Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21655 del 23/09/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21655 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GRAVANTE ALESSANDRO, nato a Grazzanise il 01/11/1950
avverso l’ordinanza n. 515/2014 GUP TRIBUNALE di NAPOLI del
01/10/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale dott. Giulio Romano, che ha chiesto annullarsi
con rinvio l’ordinanza gravata.

Data Udienza: 23/09/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza dell’i ottobre 2014, il G.u.p. del Tribunale di Napoli, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta avanzata da
Gravante Alessandro, volta a ottenere l’applicazione della disciplina del reato
continuato in sede esecutiva, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., tra i reati
giudicati con due sentenze di condanna indicate nella richiesta, riportate nella

febbraio 2012 per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. (commesso fino al 4
giugno 2009) e il 18 ottobre 2012 per il reato di cui agli artt. 629 cod. pen. e 7
legge n. 203 del 1991 (commesso il 5 dicembre 2008).
Il Giudice, che premetteva la propria astratta competenza a conoscere
dell’istanza, attesa la intervenuta irrevocabilità delle indicate condanne
rispettivamente il 19 giugno 2012 e il 3 aprile 2013, e l’astratta valutabilità della
richiesta, avuto riguardo alla mancata esclusione in sede di cognizione degli
estremi normativi integranti il chiesto istituto, osservava, a ragione della
decisione, che:
– non erano elementi sufficienti a dimostrare la ricorrenza del vincolo di cui
all’art. 81 cpv. cod. pen. l’accertata esistenza di un’associazione criminale,
dedita, tra l’altro, alla commissione di estorsioni in danno di imprenditori e
commercianti e la militanza dell’istante in seno a detto sodalizio;
– la partecipazione a un’associazione per delinquere, infatti, non poteva,
secondo i richiamati principi di diritto fissati dalla giurisprudenza di questa Corte,
costituire di per sé sola prova della unicità del disegno criminoso fra i reati
commessi per il perseguimento degli scopi dell’associazione, in mancanza di
ulteriori elementi presuntivi e indiziari che potessero fondare il giudizio di natura
inferenziale sulla sussistenza della unitaria e iniziale programmazione.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il
difensore di fiducia avv. Angelo Raucci, l’interessato Gravante, che ne chiede
l’annullamento sulla base di unico motivo, con il quale denuncia, ai sensi dell’art.
606, comma 1, lett.

b)

ed

e) ,

cod. proc. pen., inosservanza o erronea

applicazione della legge penale e mancanza, contraddittorietà o manifesta
illogicità della motivazione in relazione all’art. 81 cpv. cod. pen.
Secondo il ricorrente, il Giudice ha adottato una motivazione assolutamente
generica in quanto priva del tutto di concreti riferimenti ai fatti giudicati con le
due sentenze, costituenti oggetto della sua richiesta, al loro contesto e alle
allegate produzioni documentali, anche omettendo di considerare che con la
prima sentenza, che lo ha condannato per il reato di cui all’art. 416-bis cod.

li

premessa della stessa ordinanza ed emesse dalla Corte di appello di Napoli il 3

bis cod. pen., è stata riconosciuta a diversi coimputati la continuazione interna
tra il reato associativo e i singoli reati-fine di estorsione, commessi nello stesso
periodo di quello a lui contestato con la seconda sentenza, giudicato
separatamente a suo carico per la scelta della Procura di avanzare due diverse
richieste di rinvio a giudizio.
La motivazione, ad avviso del ricorrente, è anche contraddittoria nella parte
in cui il Giudice, dopo aver ritenuto dimostrata l’identità del disegno criminoso,
ha affermato la insufficienza degli elementi atti a dimostrare la ricorrenza del

realtà fattuale e giuridica, attesa la sussistenza di specifici indici rivelatori della
unicità di rappresentazione e deliberazione delle condotte delittuose,
rappresentati dal dato cronologico, dalla identità del territorio, dalla identica
natura dei reati, dalla sua stabile condivisione e partecipazione alle azioni e al
programma criminoso del sodalizio camorristico “Clan dei Casalesi – gruppo

Bidognetb/Setola”, e dalla contestazione nella seconda sentenza dell’aggravante
di cui all’art. 7 legge n. 203 del 1991 per avere commesso il fatto per agevolare
detto sodalizio.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria
scritta, concludendo per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata,
ritenuta la fondatezza del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso, che attiene al contestato rigetto della richiesta di

riconoscimento del vincolo della continuazione, è fondato e merita accoglimento.

2. Si premette in diritto che, a norma dell’art. 671 cod. proc. pen., il giudice
dell’esecuzione può applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso
di più sentenze o decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti
contro la stessa persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati
separatamente giudicati secondo i criteri dettati dall’art. 81 cod. pen.
2.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la continuazione
presuppone l’anticipata e unitaria ideazione di più violazioni della legge penale,
già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi
linee, e tale situazione è ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel
tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una determinata scelta di
vita o a un programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo
secondo contingenti opportunità, quale quello tipico dell’associazione per
delinquere (tra le altre, Sez. 1, n. 35797 del 12/05/2006, dep. 25/10/2006,

3

vincolo, di cui all’art. 81 cpv. cod. pen., con argomenti del tutto scollegati dalla

Francini, Rv. 234980; Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 16/04/2009, Di
Maria, Rv. 243632; Sez. 1, n. 48125 del 05/11/2009, dep. 17/12/2009, Maniero,
Rv. 245472; Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, dep. 12/11/2010, Marigliano, Rv.
248862).
Né, in particolare, è configurabile la continuazione tra il reato associativo e
quei reati-fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio
criminoso ed essendo finalizzati al rafforzamento del medesimo, non erano
programmabili ab origine perché legati a circostanze ed eventi contingenti e

stessa ovvero dell’ingresso in essa del soggetto interessato (tra le altre, Sez. 5,
n. 23370 del 14/05/2008, dep. 10/06/2008, Pagliara, Rv. 240489; Sez. 1, n.
13609 del 22/03/2011, dep. 05/04/2011, Bosti, Rv. 249930).
2.2. L’applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva
impone, pertanto, una riconsiderazione dei fatti giudicati, volta alla specifica
verifica della prospettata unitarietà progettuale degli illeciti, che è indispensabile
requisito per il riconoscimento del rapporto descritto nell’art. 81 cod. pen.
A tal fine la “cognizione” del giudice dell’esecuzione dei dati sostanziali di
possibile collegamento tra i vari reati va eseguita in base al contenuto decisorio
delle sentenze di condanna, conseguite alle azioni o omissioni che si assumono
essere in continuazione e, attraverso il loro raffronto, alla luce delle ragioni
enunciate dall’istante, gravato in tema di esecuzione non da un onere probatorio,
ma solo da un onere di allegazione (tra le altre, Sez. 5, n. 9180 del 29/01/2007,
dep. 02/03/2007, Aloísio e altri, Rv. 236261; Sez. 1, n. 14188 del 30/03/2010,
dep. 14/04/2010, Russo, Rv. 246840; Sez. 5, n. 37337 del 29/04/2011, dep.
14/10/2011, Castellano, Rv. 250929), incombendo, invece, all’autorità
giudiziaria il compito di procedere, ai sensi dell’art. 666, comma 5, cod. proc.
pen., che disciplina in genere l’attività probatoria in sede esecutiva, e ai sensi
dell’art. 186 disp. att. cod. proc. pen., che riguarda specificamente l’applicazione
della disciplina del reato continuato, ai relativi accertamenti con l’acquisizione di
documenti, in essi comprese le sentenze emesse a carico dell’istante, e di
informazioni, e l’assunzione, ove occorra, di prove nel contraddittorio delle parti,
e alla successiva valutazione circa l’esistenza delle condizioni per l’accoglimento
della richiesta (tra le altre, Sez. 1, n. 42453 del 30/09/2009, dep. 05/11/2009,
Parrone, Rv. 245566; Sez. 1, n. 34987 del 22/09/2010, dep. 28/09/2010, Di
Sabatino, Rv. 248276; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 12/03/2013,
Daniele, Rv. 255156).
2.3. Questa Corte, nel dar conto dei dati sintomatici, come sopra desumibili,
che consentono il riconoscimento degli elementi, intellettivo (preventivo disegno
complessivo) e volitivo (determinazione volitiva per la concreta esecuzione del
programma criminoso), in cui si sostanzia la continuazione, ha coerentemente
4

occasionali o, comunque, non immaginabili al momento iniziale dell’associazione

rimarcato, posta la non identificabilità della unicità del disegno criminoso con il
diverso concetto dell’attuazione di uno stile di vita dedita al delitto e con la
ricaduta nel reato (tra le altre, Sez. 2, n. 18037 del 07/04/2004,
dep. 19/04/2004, Tuzzeo, Rv. 229052; Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010,
dep. 12/11/2010, Marigliano, Rv. 248862), che l’occasionalità della condotta,
generata da eventi non prevedibili ab origine, è ontologicamente incompatibile
con l’istituto della continuazione rettamente inteso, impedendone il
riconoscimento (Sez. 1, n. 44478 del 04/11/2009, dep. 19/11/2009, P.G. in

del dato progettuale sottostante alle condotte tenute (tra cui vengono in
considerazione la tipologia dei reati, il bene giuridico offeso, le condotte poste a
fondamento delle diverse condanne, le loro modalità di commissione, la causale
delle violazioni, la loro omogeneità, la sistematicità, il contesto spaziale e il
contenuto intervallo temporale), hanno normalmente un carattere sintomatico, e
non direttamente dimostrativo, della preordinazione di fondo che unifica le
singole violazioni, e l’accertamento diretto al riconoscimento o al diniego del
vincolo della continuazione deve assumere il carattere della effettiva
dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o
presunzioni (tra le altre, Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, dep. 02/12/2008,
Lombardo, Rv. 242098; Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, dep. 07/04/2010,
Bonasera, Rv. 246838; Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, dep. 21/02/2013,
Cardinale, Rv. 254809).

3. L’ordinanza impugnata non ha coerentemente reso conto dell’applicazione
di tali condivisi principi, a parte gli errori, tuttavia all’evidenza materiali, in cui è
incorsa, sia nella indicazione di diverso istante nella sua premessa sia nella
indicazione introduttiva della emersa dimostrazione della identità del disegno
criminoso.
3.1. Il Giudice dell’esecuzione, infatti, pur partendo da corrette premesse in
diritto, che ha a sua volta illustrato con riferimenti a pertinenti massime
giurisprudenziali, ha limitato la sua decisione, richiamata la prospettazione della
richiesta iniziale, alla considerazione che l’accertata esistenza di un’associazione
criminale, dedita, tra l’altro, a estorsioni in danno di commercianti e imprenditori
del “Casertano”, e la militanza in detto sodalizio dell’istante non fossero dati
risolutivi e sufficienti per il riconoscimento del vincolo della continuazione, e al
ribadito rilievo che il programma associativo era da tenere distinto dal disegno
criminoso unico e originario, costituente il presupposto essenziale del chiesto
istituto, e che la partecipazione a un’associazione per delinquere non era
autonomamente probativa di tale disegno criminoso tra i reati commessi per il
perseguimento dei suoi scopi.
5

proc. Bicchierini, non massimata), e ha rilevato che gli indici esteriori significativi

In tal modo, il Giudice -che doveva procedere alla disamina delle fattispecie,
così come rilevabili dalle prospettazioni e allegazioni dell’istante e dall’esame
delle sentenze emesse a suo carico, poste a sostegno dell’istanza di applicazione
della disciplina del reato continuato e prodotte ovvero acquisite, e verificare,
attraverso le valutazioni espresse in ciascuna di esse dal Giudice della
cognizione, i dati sostanziali di possibile collegamento tra i reati, separatamente
oggetto di contestazione e separatamente giudicati nei processi definiti con dette
sentenze- non ha rappresentato tale apprezzamento in termini congruenti in

contenuti non si è fatto carico.
3.2. L’ordinanza, genericamente richiamando il materiale disponibile, non
ha, in particolare, illustrato, con riferimenti specifici e concreti ai fatti giudicati,
se le violazioni commesse potevano considerarsi -alla stregua degli stessi
enunciati parametri di valutazione (quali natura e tipologia dei reati, modalità di
commissione, contesto spazio-temporale, movente/finalità)- manifestazioni di un
disegno criminoso unitario, e non ha, in definitiva, logicamente evidenziato, in
aderenza agli indicati principi di diritto, le ragioni giustificative della esclusione,
nel caso concreto, della unitarietà del disegno criminoso tra i reati, limitandosi a
svolgere una disamina astratta e generica e pervenendo a conclusioni la cui
correttezza non è suscettibile di reale verifica.

4. Consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata e il rinvio degli atti al
G.u.p. del Tribunale di Napoli, che, in diversa composizione (Corte cost. n. 183
del 2013), procederà a nuovo, più approfondito, esame tenendo conto dei rilievi
sopra formulati.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al G.u.p. del
Tribunale di Napoli.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2015

correlazione con le sentenze, richiamate nella premessa dell’ordinanza e dei cui

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