Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21680 del 29/01/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21680 Anno 2016
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: ESPOSITO ALDO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

NAMB ABDELLATIF, n. il 28/04/1983;

avverso l’ordinanza n. 7345/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di TORINO del 25/02/2015;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Aldo Esposito;
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona della dott.ssa Marilia Di Nardo, che
chiedeva l’annullamento dell’impugnata ordinanza con rinvio per nuovo esame al Tribunale di
Sorveglianza di Torino.

Data Udienza: 29/01/2016

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RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 25/02/2015 il Tribunale di sorveglianza di Torino, in sede di reclamo,
confermava il provvedimento, emesso dal Magistrato di sorveglianza di Cuneo del 28/10/2014
di rigetto dell’istanza di concessione del beneficio della liberazione anticipata speciale proposta
da Najib Abdellatif in relazione ai semestri di detenzione compresi tra il 18/04/2013 e il
18/10/2014.
2. In motivazione l’organo giudicante sosteneva la tesi dell’inscindibilità del cumulo, per po-

sero o meno pene in espiazione per i reati ostativi previsti dall’art. 4 bis ord. pen..
3. Il Tribunale di sorveglianza precisava di porsi in consapevole contrasto con la giurisprudenza della Corte di cassazione, che aveva affermato la tesi dell’ammissibilità dello scioglimento del cumulo.
Non ne condivideva, però, l’impostazione, ritenendo che gli argomenti sviluppati a favore di
tale tesi in realtà erano stati ripresi da ulteriori pronunzie inerenti alla misura alternativa
dell’affidamento in prova al servizio sociale per finalità terapeutiche, il quale, a differenza della
liberazione anticipata, non costituiva una misura alternativa alla detenzione. Analogamente,
secondo l’organo giudicante, si differenziava dalla liberazione anticipata ordinaria, perché non
costituiva un beneficio premiale strumentale al reinserimento sociale del condannato e/o alla
sua rieducazione.
4. Inoltre, ad avviso dell’organo giudicante, la giurisprudenza della Cassazione negava la
possibilità di scioglimento del cumulo per finalità diverse dalla concessione di misure alternative alla detenzione in riferimento a vari istituti.
Da tali osservazioni il Tribunale di sorveglianza riteneva che derivasse l’inesistenza di un
principio generale di scindibilità del cumulo, qualora dallo stesso possano derivare effetti favorevoli per il condannato. Anzi, sussisterebbe il principio opposto del divieto di scioglimento del
cumulo, nel caso in cui i benefici siano svincolati dalla considerazione del percorso rieducativo
del condannato e, in particolare, quelli aventi quale finalità principale o esclusiva la riduzione
della popolazione carceraria (come nel caso della liberazione anticipata speciale).
5. Secondo il Tribunale di sorveglianza, dalla recente normativa, di cui all’art. 6, comma 1,
lett. b), D.L. n. 146 del 2013, di introduzione esplicita della possibilità di scindere il cumulo ai
fini dell’espulsione quale sanzione alternativa alla detenzione, scaturiva la conferma della regola generale della “pena unica”, prevista dall’art. 76, comma primo, cod. pen.. Se fosse esistito
un principio generale di scindibilità del cumulo non sarebbe stato necessario prevedere tale disposizione.
6. La difesa di Najib Abdellatif proponeva ricorso per Cassazione avverso tale provvedimento,
chiedendone l’annullamento e l’adozione dei provvedimenti conseguenti,
I motivi di ricorso erano articolati, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc.

cgu

pen., in relazione all’art. 4, comma 1, D.L. n. 146 del 2013.

ter stabilire se i semestri di detenzione per i quali era richiesto il suddetto beneficio riguardas-

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6.1. Il ricorrente evidenziava che, contrariamente, a quanto sostenuto dall’organo giudicante, era condivisibile la tesi difensiva della scindibilità del cumulo tra reati ostativi e non, al fine
di stabilire la possibilità di riconoscere il beneficio della liberazione anticipata speciale.
Chiariva che, a voler ritenere diversamente, si produrrebbe un’inaccettabile disparità di trattamento, che sarebbe determinata dall’eventualità del tutto casuale di un rapporto esecutivo
unico, conseguente al cumulo, ovvero di distinte esecuzioni dipendenti dai titoli scaturenti dalle
singole condanne.

1. Il ricorso è fondato.
2. E’ meritevole di accoglimento, infatti, l’unico motivo di ricorso, riguardante la tesi propugnata nel provvedimento impugnato in ordine alla presunta pregressa espiazione dei reati ostativi alla concessione della liberazione anticipata speciale.
2.1. Al riguardo, la difesa del Najib evidenziava che il proprio assistito aveva già espiato le
condanne ostative al riconoscimento della liberazione anticipata speciale, aspetto non compiutamente esaminato dal Tribunale di Sorveglianza. In caso positivo, effettivamente l’istanza di
concessione della liberazione anticipata speciale doveva essere esaminata nel merito, potendosi procedere a tal fine alla scissione del cumulo tra reati ostativi e non.
2.2. Ai fini della verifica della sussistenza della condizione ostativa alla liberazione anticipata
speciale costituita dall’essere il detenuto condannato per un reato indicato dall’art. 4 bis ord.
pen., infatti, deve procedersi all’individuazione del titolo di reato effettivamente in espiazione
nei periodi cui si riferisce la richiesta.
2.3. Secondo quanto si sostiene nel ricorso, il condannato risulterebbe in espiazione di pene
oggetto di un provvedimento di cumulo materiale.
Va rilevato in proposito, infatti, che l’art. 663 cod. proc. pen., nell’attribuire al P.M. il potere
(dovere) di determinare la pena da eseguire in osservanza delle norme sul concorso di pene,
allorché la stessa persona sia stata condannata con più sentenze o decreti penali per reati diversi – da attuazione all’art. 80 cod. pen., nella parte in cui dispone che l’applicazione delle
norme sul concorso delle pene (artt. 72 – 79 cod. pen.) avviene in fase esecutiva, se non si è
provveduto con le sentenze di merito.
I casi di pronunzie di condanna per reati diversi con una sola sentenza o con sentenze diverse, devono ricevere, dunque, ai fini penali ed esecutivi, identico trattamento, a prescindere dal
momento in cui emerga l’esistenza di condanne per fatti diversi da eseguire. È indubbio, quindi, che per le pene temporanee il codice penale vigente abbandonava sia il sistema dell’assorbimento sia quello del cumulo giuridico, adottando invece, secondo il principio tot crimina tot

poenae, il criterio del cumulo materiale: sia pure temperato attraverso la fissazione di limiti

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massimi di pena (in assoluto o in rapporto alla pena più grave, ex art. 78 cod. pen.), ad evitare

CONSIDERATO IN DIRITTO

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le possibili esorbitanze derivanti dalla addizione aritmetica, ovvero la trasformazione in pena a
durata illimitata, e quindi di fatto perpetua, di pene che dovrebbero avere durata temporanea.
5.4. La ratio del sistema istituito dall’ultima proposizione dell’art. 80 cod. pen. (e dall’art.
663 cod. proc. pen.), perciò, all’evidenza, consiste nel garantire che non si producano disparità
dipendenti esclusivamente dalla casualità del momento dell’intervento del giudicato o dell’esecuzione (fermo il principio che la pena non può in nessun caso precedere il delitto e che perciò
il momento cui occorre riferirsi per la formazione del cumulo va fissato esclusivamente in rife-

di una qualsiasi delle pene considerate ai fini dell’esecuzione concorrente).
5.5. Ne consegue che la regola secondo cui le pene della stessa specie, concorrenti a norma
dell’art. 73 cod. pen., si considerano come pena unica per ogni effetto giuridico (art. 76, comma 1, cod. pen.), non può in nessun caso condurre a ingiustificate diversità di trattamento a
seconda dell’eventualità, del tutto casuale, di un rapporto esecutivo unico, conseguente alla
formazione di un cumulo materiale ai sensi dell’art. 663 cod. proc. pen., anziché di distinte esecuzioni dipendenti dai titoli che scaturiscono dalle differenti condanne.
Sarebbe davvero irragionevole, infatti, che chi è stato condannato per diversi reati, ostativi e
non ostativi ai benefici penitenziari, si trovasse a patire, in relazione alle condanne per i reati
non ostativi, di un trattamento equivalente a coloro i quali sono stati condannati solo per reati
ostativi; e di un trattamento deteriore rispetto a chi, avendo riportato analoghe condanne sia
per delitti ostativi che per reati non ostativi, ha tempestivamente e separatamente scontato
ciascuna delle pene a lui inflitte con sentenze divenute irrevocabili e poste in esecuzione più
tempestivamente.
5.6. Il rischio di un’irragionevole disparità collegata a circostanze meramente casuali è stato,
d’altronde, già segnalato da C. cost. n. 361 del 1994 (correttamente evocata dal ricorrente).
Dichiarando non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 bis ord. pen. nella parte in cui rendeva la condanna per alcuno dei delitti ivi enumerati ostativa alla concessione di misura alternativa, la Corte poneva a base della propria
decisione il rilievo che, diversamente da quanto affermato in talune sentenze della Cassazione
che individuano la ratio del divieto di scioglimento del cumulo nella valutazione di “pericolosità
soggettiva” del detenuto derivante dalla condanna per un reato “ostativo”, “non si rinvengono
dati normativi per sostenere che la nuova disciplina recata dall’art. 4 bis abbia creato una sorta
di status di “detenuto pericoloso” che permei di sé l’intero rapporto esecutivo, a prescindere
dal titolo specifico di condanna”; e che, al contrario, proprio l’articolazione della disciplina sulle
misure alternative “in termini diversi in relazione alla tipologia dei reati per i quali è stata pronunciata condanna la cui pena è in esecuzione”, impone di valorizzare il tradizionale insegnamento giurisprudenziale “della necessità dello scioglimento del cumulo in presenza di istituti
che, ai fini della loro applicabilità, richiedano la separata considerazione dei titoli di condanna e
delle relative pene” (conf. Cass., Sez. 1, 19/12/2014 – 22/01/2015 n. 3130, Moretti, Rv.

C

62062).

rimento alla data di consumazione dell’ultimo reato commesso prima dell’inizio dell’esecuzione

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5.7. A non diverse conclusioni dovrebbe giungersi, per altro, anche nell’ipotesi di cumulo giuridico.
Non solo la citata sentenza della Corte costituzionale non fa distinzione tra le due ipotesi,
ma, come osservavano le Sezioni unite (Cass., Sez. Un., 30/06/1999 n. 14, Ronga, Rv.
214355) in caso di continuazione “l’unificazione delle pene, ancorché destinata a temperare
l’asprezza del cumulo materiale, produrrebbe il paradossale effetto negativo di assegnare alla
quantità di pena riferita al titolo di reato ostativo una sorta di efficacia impeditiva permanente
agli effetti dei benefici penitenziari, giacché, nell’ipotesi in cui il corrispondente periodo sia sta-

te, anche dopo il concreto “esaurimento” della condanna ostativa”.
Pertanto, nel corso dell’esecuzione della pena il vincolo della continuazione tra reati deve
sempre ritenersi scindibile al fine di consentire la valutazione della sussistenza, o meno, di ostacolo veniente dalla tipologia di un dato reato giudicato in continuazione, alla concessione dei
benefici penitenziari ex art. 4 bis ord. pen..
6. In definitiva, il provvedimento impugnato, che erroneamente escludeva la possibilità di
provvedere alla scissione del cumulo, va annullato con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Torino, che provvederà a nuovo esame verificando se i semestri ai quali si riferiva la richiesta di
liberazione anticipata speciale erano effettivamente riferibili alla espiazione di pena inflitta per
reati ostativi nonché, eventualmente, alla verifica della concedibilità del beneficio.

P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Torino.
Così deciso in Roma il 29 gennaio 2016.

to già espiato, la preclusione di che trattasi permarrebbe per l’intera durata delle pene cumula-

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