Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21671 del 16/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21671 Anno 2018
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROSSI Bartolomeo, nato il 20/07/1944 a Bassano Romano

avverso la sentenza del 10/03/2017 del Giudice di Pace di Viterbo

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE RICCARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore della parte civile, Avv. Claudia Polacchi, che ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, Avv. Fabrizio Ballarini, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Rossi Bartolomeo ricorre per cassazione avverso la sentenza emessa il
10/03/2017 con la quale il Giudice di Pace di Viterbo lo ha assolto dal reato di
cui all’art. 594 c.p. per l’intervenuta depenalizzazione, e lo ha condannato alla

Data Udienza: 16/02/2018

pena di C 400,00 di multa, oltre al risarcimento dei danni, per il reato di cui
all’art. 612 c.p., per aver minacciato di morte Di Settimio Ernesto.
Deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 431, 511 e 336 c.p.p.,
lamentando che la sentenza impugnata abbia ricostruito i fatti sulla base della
querela, che può essere considerata soltanto ai fini della procedibilità, senza
poter assumere valenza probatoria; ed anche nel richiamo delle dichiarazioni
rese all’udienza del 09/10/2015 la sentenza si avvale di una motivazione per

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va rigettato.
Al riguardo, invero, va senz’altro ribadito il principio di diritto, invocato
dal ricorrente, secondo cui, in tema di letture consentite, ex artt. 431 e 511
cod. proc. pen., la querela può essere inserita nel fascicolo per il dibattimento
ed è utilizzabile ai soli fini della procedibilità dell’azione penale, con la
conseguenza che da essa il giudice non può trarre elementi di convincimento
al fine della ricostruzione storica della vicenda, tranne che per circostanze o
fatti imprevedibili, risulti impossibile la testimonianza dell’autore della
denuncia-querela (ex multis, Sez. 5, n. 51711 del 06/10/2014, Lamelza, Rv.
261735).
Tuttavia, la doglianza proposta non si confronta con il tessuto
argomentativo della sentenza impugnata, dalla cui motivazione si evince che
la ricostruzione dei fatti posta a fondamento dell’affermazione di
responsabilità è basata non soltanto sul “resoconto della p.c. contenuto nella
querela”, ma altresì sulle dichiarazioni rese dalla stessa persona offesa – che,
in udienza dibattimentale, ha confermato la dinamica dei fatti riferita in sede
di querela -, e dal testimone Cellucci Luigi, il titolare dell’officina dove sono
avvenuti i fatti, che ha riferito della minaccia di morte proferita dall’imputato
nei confronti del suocero.
Pur eliminando il contributo probatorio erroneamente desunto dalla
querela, dunque, la c.d. prova di resistenza consente di ritenere che la
motivazione relativa all’affermazione di responsabilità per il reato di minaccia
sia autonomamente fondata su fonti di prova pienamente utilizzabili.

2. Va, invece, rilevata l’illegalità della pena inflitta, determinata in C
400,00 di multa, in misura superiore al massimo edittale, all’epoca fissato in C
51,00 di multa (prima della modifica di cui al d.l. 93 del 2013).

2

relationem.

Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio
limitatamente alla pena, che si ridetermina in C 50,00 di multa.

3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado
dalla parte civile, liquidate in complessivi C 1.500,00, oltre accessori di legge.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena, che
ridetermina in C 50,00 di multa.
Rigetta nel resto il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado
dalla parte civile, liquidate in complessivi C 1.500,00, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma il 16/02/2018

P.Q.M.

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