Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21662 del 16/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21662 Anno 2018
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CAMPANELLI Luigi, nato il 17/08/1952 a Ascoli Piceno
parte civile nel procedimento nei confronti di
LUTZU Giovanni Francesco, nato il 06/01/1950 a Aggius

avverso la sentenza del 24/10/2016 del Tribunale di Ascoli Piceno

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE RICCARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;
udito il difensore, Avv. Olga Piergallini (nell’interesse di Lutzu), che ha
concluso chiedendo l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Campanelli Luigi ricorre per cassazione avverso la sentenza emessa il
24/10/2016 con la quale il Tribunale di Ascoli Piceno, in riforma della sentenza
di condanna del Giudice di Pace di Ascoli Piceno, ha assolto Lutzu Giovanni

Data Udienza: 16/02/2018

Francesco dal reato di cui all’art. 594 c.p. per l’intervenuta depenalizzazione,
e dal reato di cui all’art. 612 c.p., perché il fatto non sussiste.
Deduce la violazione di legge in relazione all’art. 192 c.p.p. ed il vizio di
motivazione, lamentando che, sebbene la sentenza abbia correttamente
richiamato i principi affermati da Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte,
Rv. 253214, abbia contraddittoriamente ritenuto insufficiente la prova della
minaccia per l’assenza di riscontri estrinseci al narrato della vittima, senza
considerare che le ingiurie erano state confermate dai testimoni presenti, e

offesa, riferibili ad un unico contesto temporale.

2. Con memoria depositata in udienza il difensore dell’imputato Lutzu
Giovanni Francesco, Avv. Olga Piergallini, ha chiesto l’inammissibilità o il
rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.
1.1. Preliminarmente va dichiarata la tardività della memoria depositata
dal difensore dell’imputato in udienza.
1.2. La sentenza impugnata, riformando la sentenza di condanna di primo
grado, ha assolto l’imputato dal reato di minacce (oltre che dal reato di
ingiurie, per l’intervenuta depenalizzazione), ritenendo che le dichiarazioni
rese dalla persona offesa (Campanelli Luigi), costituitasi parte civile, non
fossero sostenute da alcun riscontro; in particolare, sebbene la persona offesa
avesse riferito che Lutzu era entrato nel bar ove si trovava, ed aveva iniziato
ad imprecare, pronunciando, tra l’altro, esplicite minacce
distruggo”),

(“io l’ammazzo, lo

la sentenza ha affermato che nessuno dei testi aveva udito

pronunciare le parole minacciose, avendo taluni colto soltanto le ingiurie, altri
soltanto il contesto della discussione.
1.3. La motivazione è viziata in quanto, pur richiamando correttamente il
principio, ribadito, tra l’altro, dalle Sezioni Unite, secondo cui le regole dettate
dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della
persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a
fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa
verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del
dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in
tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono

2

che è illegittima la valutazione frazionata delle dichiarazioni della persona

sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. U, n. 41461 del
19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253214, che, in motivazione, ha altresì precisato
come, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere
opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi),
nondimeno ha applicato erroneamente il principio affermato.
Invero, le dichiarazioni della persona offesa sono state sostanzialmente
obliterate nella loro autonoma valenza dimostrativa sulla base di una asserita
carenza di riscontri esterni, che, in conformità al principio di diritto in

responsabilità, avendo le Sezioni Unite sottolineato la mera “opportunità” di
procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi, che, come è noto,
possono essere anche di carattere logico.
Tanto premesso, la sentenza è, dunque, viziata, in quanto, da un lato, ha
omesso di motivare sul contenuto delle dichiarazioni della persona offesa, e
sulla valutazione della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità
intrinseca del suo racconto (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv.
253214), e, dall’altro, è avulsa dal restante tessuto probatorio che, stando al
ricorso ed alla sentenza impugnata (unici atti nella disponibilità cognitiva di
questa Corte), era integrato altresì dalle dichiarazioni di altri testimoni, che, a
riscontro del narrato della persona offesa, pur non riferendo le espressioni
minacciose, avevano dichiarato di aver assistito ad una discussione tra i due,
qualcuno cogliendo anche le espressioni ingiuriose (oggetto di proscioglimento
per intervenuta depenalizzazione).
La motivazione, dunque, è apparente, in quanto svaluta in maniera
assertiva le fonti dichiarative, non indicando neppure il contenuto narrativo
idoneo ad ingenerare il dubbio valutativo; è contraddittoria, in quanto, pur
avendo in premessa affermato il principio di diritto della sufficienza delle sole
dichiarazioni della persona offesa ai fini dell’affermazione di responsabilità
penale, e della non necessità di riscontri esterni, ha erroneamente applicato il
principio, sostenendo, al contrario, che le dichiarazioni della persona offesa
non erano sostenute da alcun riscontro; è, infine, illogica, in quanto la
necessità di una valutazione rigorosa dell’attendibilità della parte civile non
implica, come nella specie, una inattendibilità in re ipsa derivante dalla qualità
processuale, bensì la formulazione di un giudizio concreto sui requisiti del
narrato e sulla credibilità soggettiva.
1.4. La sentenza impugnata va pertanto annullata agli effetti civili, con
rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di
appello.

3

premessa enunciato, non erano necessari ai fini dell’affermazione di

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili e rinvia al giudice civile
competente per valore in grado di appello.

Così deciso in Roma il 16/02/2018

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