Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21654 del 23/09/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21654 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RANDAZZO VINCENZO, nato a Castelvetrano il 21/11/1967
avverso l’ordinanza n. 8/2014 TRIBUNALE di MARSALA del
19/05/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sostituto
Procuratore Generale dott. Umberto De Augustinis, che ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 23/09/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 19 maggio 2014 il Tribunale di Marsala, in funzione di
giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta avanzata da Randazzo Vincenzo,
volta all’applicazione in executivis della disciplina della continuazione tra i reati di
cui alle due sentenze irrevocabili emesse nei suoi confronti dal Tribunale di

2012, divenute irrevocabili rispettivamente il 5 febbraio 2013 e il 18 aprile 2013.
Il Tribunale rilevava, a ragione della decisione, che:
– entrambe le sentenze erano state pronunciate ai sensi degli artt. 444 e
segg. cod. proc. pen.;
– le parti, in base al disposto dell’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., avevano
concordato l’entità della pena da applicare in conseguenza del riconoscimento del
chiesto vincolo della continuazione nella misura di mesi sei di reclusione ed euro
cinquanta di multa, da aggiungersi in aumento, ex art. 81 cpv. cod. pen. e in
relazione ai reati di cui alla prima sentenza, alla pena di anni quattro e mesi due
di reclusione ed euro seicento di multa, applicata con la seconda sentenza, e,
quindi, la pena complessiva, relativa ai reati di entrambe le sentenze riuniti per il
vincolo della continuazione, pari ad anni quattro e mesi otto di reclusione ed
euro seicentocinquanta di multa;
– la richiesta non poteva essere accolta, avuto riguardo alla previsione
normativa di cui alla stessa richiamata norma, alla cui stregua l’entità della pena
detentiva concordata dalle parti in sede esecutiva non poteva superare due anni,
soli o congiunti a pena pecuniaria, “nei casi previsti dal comma 1 bis dell’art. 444
del codice”, relativo -tra l’altro- ai soggetti dichiarati “recidivi ai sensi dell’articolo
99, quarto comma, del codice penale”, e ai ripercorsi principi di diritto fissati
dalla giurisprudenza di questa Corte;
– all’istante era stata contestata con entrambe le sentenze la recidiva
reiterata, che, mentre non era stata in concreto applicata con la seconda
sentenza, aveva avuto applicazione con la prima sentenza anche se ritenuta
equivalente a un’attenuante;

tale situazione escludeva che l’istante potesse accedere al chiesto

patteggiamento allargato, nessun rilievo rivestendo l’essersi ritenuta e applicata
la recidiva solo con riguardo ai reati-satellite, diversi da quello più grave;

inoltre, l’istante era stato dichiarato recidivo reiterato anche con

precedente sentenza del 6 luglio 2010, pure emessa ex art. 444 cod. proc. pen.
e divenuta irrevocabile il 9 novembre 2010.

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Marsala – sezione distaccata di Castelvetrano il 21 dicembre 2011 e il 30 marzo

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore avv. Giuseppe Ferro, l’interessato Randazzo, che ne chiede
l’annullamento sulla base di unico motivo, con il quale si duole della incorsa
violazione di legge.
Secondo il ricorrente, il Tribunale ha erroneamente ritenuto che il
riconoscimento della recidiva in una delle due sentenze, oggetto della richiesta,
precludesse l’accesso al patteggiamento c.d. allargato, poiché il limite ostativo è

continuazione, si è posta come reato satellite rispetto al reato principale, per il
quale la recidiva era stata esclusa dal Giudice, che aveva, per l’effetto, avallato
l’applicazione della pena superiore a due anni.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria
scritta, concludendo per il rigetto del ricorso, stante la sua infondatezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Si premette in diritto che, ai sensi dell’art. 444, comma 1-bis, cod. proc.
pen., è preclusa la possibilità di accedere al patteggiamento, nei termini di cui al
primo comma della stessa norma, ai soggetti dichiarati recidivi ai sensi dell’art.
99, comma 4, cod. pen.
A tal fine, secondo consolidati principi, è sufficiente che la recidiva indicata
sia stata riconosciuta dal giudice, anche se poi in concreto non applicata per
effetto del giudizio di comparazione di cui all’art. 69 cod. pen.
2.1. Le Sezioni unite di questa Corte, invero, nel puntualizzare che la
recidiva, in quanto opera come circostanza aggravante inerente alla persona del
colpevole, deve essere obbligatoriamente contestata dal pubblico ministero in
ossequio al principio del contraddittorio, hanno affermato che, quando la
contestazione concerna una delle ipotesi previste dai primi quattro commi
dell’art. 99 cod. pen., la recidiva può non essere ritenuta configurabile dal
giudice, cui compete (rimanendo esclusa l’ipotesi di recidiva reiterata prevista
dal quinto comma, nel qual caso va anche obbligatoriamente applicata),
verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di
riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla
natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al
grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al
livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta

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stato riferito alla contestazione che, nell’applicazione della disciplina della

e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e
del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale
dell’esistenza di precedenti penali (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010,
dep. 05/10/2010 P.G., Calibè e altro, Rv. 247838).
In coerenza con tali premesse si è rimarcato che, una volta contestata la
recidiva nel reato, anche reiterata, purché non ai sensi dell’art. 99, comma 5,
cod. pen., qualora la verifica effettuata dal giudice si concluda nel senso della
sua esclusione non solo non ha luogo l’aggravamento della pena, ma non

divieto del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, di cui all’art. 69,
comma 4, cod. pen., dal limite minimo di aumento della pena per il cumulo
formale di cui all’art. 81, comma 4, stesso codice, dall’inibizione all’accesso al
cosiddetto “patteggiamento allargato” e alla relativa riduzione premiale di cui
all’art. 444, comma 1-bis, cod. proc. pen. Tali effetti, invece, si determinano
integralmente, qualora la recidiva stessa non sia stata esclusa per essere stata
ritenuta sintomo di maggiore colpevolezza e pericolosità (Sez. U, n. 35738 del
27/05/2010, citata, Rv. 247839).
2.2. In tale ultima ipotesi la recidiva, senza che occorra una sua pregressa
dichiarazione giudiziale al pari di ogni altra circostanza aggravante, deve
intendersi, oltre che “accertata” nei suoi presupposti, “ritenuta” dal giudice e
“applicata” ai reati in relazione ai quali è contestata (Sez. U, n. 35738 del
27/05/2010, citata, Rv. 247840), determinando essa, anche quando svolga
semplicemente la funzione di paralizzare, con il giudizio di equivalenza, l’effetto
alleviatore di una circostanza attenuante, l’effetto tipico di aggravamento della
pena (Sez. U, n. 17 del 18/06/1991, dep. 24/07/1991, Grassi, Rv. 187856),
oltre agli ulteriori effetti commisurativi della sanzione, come l’interdizione al
cosiddetto “patteggiamento allargato” (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, citata,
Rv. 247840, e, tra le successive, Sez. 6, n. 2332 del 15/01/2014,
dep. 20/01/2014, P.G. in proc. Bastante, Rv. 258258; Sez. 1, n. 23643 del
11/02/2014, dep. 05/06/2014, Ejjabri, Rv. 262132).

3. Di tali condivisi principi il Giudice dell’esecuzione, che li ha specificamente
richiamati, ha fatto esatta interpretazione e corretta applicazione.
Il Giudice, con congrui richiami fattuali, ha esaustivamente rappresentato
che, con riguardo alle due sentenze oggetto della chiesta applicazione della
disciplina della continuazione, in quella resa ex art. 444 cod. proc. pen. il 21
dicembre 2011 (sub 1 della premessa dell’ordinanza) la recidiva, contestata ai
sensi dell’art. 99, commi 1, 2 e 4, cod. pen., è stata ritenuta e applicata in
termini di equivalenza con la sussistente attenuante, e in quella resa ex art. 444
cod. proc. pen. il 30 marzo 2012 (sub 2 della premessa dell’ordinanza) la
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operano neanche gli ulteriori effetti commisurativi della sanzione, costituiti dal

recidiva reiterata specifica, pure contestata ai sensi dell’art. 99 cod. pen., non è
stata in concreto applicata “sì da non rilevare ai fini in esame”.
In logica correlazione con dette evidenze e con le già svolte considerazioni in
diritto, il discorso giustificativo della decisione ha posto in evidenza l’ostacolo
all’accesso del ricorrente al c.d. “patteggiamento allargato”, posto dall’art. 444,
comma 1-bis, cod. proc. pen. come derivante dal dato, già rilevato in fatto,
dell’essere stata in concreto ritenuta e applicata la recidiva reiterata, contestata
con riguardo ai reati di cui alla sentenza sub 1, pur “reati satellite” rispetto a

ostacolo all’accesso al chiesto rito derivante dalla già intervenuta applicazione, in
favore del ricorrente, della recidiva reiterata, bilanciata in termini di equivalenza
con le attenuanti generiche, con pregressa sentenza del 6 luglio 2010, pure
emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.

4. Dette considerazioni, esenti da vizi logici e giuridici, sono in linea con la
ratio -fondata sull’apprezzamento della particolare pericolosità sociale, derivante
dalla recidiva ritenuta e non esclusa- della esclusione dell’accesso al predetto rito
del patteggiamento allargato anche per effetto del ricorso,

“nel caso di più

sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti pronunciate in
procedimenti distinti contro la stessa persona”, come nella specie, alla speciale
disciplina di cui all’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., che espressamente collega
i limiti della pena unica finale complessiva, conseguita all’applicazione della
disciplina del concorso formale o del reato continuato, alle previsioni dell’art.
444, commi 1 e 1-bis, cod. proc. pen., e quindi, prescindendo dalla distinzione
tra reati-satellite e non, all’intero esito del ratificato accordo sanzionatorio, che,
in rapporto all’unico reato continuato, è intervenuto tra le parti.
Esse, pertanto, resistono alle doglianze difensive, che, movendo dal rilievo
che il limite ostativo è riferibile alla sola contestazione afferente al reato-satellite
e non al reato principale, per il quale è stata, invece, esclusa la recidiva dal
Giudice che ha avallato il c.d. patteggiamento allargato, assumono
infondatamente, attraverso un non consentito frazionamento del risultato del
calcolo finale proposto come conseguente alla sommatoria con la pena base di
quella cumulata per continuazione criminosa, il mancato sforamento dei due
anni, posti come limite dal legislatore, con la richiesta di una pena di mesi sei di
reclusione e di euro cinquanta di multa in aumento rispetto a quella, pure già
patteggiata, di anni quattro e mesi due di reclusione e di euro seicento di multa,
invece che con la pena unitariamente quantificata e ben superiore.

5.

Il ricorso, alla luce delle svolte considerazioni, deve essere

conclusivamente rigettato.

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quello più grave giudicato con la seconda sentenza, anche rimarcando l’ulteriore

Segue, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2015

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