Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21660 del 14/12/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21660 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: ESPOSITO ALDO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
MADAU GAVINO, n. il 21/09/1968;

avverso l’ordinanza n. 109/2015 emessa dal Tribunale della Libertà di Cagliari in data
20/07/2015;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Aldo Esposito;
udite le conclusioni del Procuratore generale, in persona della dott.ssa Delia Cardia, che
chiedeva il rigetto del ricorso;

d(u

udito per il ricorrente l’avv. Gian Luigi Mastio, che, in proprio e quale sostituto dell’avv. Marcello Segui, chiedeva l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;

Data Udienza: 14/12/2015

2
RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 20/07/2015 il Tribunale del Riesame di Cagliari rigettava l’appello proposto ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. nell’interesse di Madau Gavino avverso l’ordinanza
del G.I.P. del Tribunale di Oristano del 10/06/2015 di rigetto della richiesta di revoca della custodia in carcere, applicata in ordine al reato di cui all’art. 575 cod. pen. (omicidio di Casula
Giovanni avvenuto il 30/10/2014 tra le ore 23.00 e le ore 24.00).

a) l’acquisizione di intercettazioni eseguite anni prima nei confronti del Madau in relazione ad
altro procedimento penale, trattandosi di soggetto all’epoca sospettato di essere autore
dell’omicidio di Vidili Serafino Angelo, avvenuto il 31/12/2011, dalle quali emergeva il forte risentimento del Madau verso il Casula, verosimilmente sorto da antichi contrasti accertati anche
documentalmente;
b) la visione delle immagini delle telecamere a circuito chiuso poste a presidio della filiale del
Banco di Sardegna di v. Nazionale, dalle quali si notava che alle ore 23.18 circa il Madau era
uscito dal bar “Dille”, ubicato nella stessa via, e si era diretto a piedi verso l’abitazione del Casula, distante 450 metri circa;
c) l’esame dei tracciati registrati nell’apparecchio GPS, installato nell’auto Fiat Strada in uso
al Madau nel corso delle indagini sull’omicidio Vidili e mai rimosso, dai quali si riscontrava che
alle ore 23.29.59 l’auto si era fermata per due minuti e mezzo in un punto situato a 26 metri
dall’abitazione del Casula, per poi riprendere la marcia fino a fermarsi, dapprima e per pochi
secondi a bordo di un campo aperto prospiciente v. Roma e, poi, definitivamente sotto casa
dello stesso Madau;
d) l’ispezione nei terreni ubicati nei pressi dei di v. Roma, ove l’auto si era arrestata senza
rinvenire alcunché;
e) l’ulteriore verifica dei tracciati dell’apparecchio GPS, in base al quale alle ore 19.00 del
31/10/2014, l’auto del Madau si era fermata nello stesso punto della sosta delle ore 23.29.59
del giorno precedente, ove a seguito di ispezione era rinvenuto un tubo Innocenti lungo m.

1 e

dal diametro di m. 3,5, recante tracce di sostanza ematica.
f) l’accertamento della circostanza che tra le ore 23.00 del 30/10/2014 e la mattina seguente
il telefono cellulare del Madau era rimasto spento.
g)

l’analisi del contenuto delle intercettazioni ambientali dell’auto del Madau: in data

15/11/2014, in cui commentando la lettura di un quotidiano locale, lasciava intendere di aver
“pestato” la vittima e che nell’evenienza del proprio arresto si sarebbe avvalso della facoltà di
non rispondere; in data 05/12/2014, in cui dimostrava di riconoscere specifici particolari delle
modalità esecutive del fatto criminoso.
3. Alla luce di tali elementi indizianti, in data 04/06/2015, il G.I.P. applicava al Madau la custodia in carcere.
All’interrogatorio di garanzia il Madau si avvaleva della facoltà di non rispondere.

2. Nell’ambito del procedimento erano espletate le seguenti attività di indagine:

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4. Il Tribunale del riesame, poi, evidenziava la piena utilizzabilità degli atti di indagine acquisiti nel corso di altro procedimento, anche se intervenuti dopo la scadenza del termine massimo delle indagini preliminari; in particolare, sosteneva la tesi della non necessità di specifica
autorizzazione della sorveglianza a mezzo del GPS e dell’assenza di violazioni dell’art. 8 Convenzione di Roma del 1950, nel caso in cui tale mezzo istruttorio persegua finalità di contrasto
della criminalità.
Infine, il giudice della cautela evidenziava l’enorme diversità tra l’acquisizione dei dati col si-

5. La difesa di Madau Gavino proponeva ricorso per Cassazione avverso tale provvedimento,
chiedendone l’annullamento, alla luce degli elementi qui di seguito riportati.
5.1. Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato
e della consulenza tecnica prodotta del dr. Alessandro Bottoni, prodotta nell’ambito del giudizio
cautelare (allegata al ricorso).
Ad avviso del difensore, dall’esame della perizia emergevano l’estrema equivocità dei dati
contenuti nei supporti informatici contenenti i tracciati GPS e l’impossibilità di ricavare dagli
stessi la posizione del veicolo appartenente al Madau.
Il ricorrente osservava che, i supporti informatici acclusi al fascicolo del P.M. non contenevano dati tecnici idonei a stabilire il grado di precisione del dispositivo GPS e il margine di errore
associato ad ogni misurazione della posizione del GPS traker, tra i quali, in particolare, le informazioni in ordine al numero ed alla posizione dei satelliti visibili al momento della misurazione; doveva ritenersi noto che l’agganciamento di un numero insufficiente di satelliti poteva
provocare il fenomeno della cd. “diluizione geometrica della precisione”, errore incidente sulla
precisione della rilevazione e, cioè, non più dì 5/15 metri bensì di 200/300 metri, con intuibili
riflessi probatori.
Secondo il difensore, pur essendo il materiale investigativo fondato sui tracciati GPS, il Tribunale del riesame non motivava in ordine agli elementi addotti dalla difesa attraverso tale relazione tecnica circa i dati ricavabili dal pedinamento satellitare del veicolo del Madau, vizio
motivazionale di rilevante entità, perché lo stesso giudice della cautela riteneva tali risultanze
di fondamentale importanza, al fine di configurare a suo carico un grave quadro indiziario.
5.2. Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., per inosservanza di norme
processuali stabilite a pena di inutilizzabilità in relazione agli artt. 191, 238 e 407 cod. proc.
pen., 1 ss. D.Lgs. n. 196 del 2003, 8 CEDU e 7, 8 e 52, par. 1, Carta dei Diritti Fondamentali
U.E..
Il difensore osservava che il Tribunale del riesame aveva riconosciuto che il pedinamento satellitare eseguito nei confronti del Madau nell’ambito del procedimento per l’omicidio di Vidili
Serafino Angelo era divenuto illegittimo dopo la scadenza del termine massimo previsto per le
indagini preliminari; partendo dalla premessa argomentativa della piena utilizzabilità di tale accertamento in altri procedimenti come quello in esame (omicidio in danno del Casula), contra-

stema GPS e la problematica della conservazione dei dati.

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riamente però all’indirizzo espresso dalle sezioni unite circa l’inutilizzabilità tout court per la
prova compiuta dopo la scadenza delle indagini preliminari.
Secondo il difensore, l’installazione del Tracker GPS nell’auto del Madau nell’ambito
dell’inchiesta riguardante l’omicidio del Vidili illegittimamente non era stata seguita dalla rimozione per problemi tecnici non meglio definiti; a suo dire, la dimenticanza nella sua auto per
due anni di un congegno elettronico di rilevamento satellitare, al di fuori di ogni esigenza investigativa, aveva comportato un’indebita ingerenza nella sua sfera privata.

giurisprudenza CEDU, contrariamente a quanto dedotto dal Tribunale del riesame: la pronunzia
del 02/09/10 Uzun, richiamata nell’ordinanza, riteneva l’utilizzo del GPS consentito solo in caso
di inefficacia di misure meno invasive. Sarebbero state necessarie le preventive autorizzazioni
del P.M. e del giudice, mentre ciò non avveniva, in violazione delle norme sovrannazionali,
previste in tema di diritto alla riservatezza (artt. 2 Cost. e 8 CEDU).
Contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale del riesame, la difesa riteneva applicabili al
caso in esame anche i principi espressi nella sentenza della Corte di Giustizia dell’08/04/2014,
che dichiarava invalida la direttiva 2006/24/CE in tema di data retention.
In una memoria illustrativa successivamente depositata, la difesa forniva dettagli in ordine ai
tempi e ai modi di espletamento dell’attività investigativa svolta nell’altro procedimento, insistendo sulla tesi dell’assoluta inutilizzabilità delle risultanze della localizzazione GPS.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va accolto sulla base delle argomentazioni qui di seguito meglio precisate.
2. Il primo motivo di impugnazione concerne l’omessa valutazione da parte del Tribunale del
riesame dei dati tecnici contenuti nella perizia di parte (prodotta dinanzi a detto organo giudiziario e allegata anche al ricorso per Cassazione), tendente a contestare le risultanze ricavate
dall’accusa e recepite dai giudici della cautela, in ordine alla possibilità di stabilire la posizione
di Madau Gavino in base ai tracciati GPS. In particolare, ad avviso della difesa, in base a tale
relazione peritale la mancanza di notizie in ordine al numero ed alla dislocazione dei satelliti visibili al momento della misurazione, elemento essenziale per determinare il grado di precisione
del dispositivo GPS, comportava un eccessivo margine di incertezza, di entità tale da non consentirne l’attribuzione di un significato probatorio di effettiva portata.
3. Dalla lettura dell’ordinanza emerge quanto segue in ordine all’estrema rilevanza della prova e alle lacune motivazionali: a) la decisività, ad avviso del Tribunale, del riesame dei rilevamenti effettuati grazie all’apparecchio GPS; b) la totale assenza di ogni motivazione esplicita
dei dati della perizia esibita dalla difesa; c) l’assenza di una valutazione delle obiezioni difensive sollevate sulla base dei risultati della perizia, in modo tale da consentire che il Tribunale del

i,

riesame l’abbia ritenuta implicitamente inattendibile; d) la potenziale effettiva incidenza sulla

La difesa propugnava la tesi del contrasto tra l’utilizzazione dei tracciati GPS e i principi della

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decisione degli aspetti valutati dalla perizia e prospettati dalla difesa in modo da insinuare il
ragionevole dubbio.
4. Ebbene, l’omesso esame, da parte del giudice, di risultanze probatorie acquisite e decisive, non si sottrae al sindacato della Corte di cassazione per lo specifico profilo del vizio di mancanza della motivazione “ex” art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., quando sia stato prospettato
O’

al giudice, mediante memorie, atti, dichiarazioni verbalizzate, perizie, l’avvenuta acquisizione
dibattimentale di altre e diverse prove; in detta evenienza il giudice di legittimità deve verifica-

della prova e il provvedimento impugnato che abbia omesso di dare ad essa risposta, se la
prova, in tesi risolutiva, assunta sia effettivamente tale e se quindi la denunciata omissione sia
idonea a inficiare la decisione di merito (conf. Cass., Sez. 2, 28/10/2009 n. 43923, Pinto, non
massimata sul punto; Sez. Un., 30/10/2003 n. 45276, Andreotti, Rv. 226093).
Nella fattispecie, pertanto, occorre verificare se il dato di comune esperienza in base al quale
il GPS costituisce uno strumento idoneo ad effettuare una localizzazione pressoché certa, con
un grado di accuratezza generalmente stimato nell’ordine di pochi metri di possibile scarto,
possa essere posto in dubbio dai rilievi prospettati dal perito di parte (v. per riferimenti, Cass.,
Sez. 1, 14/10/2015 n. 5758, Binni, non massimata).
5. Col secondo motivo di ricorso, la difesa prospettava la tesi dell’inutilizzabilità del pedinamento satellitare eseguito nei confronti del Madau nell’ambito del procedimento instaurato per
l’omicidio di Vidili Serafino Angelo, in quanto disposto successivamente alla scadenza del termine massimo previsto per le indagini preliminari; peraltro, deduceva che si sarebbe verificata
un’indebita ingerenza nella sfera privata del Madau, per la permanenza per due anni del Tracker GPS nella sua auto, per presunti e non definiti problemi tecnici. Inoltre, ad avviso del difensore l’utilizzazione dei tracciati GPS contrasterebbe coi principi della giurisprudenza CEDU e
poteva essere consentito solo in caso di inefficacia di misure meno invasive previa autorizzazioni del P.M. e del giudice.
6. In proposito, va rilevato che l’attività di indagine volta a seguire i movimenti di un soggetto ed a localizzarlo, controllando a distanza la sua presenza in un dato luogo in un determinato
momento attraverso il sistema di rilevamento satellitare (cosiddetto GPS) costituisce una forma di pedinamento eseguita con strumenti tecnologici, non assimilabile in alcun modo all’attività di intercettazione prevista dagli artt. 266 ss. cod. proc. pen.; essa non necessita, quindi, di
alcuna autorizzazione preventiva da parte del G.I.P. poiché, costituendo un mezzo atipico di ricerca della prova, rientra nella competenza della polizia giudiziaria (in termini, Cass., Sez. 3,
27/02/2015 n. 32699, Diano, Rv. 264519; Sez. 2, 13/02/2013 n. 21644, Badagliacca,
Rv. 255542; Sez. 4, 27/11/2012 n. 48279, Llesci, Rv. 253953; la prima di tali pronunzie dichiarava anche la manifesta infondatezza di varie questioni di legittimità costituzionale della
normativa in materia).
7. Peraltro, si tratta di un’attività investigativa atipica, assimilabile al pedinamento, i cui ri-

ci

sultati possono entrare nella valutazione probatoria del giudice attraverso la testimonianza de-

re, senza possibilità di accesso agli atti, ma attraverso il raffronto tra la richiesta di valutazione

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gli ufficiali di polizia giudiziaria (in tal senso, Cass., Sez. 6, 11/12/2007 n. 15396, dep. 2008,
Sitzia, Rv. 239638).
Sono irrilevanti altresì la circostanza della riferibilità dell’attività di indagine a diverso procedimento e il decorso del termine di scadenza delle indagini preliminari (v., sul punto, Cass.,
Sez. 1, 10/01/2012 n. 14529, Fronza, non massimata, proprio relativa ad un caso di apparecchio satellitare utilizzato nell’ambito di altra indagine cessata da tempo, non rimosso e successivamente riattivato).

sensi dell’art. 238 cod. proc. pen. sono utilizzabili, ai fini dell’emissione di una misura cautelare
personale, anche se intervenuti dopo la scadenza del termine delle indagini preliminari, e anche se siano stati dichiarati inutilizzabili in quel procedimento, in quanto le relative vicende non
sono verificabili né sindacabili da parte del giudice, che ne dispone l’acquisizione (cfr. Cass.,
Sez. 6, 10/04/2007 n. 22700, Polenti, Rv. 236695; Sez. 1, 01/04/2003, n. 21367, Schiavone,
Rv. 224519).
Pertanto, nella fattispecie, non si determinava nessuna forma di inutilizzabilità patologica,
idonea a rendere di per sé la prova come tamquam non esset.
8. Tuttavia, occorre rilevare la carenza di motivazione del provvedimento impugnato per
mancanza di un adeguato approfondimento in ordine ai seguenti aspetti del diverso procedimento, nell’ambito del quale era stato predisposto il sistema di localizzazione GPS: a) la natura
del procedimento de quo; b) la riconducibilità della scelta dell’adozione del GPS al P.M. e/o alla
Polizia Giudiziaria; c) l’epoca dell’espletamento dell’attività istruttoria in questione; d) lo svolgimento di tale attività istruttoria dopo la scadenza del termine delle indagini preliminari; e) la
data di cessazione del monitoraggio; f) l’esito del procedimento; g) le specifiche ragioni
dell’omessa rimozione dell’apparecchiatura GPS.
9. Al contempo, è mancato un analogo vaglio in ordine alle circostanze, comportanti la “riscoperta” dell’esistenza del sistema di localizzazione GPS all’interno dell’auto e inerenti alle
modalità ed ai tempi di riattivazione dell’apparecchiatura.
Risulta indispensabile un accertamento sui punti predetti e/o su quelli eventualmente ritenuti
rilevanti dal Tribunale del riesame, perché nonostante l’insussistenza di un divieto di acquisizione dei predetti dati di localizzazione, emerge l’assenza di un congruo vaglio delle risultanze
della sorveglianza GPS, propria di questa come di ogni tipologia di prova, sancita dall’art. 192
cod. proc. pen..
10. Premettendosi il dato iniziale della natura meno rigorosa della disciplina vigente dei sistemi di rilevamento e acquisizione di dati, notizie e conversazione all’interno di luoghi riservati
rispetto a quella prevista in relazione ad altre tecniche più penetranti di sorveglianza, tutte le
ulteriori questioni, tra le quali principalmente quelle formulate in ordine all’applicazione dei

i

principi della normativa comunitaria e degli organi di giustizia europei (tra i quali la CEDU) in
materia, devono ritenersi assorbite. Allo stato, infatti, la mancanza degli elementi di fatto suin,

dicati non consente di stabilire se nel caso concreto le modalità e i tempi di adozione della geo-

Ebbene, gli atti di indagine assunti nell’ambito di un altro procedimento penale acquisiti ai

Trasmessa copia ex art. 23
n. iter L. 8-8-95 n. 332
goma, lì

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localizzazione abbiano eventualmente compromesso i diritti fondamentali quali le previsioni di
cui agli artt. 6 (giusto processo) ed 8 (rispetto della vita privata) della Convenzione di Roma
del 1950.
11. Pertanto, va emessa pronunzia di annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al
Tribunale della libertà per un nuovo esame alla luce dei principi sopra affermati.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Cagliari – sezione per
il riesame dei provvedimenti restrittivi – cui dispone trasmettersi gli atti.
Dispone trasmettersi a cura della Cancelleria copia del provvedimento al direttore dell’istituto
penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma il 14 dicembre 2015.

P. Q. M.

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