Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21644 del 18/01/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21644 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MINCHELLA ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FORGIONE DAVIDE N. IL 26/04/1992
ROSSI PAOLO N. IL 12/06/1987
avverso la sentenza n. 3489/2014 CORTE APPELLO di TORINO, del
12/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/01/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO MINCHELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. gi z.jco
che ha concluso per g
o IQ- cco

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 18/01/2016

RILEVATO IN FATTO

In data 30.08.2013 la Digos della Questura di Torino predisponeva un servizio di
osservazione sulla S.P. 210 per monitorare lo svolgimento di una manifestazione di protesta
presso il cantiere TAV di Chiomonte, la quale non era stata autorizzata ma era stata
annunciata in alcuni siti informatici. In orario serale venivano notati alcuni uomini che
sistemavano copertoni di auto su di una vettura Toyota Yaris e, poiché alcuni giorni prima,

ostruire la circolazione dei mezzi di polizia giudiziaria (incendiandoli e così occludendo le
sedi stradali), la circostanza veniva segnalata alla Compagnia Carabinieri di Susa, che
predisponeva un controllo stradale; la vettura Yaris si incolonnava con altri veicoli: più
esattamente, tre veicoli la precedevano ed uno la seguiva, formando una colonna che
marciava compatta: alla vista dei Carabinieri le vetture si fermavano e la Yaris tentava una
inversione di marcia, ma veniva bloccata; a bordo della vettura vi erano Forgione Davide e
Rossi Paolo e la perquisizione della vettura permetteva di appurare che essa era carica di
materiale, tanto che i sedili posteriori erano stati reclinati per stipare il tutto: si trattava di
21 artifici pirotecnici, 42 razzi pirotecnici, 100 petardi del tipo Mega, sei tubi in PVC con una
estremità chiusa da nastro isolante, pacchi di accendi-fuoco noti come “diavolina”, una
matassa di corda, 5 bottiglie in plastica contenenti benzina, 5 fionde, cesoie, chiodi a 4
punte, maschere antigas.
I due predetti venivano così processati per la detenzione ed il porto in luogo pubblico di
congegni esplosivi unitamente a materiale atto ad accentuarne la micidialità e la
potenzialità. Gli imputati chiarivano di condividere le ragioni di protesta del movimento “No
Tav”, di avere già partecipato ad altre manifestazioni di protesta, di avere portato i razzi
soltanto per dare visibilità alla manifestazione cui si intendeva partecipare, finalizzata a
danneggiare in modo simbolico le reti di recinzione dei cantieri, al cui scopo il materiale
detenuto occorreva asseritamente per difendersi dalle iniziative delle forze dell’ordine.
Con sentenza in data 14.03.2014 il Tribunale di Torino condannava entrambi i predetti alla
pena di anni due e mesi due di reclusione ed € 5.000,00 di multa, ritenendo che il materiale
detenuto e portato andasse considerato come esplosivo e non come esplodente: appurato
che tutto il materiale esplosivo sequestrato rientrasse nella categoria 4 dell’allegato A del
Regolamento di esecuzione del TULPS, l’istruttoria dibattimentale si appuntava soprattutto
sui razzi, sui petardi, sui tubi in PVC, sulle bottiglie e sulla loro possibilità di essere usate
come bombe molotov. Il Tribunale tuttavia riteneva che gran parte delle argomentazioni
relative alla utilizzabilità concreta del materiale pirico e dei tubi ed alla micidialità dei singoli
oggetti fosse superflua, concludendo che il fulcro del processo dovesse invece accentrarsi
sulla qualificazione da dare a detto materiale per il quale la vera distinzione non era riposta
nella natura e composizione della sostanza quanto piuttosto nelle potenzialità di impiego. Il
Giudice rammentava diversa giurisprudenza della Corte Suprema, nella quale si indicava
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in occasione di una diversa manifestazione di protesta, i copertoni erano stati utilizzati per

nella mancanza di potenzialità micidiale il connotato delle materie esplodenti di cui all’art.
678 cod.pen. mentre gli esplosivi dovevano intendersi come quelle sostanze caratterizzate
da elevata potenzialità e micidialità, tali cioè da essere idonee a provocare un’esplosione con
rilevante effetto distruttivo: di conseguenza, si rilevava che quando la detenzione di
materiale esplodente eccedesse i limiti di cautela per quantità, qualità ed unicità del luogo di
deposito, doveva allora applicarsi la normativa sulla illegale detenzione di esplosivi, per
come era determinato da condizioni ambientali di rischio di cui il detentore era consapevole,

Così, rilevato che il materiale pirico, altamente infiammabile, era stato tutto insieme
collocato in un luogo angusto, e cioè l’abitacolo di una vettura alimentata a carburante
contenuto nel serbatoio, e che tra il materiale vi erano anche bottiglie contenenti benzina,
concludeva il Tribunale che qualsiasi occasionale accensione avrebbe avuto conseguenze di
notevole gravità, trattandosi di oltre 4 kilogrannmi di materiale pirico portato su di una
strada pubblica sulla quale circolavano anche altre persone. Si richiamavano sentenze della
Corte Suprema relative alla detenzione in autovettura di materiale infiammabile ed al
relativo pericolo di effetti deflagranti ed incendiari. Ed ancora, il Tribunale esprimeva
perplessità sulle finalità difensive di materiali come le bottiglie piene di benzina ed i
copertoni, sottolineando che i detentori erano ben consci della natura del materiale e della
sua pericolosità, tanto che era stato predisposto un cordone di quattro altre autovetture a
protezione. Veniva così pronunziata la condanna sopra ricordata, con espressa precisazione
che si riferiva alla detenzione ed al porto di materiale esplosivo.
Avverso detta condanna veniva proposto appello dagli odierni ricorrenti: si eccepiva
dapprima l’insufficiente enunciazione del fatto che avrebbe determinato l’impossibilità di una
adeguata difesa; poi si deduceva la mancata assoluzione relativamente agli oggetti diversi
dal materiale pirico, pur citati nella rubrica; poi si chiedeva la derubricazione nel reato di cui
all’art. 678 cod.pen.
Con sentenza in data 12.11.2014 la Corte di Appello di Torino , in parziale riforma, riduceva
la pena ad anni uno e mesi sette di reclusione ed € 3.750,00 di multa, con pena sospesa. Si
riteneva innanzitutto che il capo di imputazione aveva fatto chiaro ed esplicito riferimento
all’accusa di detenzione e porto di congegni esplosivi, sia pure menzionando altri oggetti,
ma ciò non aveva leso la possibilità di capire quale fosse l’accusa. Quanto alla mancata
assoluzione per gli oggetti diversi dal materiale pirico, osservava la Corte di Appello che la
motivazione della sentenza appellata faceva emergere con chiarezza che la condanna era
riferita esclusivamente al materiale esplodente, per cui, difettando una condanna per altri
oggetti, non poteva esaminarsi una richiesta di assoluzione. Quanto al materiale pirico, la
Corte di Appello concordava con la qualificazione datane in primo grado: richiamando le
deposizioni dei consulenti tecnici, si rilevava che, relativamente ai petardi sequestrati, la
loro deflagrazione a breve distanza poteva essere letale o quanto meno provocare gravi
lesioni, per come era emerso in una prova sperimentale; quanto ai razzi sequestrati, essi
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come un ambiente angusto che contenesse un quantitativo notevole di siffatto materiale.

avevano una carica di lancio in grado di proiettarli sino ad una altezza di 50 metri; i tubi in
PVC potevano essere utilizzati come lanciarazzi poiché erano chiusi ad una estremità da
nastro adesivo e le prove sperimentali avevano dimostrato che era sufficiente, a questo
scopo, accenderne la miccia e collocare i razzi nel tubo, da dove venivano scagliati ad una
velocità di circa 40-50 Km/h; peraltro, l’esame di alcuni tubi aveva mostrato in essi
agglomerati di potassio e cloro, indicativi del fatto che erano già stati utilizzati per il lancio
di razzi e che il loro materiale sigillava le fiamme all’interno, non bruciando e non facendo

nel corso delle quali vi era stato un siffatto uso di quegli strumenti. La Corte di Appello
quindi riteneva che il materiale sequestrato fosse finalizzato ad essere usato nell’ambito di
manifestazioni analoghe ad altre recenti e connotate da violenza verso le forze dell’ordine;
deduceva parimenti che, anche se la tipologia degli artifizi escludeva che potessero
esplodere tutti simultaneamente, tuttavia era comunque possibile una deflagrazione
contestuale di molti di loro, con effetti di micidialità per chi si trovasse vicino al punto di
scoppio: in altri termini, se uno dei petardi fosse esploso, non era detto che gli altri
esplodessero insieme ad esso, ma se fossero state accese insieme tutte le micce vi sarebbe
stata un’esplosione unica. La Corte di Appello rilevava, poi, che le differenti conclusioni dei
consulenti tecnici della Difesa degli imputati si mostravano poco convincenti e non sostenute
da prove sperimentali, prove che invece sorreggevano le conclusioni del consulente tecnico
del P.M., come nel caso dei razzi in sequestro, di cui veniva dimostrata la micidialità in caso
di lancio dal tubo in PVC (ad una distanza di 8 metri era stata sbriciolata una tavola di legno
di 6 mm di spessore e vi era comunque la notevole possibilità di provocare incendi alle cose
e gravi ustioni alle persone), il quale permetteva anche una discreta possibilità di puntare il
bersaglio, come dimostrato dalle prove (ne era risultata l’ampia possibilità di orientare il
tubo e di centrare una sagoma umana a 15/20 metri di distanza). La Corte di Appello
condivideva poi anche il ragionamento del Giudice di primo grado relativo alla quantità di
materiale stipato in una vettura utilitaria in movimento, con grande possibilità di incendio a
causa del carburante dell’auto, della benzina in bottiglia e della “diavolina”: a ciò si
aggiungeva l’accertata micidialità dei razzi e dei petardi, se usati in chiave offensiva, per cui
si concludeva per la correttezza dell’imputazione di detenzione e porto di materiale
esplosivo. In ordine al trattamento sanzionatorio, si rilevava l’incensuratezza degli imputati,
il corretto atteggiamento processuale, il rispetto della misura cautelare loro applicata e si
decideva per una diminuzione della pena inflitta.
Avverso detta sentenza proponevano ricorso gli interessati a mezzo del loro Difensore,
deducendo ex art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod.proc.pen. erronea applicazione della
legge penale ed illogicità o contraddittorietà della motivazione, sul punto della qualificazione
giuridica dei reati. Si rilevava che alla base della condanna vi erano stati due assunti e cioè
la concentrazione del materiale in un unico luogo e il suo possibile utilizzo in chiave
offensiva.
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ustionare chi lo utilizzasse; ed ancora, si richiamavano precedenti manifestazioni di protesta

In ordine al primo punto si evidenziava che l’esame andava limitato ai razzi ed ai petardi
che erano prodotti pirotecnici e si richiamava molta giurisprudenza di legittimità, facendo
notare che la Corte Suprema, quando aveva rigettato ricorsi su analoghi fatti, aveva sempre
esaminato fattispecie con quantità di materiale pirotecnico molto superiori a quello del
processo de quo, nell’ordine di vari quintali; al contrario, era stata ritenuta dalla Corte
Suprema corretta la qualificazione di cui all’art. 678 cod.pen. nei casi di detenzione in unico
luogo di pochi chilogrammi di materiale pirico, come appunto nella fattispecie, giacchè si

particolare capacità offensiva: si sosteneva che ciò era avvenuto anche in presenza di
trasporti di poco materiale pirico in autoveicoli, e quindi con serbatoi contenenti carburante.
In ordine al secondo punto, si affermava che la Corte di Appello aveva dedotto la micidialità
del materiale dal suo possibile utilizzo contro le forze dell’ordine, che peraltro veniva arguito
da altre precedenti manifestazioni senza che vi fosse alcun elemento concreto che
consentisse una simile deduzione; si contestava poi che si potesse realmente utilizzare i tubi
in PVC come lanciarazzi e, in ogni modo, i razzi stessi erano costruiti per essere lanciati ma i
tubi in PVC non ne aumentavano la capacità offensiva: e comunque un tubo del genere
poteva usarsi dopo essere stato piantato sul terreno ma non usato come un fucile, a meno
che non il lanciatore non fosse disposto ad ustionarsi con i gas che fuoriuscivano,;quanto ai
petardi, la loro stessa modalità costruttiva ne impediva l’esplosione per simpatia con altro
scoppio e pertanto una esplosione simultanea per scoppio di un singolo era improbabile,
anche a motivo della poca polvere nera in essi contenuta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi devono essere rigettati perché infondati: la trattazione dei motivi sarà unitaria,
atteso che essi sono unici per entrambi gli imputati.
Per come già evidenziato in precedenza, nel corso di attività di controllo di manifestanti
che si radunavano per contestare i lavori di realizzazione della linea dell’alta velocità
ferroviaria in Piemonte, la polizia giudiziaria aveva modo di notare che alcune persone
stavano collocando del materiale all’interno di una vettura Yaris; giacchè la tipologia di
materiale caricato (copertoni di autovetture) si collegava alla tipologia di manifestazioni
che erano divenute ricorrenti (con i contestatori impegnati in scontri con le forze
dell’ordine, nel corso dei quali era stato notato l’utilizzo di copertoni di vetture ai quali
veniva dato fuoco per una più efficace destinazione al blocco di sedi stradali, con
conseguente difficoltà di movimento per i mezzi di polizia), aveva inizio una ricerca della
vettura ai fini del controllo della medesima; la ricerca aveva modo di constatare che la
vettura de qua si muoveva all’interno di un vero e proprio “corteo” di altre vetture che la
scortavano, precedendola alcune e seguendola altre. Il pronto intervento della polizia
giudiziaria riusciva ad impedire alla Yaris di dileguarsi e le operazioni di sequestro
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trattava di poco più di 4 chilogrammi, che, per modestia e qualità, non potevano avere

consentivano di reperire il materiale prima descritto: più in dettaglio, e per quanto qui
interessa, si trattava di 21 artifici pirotecnici, 42 razzi pirotecnici, 100 petardi del tipo
Mega, sei tubi in PVC con una estremità chiusa da nastro isolante, pacchi di accendi-fuoco
noti come “diavolina” e 5 bottiglie in plastica contenenti benzina (per un quantitativo di
oltre 4 chilogrammi di materiale pirico).
Si è scritto supra l’entità della pena inflitta agli imputati e si sono riportate le ragioni che
hanno indotto dette condanne.

sostanzialmente, in due argomentazioni: 1) la natura del materiale sequestrato, che per
quantità, collocazione e qualità, sarebbe stato privo dei requisiti di micidialità propri delle
sostanze esplosive, con conseguente inquadramento di detto trasporto nella fattispecie di
cui all’art. 678 cod. pen., non contraddetta dalla natura del medesimo né dalla sua
concentrazione in un piccolo vano portabagagli adiacente il serbatoio della benzina; 2) la
prospettazione di una micidialità del materiale stesso, desunta dalla finalità di utilizzo in
manifestazioni di protesta: si sostiene che questa finalità non poteva essere ricavata da
alcun elemento emerso nel processo e si ripercorrono le conclusioni delle consulenze
tecniche del P.M., contraddicendone gli esiti.
§ 1. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
Nel ricorso si contesta la qualificazione del fatto di cui all’imputazione, invocando una
diversa valutazione che condurrebbe a ritenere sostanziato il reato di cui all’art. 678
cod.pen. , sull’assunto che si tratterebbe di giuochi pirici, da qualificarsi non già come
materiale esplosivo ma come materiale esplodente, come tale privo del requisito della
micidialità – ossia dell’attitudine a produrre la morte – che costituisce, secondo l’indirizzo
ormai consolidato e prevalente nella giurisprudenza di legittimità, l’elemento
caratterizzante e discriminante la fattispecie delittuosa prevista dalla Legge n. 497 del
1974, artt. 10 e 12 (che hanno sostituito la L. n. 895 del 1967, art. 2 e 4), rispetto a
quella contravvenzionale prevista dall’art. 678 cod. pen., che ha carattere meramente
sanzionatorio dell’inosservanza degli obblighi amministrativi previsti dal TULPS e dal
relativo regolamento e che, in conseguenza della novazione legislativa operata con la
Legge n. 895 del 1967, concerne attualmente la detenzione abusiva di quelle materie e
sostanze esplodenti non aventi la predetta caratteristica di micidialità.
Ma questa prospettazione va respinta: questa Corte, invero, ha già avuto più volte
occasione di affermare (Sez. 1, 09/5/1995, Perri, Rv 201469; Sez. 1, 11/12/1992, P.M. in
proc. Russo, Rv 195931; Sez. 1 n° 12100/2000, Rv 217348) che l’elemento della
micidialità, che distingue la menzionata fattispecie di cui alla Legge n° 497/1974 da quella
di cui all’art. 678 cod.pen., può derivare anche dalla concentrazione di materiali che
singolarmente considerati tale caratteristica non possiedono.
Il dato fattuale emerso nel processo (e cioè la collocazione di diversi chilogrammi di
materiale pirico – e quindi la detenzione ed il porto di esso – all’interno di un piccolo vano
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Ora va rilevato che i ricorrenti muovono ragioni di doglianza che si articolano,

adiacente ad un serbatoio di benzina) contrariamente a quanto opinato nel ricorso, non
risulta determinante per ritenere senz’altro errata e contra legem la qualificazione giuridica
dei fatti contestati all’imputato.
Se è pur vero, infatti, come ricordato anche negli scritti difensivi, che è l’elemento della
micidialità, che distingue la menzionata fattispecie di cui alla Legge n. 497 del 1974 da
quella di cui all’art. 678 cod. pen., il ricorrente omette di considerare, però, che questa
Corte ha più volte e da tempo precisato, che “anche i giocattoli pirici o altre materie

circostanze acquistare tali caratteristiche, quando dalla loro concentrazione, nelle
specifiche circostanze di fatto, derivi una oggettiva ed intrinseca potenzialità di pericolo
per persone o cose, di guisa che assumano, nel loro insieme, la caratteristica della
micidialità” (così Sez. 1, Sentenza n. 4599 del 9/11/1992, dep. 02/12/1992, ric. P.M. in
proc. Stanzione, Rv. 192413; Sez.1, n° 16677 del 24.01.2011, Rv 249958); principio
questo al quale i giudici di merito espressamente risultano essersi uniformati, allorquando
hanno evidenziato che il consulente tecnico del P.M. ha effettuato prove sperimentali,
constatando che i petardi sequestrati, per il loro numero concentrato, disponevano della
potenzialità di causare un esito letale, se esplosi a breve distanza, per un essere umano o,
quanto meno, potevano provocare gravi lesioni; ed ancora, i giudici di appello hanno
riportato le prove sperimentali effettuate dal consulente tecnico del P.M. relativamente ai
razzi sequestrati, la cui carica di lancio era in grado di proiettarli sino ad una altezza di 50
metri se opportunamente collocati proprio in quei tubi in PVC trasportati dagli imputati, i
quali erano chiusi ad una estremità da nastro adesivo e si erano rivelati più che adeguati a
fungere da lanciarazzi, scagliando i razzi stessi ad una velocità di 40-50 Km/h, colpendo
una sagoma umana a circa 15/20 metri di distanza e sbriciolando una tavola di legno di
mm 6 di spessore posta ad otto metri di distanza. La Corte di Appello ha adeguatamente
motivato sugli esiti di dette prove sperimentali, richiamandone gli esiti scientifici e
sottolineando che ogni diversa e contraria deduzione dei consulenti tecnici della difesa
degli imputati non era supportata da alcuna prova sperimentale, rivelandosi così del tutto
non convincente nella dialettica probatoria: in altri termini, si è evidenziata l’effettiva
sussistenza di una situazione di pericolo, essendo di agevole comprensione che l’esplosione
del materiale avrebbe potuto comportare conseguenze di rilevante entità.
La corte territoriale ha correttamente applicato i principi di diritto dispensati da questa
Corte, secondo cui integra la fattispecie criminosa di cui alla imputazione de qua – e non il
reato contravvenzionale di detenzione abusiva di materie esplodenti- la condotta che abbia
ad oggetto materiali pirotecnici, che in determinate condizioni (quali possono essere la
quantità apprezzabile, il confezionamento, la collocazione accanto a bottiglie piene di
benzina, la concentrazione in un ambiente angusto e la prossimità a luoghi frequentati da
molte persone), costituiscono pericolo per persone o cose, sì da assumere, nel loro
insieme, la caratteristica della micidialità (Sez. 1, 24.1.2011, n. 16677, Rv 249958).
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qualificate esplodenti, non micidiali se singolarmente considerate, possono in determinate

Contrariamente a quanto opinato dalla difesa, i giudici del merito non sono incorsi in alcun
travisamento della prova, avendo correttamente recepito le evidenze acquisite da un punto
di vista fattuale. La Corte di Appello ha poi correttamente gestito anche il dato tecnico,
emerso all’esito della consulenza tecnica del P.M., che chiarì come la quantità del
materiale, la sua natura, le sue caratteristiche specifiche, le modalità di detenzione
presentavano caratteristiche assimilabili al materiale esplosivo; i giudici del merito
congruamente hanno sottolineato i dati della quantità del materiale sequestrato e la

vettura che percorreva una strada pubblica, con grave rischio di deflagrazione tale da
coinvolgere più persone.
§ 2. Il secondo motivo di doglianza è parimenti infondato.
Con esso si sostiene che la connotazione della micidialità del materiale sequestrato
sarebbe stata tratta dalla finalità dell’utilizzo del medesimo, la quale sarebbe stata
arbitrariamente individuata nello scopo di farne uso nel corso di scontri con le forze
dell’ordine.
Ma tutto ciò non risponde a quanto è scritto nella sentenza impugnata: in primo luogo, la
finalità di fare uso del materiale esplosivo sequestrato in occasione di scontri con le forze
di polizia incaricate di prestare servizio a tutela dei cantieri ferroviari non può ritenersi
arbitraria, giacchè quel dato si rinviene nelle dichiarazioni degli stessi imputati; infatti,
dalla lettura della sentenza di primo grado emerge che i ricorrenti, dopo avere ammesso di
condividere le ragioni di protesta del movimento “No Tav” e di avere già partecipato ad
altre manifestazioni di protesta, avevano chiarito che i razzi sequestrati sarebbero stati
usati nel corso di una manifestazione alla quale intendevano partecipare non soltanto per
dare maggiore visibilità alla protesta, ma anche per utilizzarli – asseritamente a scopi di
difesa – contro le forze dell’ordine le quali sarebbero intervenute per impedire loro di
danneggiare le reti di recinzione dei cantieri (scopo dichiarato della manifestazione).
In secondo luogo, questo dato non assume affatto rilevanza ai fini che qui interessano,
poiché la sentenza impugnata chiarisce che la connotazione di micidialità dell’esplosivo è
stata correttamente dedotta dal fatto che si trattasse <>. Per detta ragione è stato chiarito, ad esempio, che l’esplosione contestuale
dei petardi per simpatia sarebbe stata improbabile, ma l’accensione simultanea delle micce
degli stessi avrebbe provocato una deflagrazione unica, con le conseguenze sopra
evidenziate.
In altri termini, il riferimento all’utilizzo di razzi e petardi in chiave offensiva (mediante le
fionde ed i tubi in PVC) era puramente esplicativo ed aveva lo scopo di far comprendere
ancora di più la potenzialità lesiva del materiale sequestrato, per come avvenuto in altre
manifestazioni di protesta di analoga matrice.
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concentrazione di esso in un piccolo bagagliaio, adiacente al serbatoio della benzina di una

I ricorsi devono dunque essere rigettati ed i ricorrenti vanno condannati al pagamento
delle spese del procedimento.

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2016.

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