Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21642 del 18/12/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 21642 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VULCANICA SERVIZI Soc. coop, in persona del suo legale rappresentante;

avverso l’ordinanza del Tribunale di Lecco del 15 luglio 2017;

letti gli atti di causa, l’ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;

sentita la requisitoria del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.
Paolo CANEVELLI, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della
ordinanza impugnata;

sentito, altresì, per la ricorrente l’avv. Stefano PELLIZZARI, del foro di Lecco, il
quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

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Data Udienza: 18/12/2017

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza datata 15 luglio 2017 il Tribunale di Lecco, in funzione di
giudice del riesame dei provvedimenti cautelari reali, ha rigettato il ricorso che
Bossi Andrea, nella qualità di Amministratore unico della Vulcanica Servizi
società cooperativa, aveva proposto avverso il decreto con il quale il Gip del
Tribunale di Lecco aveva disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla
confisca diretta o per equivalente, sino alla concorrenza della somma di euro

Mosconi Giuliano e di Sarti Marco, ambedue indagati relativamente alla
violazione degli artt. 89, cpv., e 110 cod. pen. e 4 del dlgs n. 74 del 2000
perché, in concorso fra loro, il primo nella detta qualità di amministratore
della ricordata Società e sottoscrittore delle relative dichiarazioni tributarie, il
secondo come consulente fiscale della medesima, con più azioni esecutive di
un medesimo disegno criminoso, al fine di evadere le imposte sul valore
aggiunto, indicavano nelle dichiarazioni fiscali relative all’anno 2015 elementi
passivi inesistenti, omettendo di versare nella misura oggetto di sequestro la
predetta imposta, in relazione all’anno predetto, utilizzando in compensazione
crediti Iva inesistenti in quanto derivanti da costi riferibili ad operazioni
passive non effettuate.
Avverso la predetta ordinanza ha interposto ricorso per cassazione la
Vulcanica Servizi, in persona del suo legale rappresentante, assistita dal
proprio difensore fiduciario, deducendo quale unico motivo di impugnazione la
violazione od erronea applicazione della legge penale, in particolare degli artt.
12-bis del dlgs n. 74 del 2000 e 321, comma 2, e 323-ter cod. pen., in cui
sarebbe incorso il Tribunale di Lecco.
In particolare la ricorrente ha, in estrema sintesi, lamentato che il
Tribunale del riesame abbia confermato il provvedimento di sequestro
eseguito in danno della medesima, nella forma strumentale al sequestro
diretto del profitto del reato, anziché procedere al sequestro, finalizzato alla
confisca per equivalente in danno dei soli soggetti materiali autori del reato in
provvisoria contestazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.

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568.096,00, dei beni della predetta società e per equivalente dei beni di

Deve premettersi che, in sede di ricorso per cassazione proposto
avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen. ammette il
sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge.
Nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, la
mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente
apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali,
ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di

lett. e) dell’art. 606 stesso codice (cfr., per tutte: Corte di cassazione Sezione
III penale, 14 dicembre 2017, n. 55785).
Nel caso che ora interessa la ricorrente, che pure ha intestato il motivo
del proprio ricorso in guisa di motivo concernente la violazione di legge, ha, in
realtà, censurato la motivazione della ordinanza impugnata nella parte in cui
in essa, si ritiene che, sia nei reati tributari aventi quale materiale condotta
direttamente l’omesso versamento delle imposte risultanti dalla dichiarazione
presentata dal soggetto contribuente sia in quelli in cui la condotta si realizza
attraverso la falsità della dichiarazione e nei quali, pertanto, l’omesso
versamento delle imposte dovute è la conseguenza mediata della preventiva
“frode fiscale”, comunque il profitto del reato, sul quale pertanto è consentito
l’esperimento del sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, sia
costituito dal risparmio di spesa derivante, in ambedue i casi, dall’omesso
versamento delle imposte, e si materializzi, pertanto, anche nei beni finanziari
rinvenuti nelle casse o comunque nella disponibilità del soggetto contribuente,
sia esso o meno il diretto autore dell’illecito.
Fatta questa premessa ermeneutica, riproduttiva della tesi interpretativa
esposta dal Tribunale nella motivazione del provvedimento impugnato,
emerge con tutta chiarezza la inammissibilità del ricorso, posto che, per
costante giurisprudenza di questa Corte, è semmai il sequestro per
equivalente nei confronti degli autori materiali del reato che deve essere
preceduto dalla verifica della impossibilità di procedere al sequestro diretto del
profitto conseguito dal soggetto persona giuridica che si sia immediatamente
giovato dell’indebito risparmio fiscale attraverso la commissione dell’illecito.
Come, infatti, ritenuto da questa Corte è legittimo il sequestro
preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto rimasto nella
disponibilità di una persona giuridica, derivante dal reato tributario commesso
dal suo legale rappresentante, non potendo considerarsi l’ente una persona
estranea al detto reato; tuttavia al fine di poter disporre la confisca diretta del
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legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla

profitto nei confronti della persona giuridica è pur sempre necessario che
risulti la disponibilità nelle casse societarie di denaro da aggredire (Corte di
cassazione, Sezione III penale, 22 settembre 2017, n. 43816; idem Sezione
III penale, 11 febbraio 2015, n. 6205; idem Sezione III penale, 15 gennaio
2015, n. 1738).
Alla luce delle argomentazioni che precedono il ricorso proposto dalla
Vulcanica Servizi, in persona del suo legale rappresentante, deve essere

delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2017
Il Consigliere estensore

Il Presidente

dichiarato inammissibile e la ricorrente deve essere condannato al pagamento

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