Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21676 del 23/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21676 Anno 2018
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: BORRELLI PAOLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FEDERZONI DANIELE nato il 21/08/1968 a MILANO

avverso la sentenza del 09/02/2017 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere PAOLA BORRELLI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale PAOLA
FILIPPI che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 9 febbraio 2017, la Corte di appello di Milano ha
riformato parzialmente la sentenza emessa, con rito abbreviato, dal Giudice per
le indagini preliminari del Tribunale di Como nei confronti di Daniele Federzoni,
condannato in primo grado alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno a
favore della parte civile per i reati di porto di coltello, lesioni, ingiuria, minaccia e
danneggiamento commessi, in concorso con soggetto separatamente giudicato,
ai danni di Jabala Mouchine a seguito di un diverbio per questioni di viabilità; in
particolare, la Corte territoriale ha assolto l’imputato dai reati di ingiuria e
danneggiamento perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato,
rideterminando la pena e confermando nel resto la sentenza impugnata.

Data Udienza: 23/02/2018

2. La predetta sentenza è stata impugnata con ricorso per cassazione dal
difensore di fiducia del Federzoni, che ha promosso plurime doglianze.
2.1. Con un primo motivo, ci si duole di vizio motivazionale quanto alla
valutazione delle dichiarazioni della parte civile ed alla svalutazione di quelle
degli imputati.
2.2. Con un secondo motivo, lo stesso vizio viene denunziato riguardo al
concorso di Federzoni con il coimputato Bianchi, che non risulterebbe provato.
2.3. Con un terzo motivo, il vizio motivazionale viene dedotto in ordine al

2.4. Con un quarto motivo, la parte deduce violazione di legge e vizio di
motivazione quanto alla mancata concessione della circostanza attenuante di cui
all’art. 114 cod. pen. ed alle circostanze attenuanti generiche nonché circa la
determinazione della pena, giacché le attenuanti generiche erano state concesse
al Bianchi (patteggiante) e non al ricorrente e la parte meritava una
rideterminazione in bonam partem del trattamento sanzionatorio.
2.5. Con l’ultimo motivo, il ricorrente lamenta vizio di motivazione con
riferimento alla comminata provvisionale, dato che la controparte non aveva
fornito alcun elemento per determinarla ed il Giudice di primo grado non aveva
indicato i criteri adoperati per quantificarla; la liquidazione delle spese, infine,
era avvenuta in violazione dei limiti tariffari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile. In termini generali, va detto che, al di là
dell’oggetto dei singoli motivi, vi è un’impostazione di base che non è consona al
giudizio di legittimità, laddove la parte impugnante chiede un’assoluzione ed
invoca il ragionevole dubbio, facendo così riferimento a concetti estranei
all’ambito decisionale di questa Corte. Si ricorda, a tal proposito, che compito del
Giudice di legittimità non è quello di opinare sul merito delle valutazioni svolte
dai giudici di primo e secondo grado, sicché la denunzia della violazione dell’art.
533 cod. proc. pen.

sub specie

dell'”oltre ogni ragionevole dubbio” è

inammissibile perché tale regola non può essere adoperata quale parametro di
violazione di legge, laddove si finirebbe per censurare, in tal modo, la
motivazione al di là dei casi di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.,
richiedendo così al giudice di legittimità un’autonoma valutazione delle fonti di
prova che esula dai suoi poteri (Sez. 3, n. 24574 del 12/03/2015, Zonfrilli, Rv.
264174).
1.1. Entrando nel dettaglio, va osservato che il primo motivo di ricorso (circa
la valutazione delle dichiarazioni di imputato e persona offesa) è inammissibile in

possesso del coltello.

quanto pretende, dietro le mentite spoglie della denunzia di un inesistente vizio
motivazionale, una rivalutazione di merito che non è consentita in questa sede;
la Corte di appello, al contrario, ha dato puntualmente conto delle ragioni per cui
ha avallato la ricostruzione in fatto del Giudice di primo grado ed ha ritenuto che
l’azione posta in essere fosse mirata a colpire le zone attinte, tenuto conto della
puntuale ricostruzione della persona offesa (immune da sospetti di calunniosità)
e della localizzazione delle lesioni certificate dal presidio ospedaliero.
1.2. Lo stesso può dirsi quanto al secondo motivo (relativo alle dichiarazioni

completi, logici e univoci, della sequenza comportamentale attribuita dalla
persona offesa al Federzoni, rispetto alla quale le repliche sottoposte dal
ricorrente a questa Corte — peraltro prive di un reale confronto con la
motivazione criticata — non colgono nel segno, non evidenziando alcuna crepa
che possa inficiare il costrutto argomentativo dei giudici di appello, che hanno
rimarcato come l’imputato abbia prima assistito allo scontro tra persona offesa e
il coimputato Bianchi, poi sia intervenuto colpendo quest’ultima con calci e poi
l’abbia minacciata con un coltello.
1.3. Il terzo motivo (centrato sull’attribuzione del possesso del coltello) è del
tutto generico, non confrontandosi affatto con la motivazione censurata, in
aperta violazione dell’obbligo di specificità del ricorso rispetto alle
argomentazioni del provvedimento censurato (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016,
dep. 2017, Galtelli, Rv. 268823).
1.4. Il motivo che concerne circostanze attenuanti generiche, circostanza
attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. e trattamento sanzionatorio è
inammissibile. Partendo da quest’ultimo aspetto, giova ricordare che è
inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova
valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di
mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta — come nel caso di specie,
— da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014,
Ferrario, Rv. 259142; Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, dep. 2008, Cilia e altro,
Rv. 238851). Riguardo il diniego delle circostanze attenuanti generiche il ricorso
è parimenti inammissibile perché manifestamente infondato giacché la Corte di
appello ha adeguatamente motivato sul punto, facendo riferimento agli indici di
natura personale e fattuale che hanno imposto di non accedere al trattamento di
favore, rimarcando il carattere recessivo dell’interrogatorio e dell’incensuratezza
rispetto alla violenza manifestata nell’occorso ed all’assenza di condotte
sintomatiche di resipiscenza. Tale interpretazione è ispirata alla giurisprudenza di
questa Corte, secondo cui il giudice, quando rigetta la concessione delle
circostanze attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in

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della persona offesa), giacché la Corte territoriale ha dato atto, in termini

considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o
rilevabili dagli atti, ma può limitarsi a fare riferimento a quelli ritenuti decisivi o
comunque rilevanti (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6,
n. 34364 del 16/06/2010, Giovane e altri, Rv. 248244).
Ugualmente immune dalle censure paventate è la motivazione quanto alla
negazione della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen., che la Corte
di appello ha puntualmente ancorato al ruolo delineato in capo al ricorrente,
escludendo che potesse essere definito di minima portata.

alla provvisionale, si confronta non già con la sentenza impugnata, ma con quella
di primo grado, ignorando le argomentazioni che i giudici di appello hanno fornito
a conferma della statuizione predetta; riguardo la liquidazione delle spese, esso
è aspecifico, perché non contiene, neppure per sommi capi, l’indicazione delle
ragioni di illegittimità della somma liquidata (Sez. 6, n. 42543 del 15/09/2016,
C., Rv. 268443).
2. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle
ammende della somma, che si stima equa, di Euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 2000,00 a favore della Cassa
delle ammende.
Motivazione semplificata.
Così deciso il 23/02/2018.

1.4. Il motivo riguardante le statuizioni civili è inammissibile perché, quanto

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