Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21689 del 16/10/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21689 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
IASINOVSCHI DIMITRIE FILARET N. IL 26/02/1971
avverso la sentenza n. 1647/2014 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 07/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/10/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 16/10/2015

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.
Luigi Birritteri, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 12.8.2013 la Corte d’appello di Bologna confermava la
sentenza del GUP del Tribunale di Rimini del 12.8.2013 nei confronti di
Iasinovschi Dimitrie Filaret, con la quale era stato condannato alla pena di anni
due di reclusione ed euro 200,00 di multa per il reato di furto aggravato di un
portafogli, contenente circa 612,62, sfilandolo dal borsello di Panebianco

2. Avverso tale sentenza l’imputato, ha proposto ricorso per cassazione
affidato a quattro motivi, con i quali lamenta:
-con il primo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all’art. 606, primo comma
lett. b) c.p.p., per violazione ed erronea applicazione dell’aggravante di cui
all’art. 625 n. 5 c.p., atteso che dagli atti non emergono elementi a supporto
dell’assunto, secondo cui l’imputato ed i due imputati Hrustic Renato e
Hamidovic Vasile, giudicati separatamente, quindi in numero pari a tre persone
eseguirono l’azione criminosa, salendo insieme sull’autobus e dopo essere scesi
defilandosi in una laterale per spartirsi il bottino, operazione a cui erano intenti
quando furono raggiunti dagli operanti; il fatto che gli imputati abbiano preso il
medesimo autobus non prova certamente che i tre si conoscessero, la linea di
trasporto utilizzata è la linea principale della città di Rimini che costeggia buona
parte della riviera; non è certo ipotesi peregrina che i due, avvedutisi del furto
posto in essere dall’imputato, lo abbiano seguito per richiedergli una parte del
bottino e la piena ammissione resa in udienza dal’imputato, combacia
perfettamente con quanto accaduto, sicchè il Giudice di Appello avrebbe dovuto
escludere tale aggravante;
-con il secondo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all’art. 606, primo
comma lett. b) c.p.p., per violazione ed erronea applicazione delle aggravanti di
cui art. 625 n. 6 e 8 c.p., per aver agito sul bagaglio dei viaggiatori ed a bordo
di un mezzo di trasporto pubblico, atteso che dagli atti non emergono elementi a
supporto dell’assunto; nella nozione di bagaglio, infatti, devono ritenersi
riconnpresi, non solo le valigie, i bauli, gli zaini, a borse, i sacchetti i pacchi e gli
altri colli, bensì, in generale tutto ciò che il viaggiatore porta con sé, ma non
indosso, anche per la semplice utilità comodità personale, di guisa che a nulla
rileva che la cosa sia custodita o riposta in valigia o in altro involucro, mentre
non sono comprese nella nozione di bagaglio del viaggiatore le cose che egli
porta sulla propria persona, se tali oggetti fanno parte o sono inerenti
all’abbigliamento della persona stessa; nel caso di specie l’oggetto di furto è il
portafogli della persona offesa, custodito all’interno del marsupio, ma
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Carmelo a bordo di un autobus.

l’applicazione dell’aggravante di cui all’art 625 n. 6 c.p., esclude l’applicazione
dell’altra, non potendo le due aggravanti essere concorrenti tra loro, al fine di
evitare un iniquo “doppio aggravamento” essendo l’azione compiuta all’interno di
un mezzo pubblico e quindi necessariamente commessa contro un viaggiatore;
-con il terzo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all’art. 606, primo comma
lett. b) c.p.p., per inosservanza dell’art 62 n. 4 c.p. atteso che i Giudici di
appello, al contrario di quanto richiesto dal difensore nel proprio atto di
impugnazione, ha omesso di riconoscere l’attenuante in questione sebbene il

non avrebbe potuto superare la somma sopra indicata e sotto il profilo
strettamente economico il potenziale danno non poteva essere certamente
rilevante, tale da non consentire l’applicazione della stessa;
-con il quarto motivo, la ricorrenza del vizio di cui all’art. 606, primo
comma lett. b) c.p.p. per inosservanza degli artt. 133 c.p. e 62 bis c.p.
essendo stato l’imputato condannato ad una pena eccessiva, per il mancato
riconoscimento delle attenuanti ex art. 62 bis c.p. laddove le specifiche
circostanze del caso e le condizioni personali dell’imputato, le modalità di
svolgimento dei fatti, il corretto comportamento processuale e da ultimo la sua
condotta successiva avrebbero dovuto portare la Corte territoriale a mitigare la
pena quanto più possibile, al fine di ricondurla entro limite più adeguato;
l’imputato ha riferito che all’epoca dei fatti versava in una gravissimo stato
indigenza era privo di attività lavorativa, viveva ospite di connazionali e
conoscenti, solo grazie a questi ultimi riusciva a far fronte alle esigenze primarie
e nella valutazione della concessione delle attenuanti generiche occorre inoltre
tener conto della condotta del reo, anche successiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
1.Infondato si presenta il primo motivo di ricorso in merito l’aggravante,
prevista dall’art. 625 n. 5 cod. pen. – per essere stato il fatto commesso da tre
o più persone – atteso che i giudici di merito hanno, nel descrivere le modalità
dell’episodio, chiaramente messo in risalto che l’azione criminosa fu
coordinatamente eseguita dall’imputato, con l’apporto di due complici che, con
lui salirono sull’autobus e ne discesero, defilandosi in via una laterale per
spartirsi il bottino, operazione a cui erano intenti quando furono raggiunti dagli
operanti, dunque da tre persone riunite.
Va precisato a tale ultimo proposito, tuttavia, che per la ricorrenza
dell’aggravante in questione non è richiesto che si tratti di persone riunite, nè
che i correi siano stati esecutori materiali, posto che la ragione
dell’aggravante consiste nel pericolo della delinquenza associata, che si

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profitto che l’imputato avrebbe potuto ottenere, così come il danno cagionato,

manifesta con uguale intensità e maggiore accentuazione sia nel caso in cui
il furto venga eseguito da più persone, sia nel caso in cui l’impresa criminosa
venga divisa ed organizzata con la partecipazione morale di più soggetti,
comunque cooperanti alla riuscita o alla vantaggiosa utilizzazione del delitto
progettato (Sez. 5, Sentenza n. 13566 del 09/03/2011, Rv. 250169).
Nel caso di specie, l’assunto secondo il quale i due, avvedutisi del furto
posto in essere dallo lasinovschi, lo abbiano seguito per richiedergli una parte del
bottino, così come “il fatto che gli imputati abbiano preso il medesimo autobus

valutazioni di merito alternative inammissibili in sede di legittimità che,
comunque, trovano pienamente smentita nell’avvistamento dei tre uomini
prendere insieme l’autobus ed insieme spartirsi il bottino.
2. Del pari infondato è il secondo motivo di ricorso, relativamente alle
ricorrenza e concorrenza delle aggravanti di cui all’art. 625 n. 6 e 8 c.p.,
sostenendo la difesa che nel caso di specie l’imputato avrebbe subito un iniquo
doppio aggravamento, tenuto conto del fatto che non ogni azione posta in essere
all’interno di un mezzo pubblico è necessariamente commessa contro un
viaggiatore e che l’applicazione dell’una deve necessariamente escludere l’altra.
Alla luce della ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, come innanzi
riportata, la p.o. è stata correttamente qualificata – ai fini del riconoscimento
dell’aggravante di cui all’art. 625 comma 1 n. 8 bis c.p.- un “viaggiatore” che al
momento del fatto si trovava su un mezzo pubblico. La deduzione secondo la
quale le due aggravanti in questione non potrebbero concorrere non trova alcun
fondamento giuridico, posto che le ragioni per le quali il legislatore la ha previste
sono ben diverse con la conseguenza che ben possono concorrere in casi come
quello in esame.
3. Manifestamente infondato si presenta il terzo motivo di ricorso, atteso
che la sentenza impugnata ha dato esattamente conto delle ragioni per le quali
ha ritenuto di non riconoscere l’attenuante della speciale tenuità del fatto di cui
all’art. 62 n. 4 c.p., avendo l’imputato sottratto alla p.o. un portafogli con
denaro contante pari ad oltre C 600,00, più documenti di identità e carte di
credito. Correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che il danno è quello che il
soggetto passivo patisce al momento del fatto criminoso, a nulla rilevando che,
nel prosieguo, per il tempestivo intervento della P.G., egli recuperi il maltolto,
sicchè non può ritenersi il danno derivante dall’asportazione della somma di 620
compatibile con il concetto di speciale tenuità, considerato anche che risultano
asportati nell’occasione documenti personali e carte di credito.

non prova certamente che i tre si conoscessero” altro non esprime se non

D’altra parte, la giurisprudenza di questa Corte ha più volte chiarito che la
concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità,
presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di
valore economico pressoché irrilevante
(Sez. 5, Sentenza n. 24003 del 14/01/2014). In alcune pronunce più recenti è
stato affermato che ai fini dell’accertamento della tenuità del danno è, inoltre,
necessario considerare, oltre al valore in sé della cosa sottratta, anche il valore
complessivo del pregiudizio arrecato con l’azione criminosa, valutando i danni

della “res” (Sez. 5, Sentenza n. 7738 del 04/02/2015).
4. Manifestamente infondato si presenta altresì il quarto motivo di ricorso, in
merito al trattamento sanzionatorio, atteso che i giudici d’appello hanno dato
compiutamente conto delle ragioni ostative alla concessione delle invocate
attenuanti generiche, non sussistendone i presupposti di meritevolezza,
nonostante la confessione e professione di pentimento, che, in quanto
intervenute tardivamente – addirittura dopo la condanna di primo grado e,
comunque, in presenza di un quadro probatorio granitico – risultano all’evidenza
espressione di una strategia processuale volta a contenere le conseguenze
sanzionatorie per il furto consumato pluriaggravato; inoltre, l’imputato ha
riportato ben sette condanne definitive per furto e tale dato, di segno
pesantemente negativo, costituisce già da sé un obiettivo ostacolo al
riconoscimento delle invocate attenuanti, non potendo, in ogni caso, soccombere
rispetto ad una strumentale ammissione di addebito.
In proposito occorre richiamare il principio più volte espresso da questa Corte,
secondo cui le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le
possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all’imputato in
considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano
sull’apprezzamento dell’entità del reato e della capacità a delinquere dello
stesso, sicché il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di
segno positivo (cfr. Cassazione penale, sez. III, 27/01/2012, n. 19639), non
ravvisati nella fattispecie in esame. Peraltro, la concessione o meno delle
attenuanti generiche rientra nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla
discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti
a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della
pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo.
(Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010).
La pena poi è stata contenuta nel minimo edittale, sicchè non colgono nel segno
le ulteriori deduzioni proposte.

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ulteriore che la persona offesa abbia subìto in conseguenza della sottrazione

5. Il ricorso, pertanto, va rigettato ed il ricorrente va condannato al
pagamento delle spese processuali.
p.q.m.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 16.10.2016

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