Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21669 del 18/01/2016
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21669 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI RAVENNA
nei confronti di:
MARINKOVIC NENA N. IL 27/10/1981
avverso l’ordinanza n. 78/2014 TRIBUNALE di RAVENNA, del
02/10/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI FABRIZIO
MANCUSO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
Uditi difensor Avv.;
Data Udienza: 18/01/2016
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott.
Oscar Cendrangolo, Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, il
quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 2 ottobre 2014, depositata il 6 ottobre 2014,
il Tribunale di Ravenna, in funzione di giudice dell’esecuzione,
oltre a
pronunciarsi su altro, dichiarava non luogo a provvedere sulla richiesta
avanzata dal Procuratore della Repubblica della sede, di rideterminazione
della misura dell’indulto riconosciuto in eccesso a Marikovic Nena in
relazione a più sentenze di condanna. Secondo il Tribunale, il relativo
potere spettava al Pubblico Ministero.
2. Il predetto Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per
cassazione datato 9 ottobre 2014, deducendo erronea applicazione o
interpretazione dell’art. 174 comma secondo cod. pen. e degli artt. 665 e
seguenti cod. proc. pen. Sostiene che il potere di ridimensionare
la
misura dell’indulto, riconosciuta in eccesso, spetta al Giudice
dell’esecuzione.
3. Il Pubblico Ministero presso questa Corte, nel chiedere, come
sopra riportato, la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ha affermato
che, in base alla giurisprudenza di legittimità, il potere in argomento
spetta, in fase di esecuzione, al Pubblico Ministero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Nel caso di plurime applicazioni dello stesso indulto effettuate in
giudizi diversi o in fase esecutiva, è il pubblico ministero l’organo che, nel
procedere all’unificazione delle pene, a norma dell’art. 663 cod. proc.
pen., deve, in linea con i suoi compiti istituzionali, provvedere
alla
riduzione del beneficio concesso in misura superiore al limite stabilito, al
fine di assicurare l’esatta osservanza, oltre che della specifica norma
contenuta nel relativo decreto presidenziale, anche della disposizione di
cui al secondo comma dell’art. 174 cod. pen., che regola l’applicazione
definitiva del beneficio nella sua entità quantitativa sulla
2
pena
e
v
complessiva risultante dal cumulo delle pene concorrenti (Sez. 1, n. 4526
del 01/07/1997 – dep. 21/08/1997, P.G. in proc. Ciurleo, Rv. 208485).
Il giudice dell’esecuzione può ridurre entro i limiti di legge l’indulto
applicato con più sentenze di condanna in misura eccedente quella fissata
dal provvedimento di clemenza, formandosi il giudicato sul solo diritto al
beneficio e non sulle concrete sue modalità applicative (Sez. 1, n. 51089
del 19/11/2013 – dep. 18/12/2013, P.M. in proc. Vitaglione, Rv. 257887).
presuppone, ovviamente, che sia sorta contestazione sulla effettiva
sussistenza delle condizioni per una disposta riduzione dell’applicazione
dell’indulto e, quindi, sia stato necessario instaurare il procedimento per
la risoluzione dell’incidente in proposito.
2. Con particolare riguardo al caso in esame, non risulta che fosse
ancora sorta, al momento dell’emissione dell’ordinanza impugnata, alcuna
contestazione sull’argomento e, quindi, giustamente il Tribunale ha
ritenuto che fosse il Pubblico Ministero a dover provvedere direttamente
in ordine alla richiesta riduzione dell’applicazione dell’indulto.
3. In conclusione, il ricorso è infondato e va rigettato.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma il 18 gennaio 2016.
La pronuncia del giudice dell’esecuzione sull’argomento