Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21677 del 29/01/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21677 Anno 2016
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: ESPOSITO ALDO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
BASILE ANTONIO, n.1’11/04/1972;

avverso il decreto n. 744/2014 PRES. TRIB. SORVEGLIANZA CATANZARO del 29/12/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Aldo Esposito;

lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Antonio Gialanella, che
chiedeva la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 29/01/2016

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RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 29/12/2014 il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Catanzaro dichiarava l’inammissibilità del reclamo proposto da Basile Antonio avverso il provvedimento del
Magistrato di sorveglianza di Catanzaro del 29/03/2014 di inammissibilità dell’istanza di concessione del beneficio della liberazione anticipata speciale.
Nel provvedimento impugnato era evidenziato che, in base al testo della legge di conversione n. 10 del 2014 del D.L. 146 del 2013, il Basile, condannato per reati di cui all’art. 4 bis ord.

Il Presidente del Tribunale riteneva inapplicabile al caso in esame il principio
dell’irretroattività della disposizione più favorevole, richiamando al riguardo i principi espressi
dalla Corte Costituzionale e dalla Corte Edu.
Negava poi la possibilità di ritenere viziata da incostituzionalità l’esclusione dei condannati
per reati di cui all’art. 4 bis ord. pen., non vertendosi in un caso di assoluto diniego
dell’accesso al beneficio, bensì di disposizione speciale ampliativa, a certe condizioni, degli effetti di favore per limitate categorie di detenuti.
2. La difesa di Basile Antonio proponeva ricorso per Cassazione avverso tale provvedimento,
ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., chiedendone l’annullamento, per inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui occorre
tener conto nell’applicazione della legge penale.
Nell’atto di impugnazione la difesa evidenziava che il Presidente del Tribunale di sorveglianza
aveva dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione, mentre la decisione doveva essere resa
dal Tribunale all’esito del contraddittorio camerale previsto dall’art. 69 bis, comma 4, ord.
pen..
Il ricorrente riteneva che il provvedimento impugnato violava gli artt. 2 cod. pen. e 25 Cost.,
non consentendo la maggiore detrazione di pena per il beneficio della liberazione anticipata,
derivante dall’applicazione dell’art. 4 D.L. 146 del 2013.
Nel caso di specie, la difesa lamentava la disparità di trattamento tra i condannati, i quali
avevano già conseguito il beneficio e quelli nella posizione del Basile, i quali non l’avevano ottenuto, a causa della mancata decisione dell’istanza in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge di conversione n. 10 del 2014, che aveva abolito il beneficio per i condannati per reati
previsti dall’art. 4 bis ord. pen..
Al riguardo, era invocata la pronunzia di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 51 del
1985 di dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 2 cod. pen., nella parte in cui consentiva l’applicazione a vicende pregresse della disposizione più favorevole, pur nel caso di
mancata conversione di un decreto legge.
Secondo la prospettazione difensiva, il beneficio risultava concedibile nel merito, poiché il
Basile aveva sempre partecipato all’opera rieducativa proposta dal servizio penitenziario, per

pen., non avrebbe potuto beneficiare della disciplina della liberazione anticipata speciale.

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cui doveva essere valutato anche ai fini della prognosi di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità.
L’esame della relazione psico-attitudinale prevista dal D.L. 146 del 2013, diversa da quella
comportamentale, avrebbe consentito di riconoscere il beneficio al Basile nonostante lo stesso
versasse nelle condizioni di cui all’art. 4 bis ord. pen..
Nel caso di specie, non poteva applicarsi la regola della cessazione dell’efficacia

ex tunc delle

disposizioni del decreto legge non convertite di cui all’art. 77, comma 3, Cost., perché, trattandosi di fatti “concomitanti” al D.L. non convertito, veniva in rilievo il principio di irretroattività

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.
2. La vicenda concerne il provvedimento emesso dal Presidente del Tribunale di sorveglianza,
in sede di reclamo, di diniego della possibilità di provvedere allo scioglimento del cumulo tra
condanne per delitti ostativi e non ostativi alla concessione del beneficio della liberazione anticipata speciale.
3. In via preliminare ed assorbente, occorre trattare la tematica della impossibilità di emettere simile provvedimento in sede di reclamo, da parte del Presidente del Tribunale, sussistendo in tal caso un vizio di competenza funzionale inderogabile rilevabile, anche d’ufficio, in ogni
stato e grado del procedimento.
4. Come affermato da questa Corte, con orientamento condiviso e qui riaffermato, quella assegnata ai giudici della sorveglianza, magistrato o tribunale, va qualificata come “competenza
funzionale inderogabile”, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato del procedimento (cfr. Cass.,
Sez. 1, 20/03/2015 n. 16372, De Gennaro, Rv. 263324; Sez. 1, 08/11/2001 n. 45714, Cianciaruso, Rv. 220371) e si radica in funzione del collegamento ordinamentale tra l’ufficio giudiziario e lo stabilimento di pena compreso nella relativa circoscrizione ove “si trova l’interessato
all’atto della richiesta, della proposta o dell’inizio di ufficio del procedimento”; in senso contrario non assume rilievo decisivo in senso contrario il dato puramente letterale della denominazione della stessa da parte della rubrica dell’art. 677 cod. proc. pen. come “competenza per
territorio”, dal momento che l’intitolazione non fa parte del testo legislativo e di conseguenza
non vincola l’interprete.
5. Il Presidente del Tribunale di sorveglianza non poteva, nella materia specifica ed in relazione alle questioni proposte, pronunziare decreto di inammissibilità secondo lo schema procedurale di cui all’art. 666, comma 2, cod. proc. pen..
Si tratta di una statuizione non compatibile in astratto con questioni interpretative di diritto
articolate in ordine all’ammissibilità del reclamo proposto e non può ritenersi esportabile nel

J

giudizio d’impugnazione, al cui “genus” appartiene anche il reclamo.

della /ex gravior di cui all’art. 25, comma 2, Cost..

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In tema di procedimento di sorveglianza, il decreto di inammissibilità per manifesta infondatezza può essere emesso de plano, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. soltanto
con riguardo ad una richiesta identica, per oggetto e per elementi giustificativi, ad altra già rigettata ovvero priva delle condizioni previste direttamente dalla legge e non con riferimento al
reclamo al tribunale avverso le decisioni del magistrato di sorveglianza, riconducile al genus
dell’impugnazione, sicché la dichiarazione di inammissibilità, ricorrendo una delle tassative ragioni indicate nell’art. 591 cod. proc. pen., è di competenza del giudice dell’impugnazione e,

1, 07/10/2015 n. 48886, Galasso, non massimata; Sez. 1, 29/04/2015 n. 24433, Masalmeh,
Rv. 263970; Sez. 1, 02/12/2014 n. 53017, Borachuk, Rv. 261662).
Secondo pacifico orientamento di questa Corte, per effetto del rinvio, quanto al procedimento ormai giurisdizionalizzato (Corte Cost., sent. n. 341 del 2006, n. 349 del 1993, n. 410 del
1993, n. 53 del 1993), operato dall’art. 678 cod. proc. pen. e dall’art. 666, comma 6, cod.
proc. pen., alla disciplina generale contenuta nell’art. 568 cod. proc. pen., in quanto compatibile, e della loro natura di mezzi impugnatori volti a contestare la decisione reclamata nell’ambito di specifici motivi di doglianza (Cass., Sez. 1, 17/05/2013 n. 23934, Nardi, Rv. 256142;
Sez. 1, 05/12/2011 n. 993, Parisi, Rv. 251678), i reclami previsti dall’ordinamento penitenziario e diretti al Tribunale di sorveglianza sono soggetti alle regole generali che disciplinano le
impugnazioni.
6. Da tale affermazione di principio discende la conseguenza che la declaratoria di non luogo
a procedere sul reclamo compete al “giudice dell’impugnazione” che vi provvede con ordinanza, o eventualmente ai sensi del secondo comma dell’art. 666 cod. proc. pen. con decreto,
giudice che però in entrambi i casi va individuato nel collegio del Tribunale di sorveglianza.
Gli ulteriori motivi di ricorso prospettati devono ritenersi assorbiti.
In conclusione, il decreto impugnato va annullato senza rinvio con trasmissione degli atti al
Tribunale di sorveglianza per le sue determinazioni.

P. Q. M.

Annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di
sorveglianza di Catanzaro.
Così deciso in Roma il 29 gennaio 2016.

quindi, dell’organo collegiale e non del Presidente del Tribunale di sorveglianza (cfr. Cass., Sez.

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