbe da quanto riferito dal M.Ilo
Petraioli al PM all’udienza del 29.05.2012, che parla solo di
un’impressione e specificamente

“l’impressione che dava (riferendosi al

l’imputato) era quella, che faceva da palo, quella era l’impressione che
abbiamo avuto”.
1.3.In base alla ricostruzione operata dal Giudice di primo grado,
implicitamente richiamata dalla Corte di appello, dei tre presunti
concorrenti nel reato due erano rispettivamente su un motociclo Honda
SH di colore nero e rosso e su un motociclo dello stesso modello di colore
bianco e un terzo era in piedi, a poca distanza e dando le spalle alla
strada, nel tipico atteggiamento del palo. In proposito, la deposizione del
rmllo Petraroli risulta effettivamente non priva di imprecisioni, in quanto
dalla stessa si ricaverebbero due ricostruzioni diverse, relative alla
posizione del Fasone al momento del suo intervento, dalle quali non è
dato desumere se il Fasone abbia partecipato o meno al reato
contestato, sebbene nella forma tentata, apportando un contributo
causale, di tipo materiale o morale. Neppure consentono di giungere a
conclusione diversa gli altri elementi di prova evidenziati ed in particolare
il contenuto del verbale d’arresto -secondo cui tutti “i tre i ragazzi alla
nostra vista gettavano degli oggetti in terra”-

3

essendo tale verbale

si sono girati gli altri”; inoltre, l’imputato “si trovava a poca distanza dal

contraddetto dalle deposizioni del Petraioli, secondo cui “solo uno degli

arrestati, il Caronia, gettava uno o due oggetti a terra”.
In tale contesto, pertanto, non risulta in alcun modo indicato, su
quali basi l’imputato possa ritenersi coinvolto nel reato contestato a titolo
di concorso e quale sia stato effettivamente il contributo causale fornito ai
presunti concorrenti.
2.Giova in proposito richiamare i principi più volte espressi da questa
Corte, secondo i quali, a differenza della connivenza non punibile, che è

meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla
realizzazione del reato, nel concorso di persona punibile è richiesto,
invece, un contributo partecipativo – morale o materiale – alla condotta
criminosa altrui, caratterizzato, sotto il profilo psicologico, dalla coscienza
e volontà di arrecare un contributo concorsuale alla realizzazione
dell’evento illecito (Sez. 3, n. 41055 del 22/09/2015). Quanto alla
configurazione del concorso morale, è sufficiente l’incidenza dell’opera
dell’istigatore sul determinismo psicologico dell’autore materiale, anche
solo rinsaldando il proposito criminoso di quest’ultimo. In particolare, la
presenza fisica allo svolgimento dei fatti integra un’ipotesi di concorso
morale penalmente rilevante qualora si attui in modo da realizzare un
rafforzamento del proposito dell’autore materiale del reato e da agevolare
la sua opera, sempre che il concorrente si sia rappresentato l’evento del
reato ed abbia partecipato ad esso esprimendo una volontà criminosa
uguale a quella dell’autore materiale (Sez. 2, n. 28855 del 08/05/2013).
Naturalmente spetta al giudice del merito indicare il rapporto di causalità
efficiente tra l’attività incentivante del concorso morale e quella posta in
essere dall’autore materiale del reato, in quanto la semplice presenza
inattiva non può costituire concorso morale.
La Corte territoriale in proposito non fornisce adeguata motivazione
sul contributo causale fornito dall’imputato in termini di concorso,
basando la condanna dello stesso sul materiale probatorio che, come
evidenziato dalla difesa, presenta contraddizioni tali da non consentire di
addivenire alla conclusione della ricorrenza della compartecipazione al
reato richiesta dall’art. 110 c.p.
3. La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio per non
avere l’imputato commesso il fatto

p.q.m.

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qualificata dalla tenuta da parte dell’agente di un comportamento

annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non avere l’imputato
commesso il fatto.

Così deciso il 16.10.2015

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