Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21638 del 19/05/2016
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21638 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: FILIPPINI STEFANO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GIUDETTI MARGHERITA N. IL 14/08/1980
avverso l’ordinanza n. 725/2015 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 14/08/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO FILIPPINI;
cgbrIA-HQ 4uL,5
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. 05C.ct-&<1_41,) Uy.. Uditi difensor Avv.; '6( 19. Data Udienza: 19/05/2016 RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 14 agosto 2015, a seguito di giudizio di riesame, il
Tribunale di Reggio Calabria ha confermato l'ordinanza del GIP presso il
medesimo ufficio in data 13 luglio 2015 con la quale è stata applicata la misura
della custodia cautelare in carcere nei confronti di GIUDETTI Margherita Simona
in relazione al reato di cui all'art. 416 cod. pen. (capo A) per essersi associata
con altri soggetti allo scopo di commettere una pluralità di delitti connessi alla dedite all'acquisizione di licenze e concessioni governative che servivano ad
occultare lo sviluppo di attività di giochi e scommesse a distanza che operavano,
aggirando la normativa nazionale di settore, quella fiscale e quella antiriciclaggio. E così, consumavano reiterati reati di esercizio abusivo di attività di
gioco e scommesse (art. 4 I. n. 401/1989), omessa dichiarazione dei redditi ed
IVA (art. 5 d.l. n. 74/2000), truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640,
comma 2 n. 1 cod. pen., in relazione alle artificiose rappresentazioni volte a non
corrispondere all'Erario la tassa prescritta per l'esercizio delle attività di giochi e
scommesse), trasferimento fraudolento di valori (in relazione alle reiterate
intestazioni fittizie di imprese e società, volte ad occultare l'infiltrazione
nell'organizzazione dei soggetti parte della ‘ndrangheta e di consentire l'autoriciclaggio delle somme derivanti dalla distribuzione promiscua di giochi e
scommesse a distanza muniti di regolare concessione e di altri che ne erano privi
ed erano, perciò, molto più remunerativi), riciclaggio e reimpiego dei proventi di
delitto (art. 648 bis e ter cod. pen.). In particolare, strutturavano
l'organizzazione secondo una catena gerarchica che dai capi, promotori e
costitutori, era impegnata: -sul territorio estero per l'acquisizione delle licenze,
la gestione amministrativa e finanziaria, la predisposizione dei server e dei
software, la manutenzione, lo sviluppo e l'aggiornamento tecnico-informatico; sul territorio nazionale, invece, per la diffusione commerciale dei brand gestiti
dall'organizzazione, la raccolta fisica del denaro, il trasferimento all'estero, la
concessione di fidi alle singole sale giochi e scommesse, la risoluzione di
problematiche tecniche-informatiche, la stipula di alleanze grazie alle quali,
l'organizzazione, infiltrandole, si giovava del contributo e delle strutture
informatiche concesse da Agile s.r.I., Tuke s.r.I., Microgame s.p.a. e People s.r.I.:
associazione che operava unitariamente sino a tutto il 2011 e si separava, poi, in
due gruppi: il primo operante principalmente tramite la Uniq Group Ltd, gestita
da una società di fatto con a capo Gennaro Mario, il secondo operante
principalmente tramite la Teberal Ltd e la Betsolution4U Ltd, gestite da una gestione illecita d'imprese, in parte attive in Italia, in parte stanziate all'estero, società di fatto con a capo Lagrotteria Domenico; tutte le suddette imprese
formalmente partecipate da altre società, anche fiduciarie, stanziate all'estero,
riconducibili alla GVM Holding Ltd, partecipata dalla MRR Service Ltd, il cui
capitale sociale è interamente detenuto da Gonzi David. La Giudetti quale
costitutrice della società di fatto operante tramite la Uniq Group Ltd, Uniq Group
Buchmacher Gmbh, ed organizzatore, in qualità di componente il gruppo
dirigente dell'associazione insediato a Matta. Fatti aggravati in quanto funzionali In Reggio Calabria ed altri luoghi, accertata dal 2010 e con condotta attuale.
La misura era applicata anche in relazione al capo H, in concorso con altri
soggetti, artt. 81 cpv., 110 c.p., 4, commi I e 4-bis, legge n. 401/1989, poiché,
in concorso morale e materiale tra loro, tramite le posizioni ed i ruoli associativi
descritti al capo a) dell'imputazione, con più atti esecutivi di un medesimo
disegno criminoso, costituivano e gestivano sul territorio nazionale una rete di
C.T.D. a marchio BetuniQ - operanti per conto del bookmaker maltese Uniq
Group Ltd - attraverso i quali, simulavano un'attività di trasmissione dati relativi
alla raccolta "on line" delle scommesse ovvero l'esercizio del gioco e scommessa
solo su siti on-line regolarmente autorizzati; e così, invece, esercitavano - di
fatto ed abusivamente l'organizzazione del gioco e delle scommesse " da banco",
accettando, direttamente, la conclusione del relativo rapporto contrattuale e,
quindi, procedendo alta raccolta detta posta giocata dal cliente (o la sua
promessa) ed al pagamento della eventuale relativa vincita, in assenza delle
previste concessioni e autorizzazioni ovvero con modalità difformi da quelle
previste, per un importo almeno pari a €. 9.969.075,82 (valore dei soli flussi
bancari accertati). In particolare:
GIUDETTI Margherita, in qualità di componente il gruppo dirigente
dell'associazione insediato a Malta e operante tramite a Uniq Group Ltd, Uniq
Group Buchnnacher Gmbh, partecipava attivamente, fornendo un necessario
contributo causale, con apertura di centri scommesse a marchio BettuniQ in
Italia e all'estero nonché alle attività di concessione di fidi e di raccolta delle
scommesse "da banco". A tal fine impartiva direttive agli associati, organizzava
le attrezzature e la piattaforma di gioco (server, data base, cali center, sito,
ecc), mettendo il tutto a disposizione dei singoli centri di raccolta. Per la
realizzazione del disegno criminoso, lo stesso sovrintendeva alle attività volte a
regolare i rapporti economici tra le agenzie di raccolta, i "master" di zona e la
Uniq Group Ltd. In Reggio Calabria, altri luoghi del territorio nazionale ed
all'estero dal 2011 al 2014. \ ad agevolare sinallagmaticannente le attività dell'associazione descritta al capo C. Era applicata anche per il capo I, per essersi associata ad altri soggetti nel reato
di cui agli artt. 81 cpv., 110, 640, 2° comma, n. 1., c.p., poiché, in concorso
morale e materiale tra loro, tramite le posizioni ed i ruoli associativi descritti al
capo A d'imputazione, con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso,
con artifici e raggiri costituiti nel simulare un'attività di semplice supporto
logistico ed informatico alla attività di raccolta "on line" delle scommesse
attraverso la creazione e la gestione di C.T.D., traevano in inganno l'Agenzia gioco e delle scommesse, accettando, direttamente, la conclusione del relativo
rapporto contrattuale e, quindi, procedendo alla raccolta della posta giocata dal
cliente (o la sua promessa), sino alla concorrenza di giocate pari ad almeno C
9.969.075,82, ed al pagamento della eventuale relativa vincita. E così,
nonostante il rapporto contrattuale di gioco e scommessa si fosse interamente
concluso in Italia, non corrispondevano (in relazione alla predetta somma
accertata, ma che deve essere stimata largamente per difetto) l'imposta Unica
sulle scommesse, quantificata in almeno C 199.381,52, con conseguente ingiusto
profitto a danno detto Stato. In Reggio Calabria ed altri luoghi del territorio
nazionale dal 2012 al 2014 .
Ricorre per Cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell'indagata,
articolando motivi che ripercorrono quelli già formulati in sede di riesame;
deduce il ricorrente :
1. Vizio di motivazione per omessa o errata valutazione della prova - Manifesta
illogicità della motivazione . Invero, il Tribunale non avrebbe rovveduto a
valutare tutte le risultanze processuali, limitandosi a verificare l'astratta
configurabilità del reato secondo l'iter logico del GIP; avrebbe anche dovuto
esaminare l'elemento psicologico.
Invece, non si tiene conto del dato temporale relativo al contratto di lavoro della
Giudetti (pugliese di nascita ed estranea agli ambienti calabresi), che solo il
2.12.2013 è stata assunta dalla Uniq Group Limited, proprietaria della BetuniQ ,
con mansioni amministrative interne in tema di risorse umane, senza alcuna
competenza per l'estero . Dunque, non può essersi associata con i coimputati sin
dal 2010. Prima di tale assunzione ha operato presso altro booknnaker estero con
sede in Austria. La Giudetti si è inserita in una struttura già avviata; è stata
assunta per le sue pregresse esperienze ed era convinta che le attività fossero
lecite , come riconosciuto in Italia per altro operatore di CTD, la Goldbet o come
avvenuto per la Uniq Group che ha ottenuto la sospensiva dal Consiglio di Stato
rispetto alla esclusione dal c.d. "bando Monti" in attesa della pronuncia della 3 delle Entrate e l'Erario Nazionale gestendo di fatto la raccolta "da banco" del Corte di Giustizia Europea. Né può ritenersi, come fa il TDL, che l'indagata sia
una dei soci di fatto della compagine associativa, aspetto di cui non vi è prova ,
come assenti sono eventuali riscontri contabili. Il modus operandi della Uniq
Group è lecito; i CTD collegati hanno avanzato alla Questure di tutta Italia
specifiche istanze di autorizzazione di PS e la questione della mancata
autorizzazione nell'ambito del "bando Monti" è stata sollevata dinanzi alla Corte
di Giustizia. La società madre ha sede a Malta e ha operato nella legalità. Il TDL contenzioso giurisdizionale, da considerare risolto nei termini della legittimità del
loro operato. La sentenza 16.2.2012 della Corte UE nelle cause Costa-Cifone ha
affermato l'illegittimità della esclusione dei CTD legati ad operatori
illegittimamente esclusi dalle gare per le concessioni e la Corte di cassazione ha
disapplicato la normativa italiana di cui all'art. 4 della legge 401/1989. L'art. 416
c.p., comunque, non opera in relazione a reati contravvenzionali.
2. Violazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. B) in relazione all'art. 7 della L. n.
203 del 1991 . Particolarmente illogica viene considerata la motivazione relativa
alla sussistenza di tale aggravante, contestata per aver favorito la cosca di cui al
capo c), dal momento che la GIUDETTI non era a conoscenza dell'apporto
arrecato e comunque di ciò non vi sarebbe prova alcuna nelle carte processuali.
Invece, il Tribunale del riesame avrebbe ritenuto estensibile oggettivamente
l'aggravante in parola anche alla ricorrente.
3. Violazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. C) in relazione agli artt. 274 e 275
c.p.p. in quanto non sarebbe stato osservato il disposto dell'art. 275, comma 3,
c.p.p. in relazione alla residualità della misura carceraria né quello dell'art. 274
in punto di esigenze cautelari laddove si richiede l'attualità del rischio di
reiterazione del reato; rischio che sarebbe escluso dal sequestro delle società e
dalla inidoneità di un computer casalingo al fine del proseguimento dell'attività
incriminata. Il pericolo di fuga sarebbe inimmaginabile per l'inesistenza di idoneo
patrimonio utile allo scopo. L'inquinamento probatorio è escluso dal sopravvenire
dei provvedimenti cautelari relativi ai coindagati e dal sequestro preventivo delle
strutture operative. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è infondato (in relazione a talune censure, in modo manifesto)
e, come tale, va rigettato.
2. In ordine al primo motivo di ricorso, relativo alla integrazione degli elementi
costitutivi dei reati ascritti e del connesso elemento soggettivo, è anzitutto 4 Q ‘\ ha omesso di rilevare che l'attività di BetuniQ e dei CTD ha costituito materia di necessario chiarire, sia pur in sintesi, i limiti di sindacabilità da parte di questa
Corte Suprema dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame sulla libertà
personale.
3.1. Secondo l'orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide e reputa
attuale anche all'esito delle modifiche normative che hanno interessato l'art. 606
cod. proc. pen. (cui l'art. 311 cod. proc. pen. implicitamente rinvia), in tema di
misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta
il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità
e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato
adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità
del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della
motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni
della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze
probatorie. Si è anche precisato che la richiesta di riesame - mezzo di
impugnazione, sia pure atipico - ha la specifica funzione di sottoporre a controllo
la validità dell'ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali indicati
nell'art. 292 cod. proc. pen., ed ai presupposti ai quali è subordinata la
legittimità del provvedimento coercitivo: ciò premesso, si è evidenziato che la
motivazione della decisione del Tribunale del riesame, dal punto di vista
strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo,
ispirato al modulo di cui all'art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi
necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su
prove, ma su indizi e tendente all'accertamento non della responsabilità, bensì di
una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, sent. n. 11 del 22/03/2000,
Audino, Rv. 215828; conforme, dopo la novella dell'art. 606 cod. proc. pen., Sez.
4, sent. n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, Rv. 237012).
3.2. Si è successivamente osservato, sempre in tema di impugnazione delle
misure cautelari personali, che il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se
denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità
della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di
diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei
fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate
dal giudice di merito (Sez. 5, sent. n. 46124 del 08/10/2008, Pagliaro, Rv.
241997; Sez. 6, sent. n. 11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv. 252178). 5 o •\\ vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in 4. Tanto premesso, in ordine al primo motivo di ricorso si rileva che lo stesso
appare manifestamente infondato e - almeno in parte - evocativo di censure in
fatto non consentite in sede di legittimità.
4.1. Il Tribunale, con motivazione del tutto congrua e priva di vizi logico-giuridici,
oltre a richiamare le considerazioni effettuate dal GIP in sede di applicazione
della misura, ha integrato quell'atto e operato valutazioni proprie in ordine a
ciascuno dei motivi di doglianza ad esso presentati, evidenziando il ruolo ed il giudici di merito hanno dato ampio conto degli indizi e delle esigenze cautelari,
con motivazione accurata e approfondita che qui di seguito si provvede a
richiamare per semplicità di esposizione.
A pag. 5 del provvedimento impugnato si trovano chiaramente evidenziate le
condotte specificamente ascritte alla ricorrente in relazione ai capi A, H e I.
Alle pagg. 6 e 7 si trovano esposte le ragioni per le quali manifestamente
inverosimili sono ritenute le deduzioni difensive attinenti alla pretesa estraneità
rispetto all'associazione e alle pag 12 e segg., laddove si richiamano anche i
pertinenti riferimenti dell'ordinanza genetica, si espongono le risultanze in base
alle quali si è giudicato rilevante, con logiche deduzioni, il ruolo della Giudetti
all'interno della società maltese (si vedano in particolare gli stralci di telefonate
trascritti alle pagg. 15 e segg.) e si colloca la stessa indagata nel gruppo delle
persone più vicine al promotore dell'organizzazione Gennaro Mario, circostanza
non incompatibile con la veste giuridica (di dipendente) formalmente attribuita al
rapporto che lega l'indagata con la società maltese Uniq Group Limited, né con i
tempi a cui risale l'assunzione. Dalle risultanze in parola è altresì desunto, pure
con logica argomentazione, la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato
associativo (pag. 25). Alla pag. 26 si affronta poi, con pertinenti richiami
giurisprudenziali, il tema della sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 7 del DL
152/1991 e della comunicazione di tale aggravante ai correi per effetto della
natura oggettiva dell'aggravante e della previsione contenuta nell'art. 59 c.p. in
tema di colposa rimproverabilità della condotta (apg. 27).
4.2. In ordine al profilo di doglianza relativo alla sussistenza della illiceità delle
attività gestite dalla società maltese, e alla relativa consapevolezza in capo
all'indagata, va osservato che costituisce ius receptum il fatto che l'attività legata
alle scommesse lecite è soggetta a concessione rilasciata dalla Amministrazione
Autonoma dei Monopoli di Stato (A.A.M.S.) e, una volta ottenuta tale
autorizzazione, deve essere rilasciata la licenza di pubblica Sicurezza di cui
all'art. 88 del TULPS , con la conseguenza che il reato di cui alla L. 13 dicembre 6 Q coinvolgimento nei fatti da parte dell'odierno ricorrente. Nel caso in esame i 1989, n. 401, art. 4, comma 4 bis (svolgimento di attività organizzata per la
accettazione e raccolta anche per via telefonica e telematica di scommesse o per
favorire tali condotte) risulta integrato da qualsiasi attività, comunque
organizzata, attraverso la quale si eserciti, in assenza di concessione,
autorizzazione o licenza ai sensi del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 88 (testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza), una funzione internnediatrice in favore di
un gestore di scommesse, a nulla rilevando l'esistenza di abilitazione in capo al Di tale regime normativo, anche al di là della previsione di cui all'art. 5 c.p., è
del tutto logico ritenere che l'indagata, quale esperta del settore, fosse
pienamente a conoscenza.
4.2.1. A seguito di diversi interventi dei Giudici europei (in particolare sentenza
Placanica e sentenza Costa - Cifone), che hanno esaminato funditus la normativa
interna per verificarne la compatibilità con quella comunitaria, la giurisprudenza
di questa Corte si è attestata nel senso di ritenere che integra il reato previsto
dalla L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 4, la raccolta di scommesse su eventi
sportivi da parte di un soggetto che compia attività di intermediazione per conto
di un allibratore straniero privo di concessione.
Qualora il bookmaker estero sia provvisto di concessione, la precedente condotta
è ugualmente sussumibile nel modello legale descritto dalla L. n. 401 del 1989,
art. 4, in mancanza del preventivo rilascio della prescritta licenza di pubblica
sicurezza richiesta ai sensi dell'art. 88 T.U.L.P.S..
4.2.2. Tuttavia, poiché le autorizzazioni di polizia sono rilasciate unicamente ai
titolari di una concessione, irregolarità commesse nell'ambito della procedura di
concessione di queste ultime vizierebbero anche la procedura di rilascio di
autorizzazioni di polizia, la cui mancanza non potrà perciò essere addebitata a
soggetti che non siano riusciti a ottenere tali autorizzazioni per il fatto che il
rilascio di tale autorizzazione presuppone l'attribuzione di una concessione, di cui
i detti soggetti non hanno potuto beneficiare in violazione del diritto dell'Unione
(sentenza Placanica, punto 67).
4.2.3. Ne consegue che, in mancanza della concessione e della licenza, per
escludere la configurabilità della fattispecie incriminatrice, occorre la
dimostrazione che l'operatore estero non abbia ottenuto le necessarie
concessioni o autorizzazioni a causa di illegittima esclusione dalle gare
(Sez. 3, sent. n. 40865 del 20/09/2012, Maiorana, Rv. 253367) o per
effetto di un comportamento comunque discriminatorio tenuto dallo Stato
nazionale nei confronti dell'operatore comunitario. In siffatti casi, il giudice 7 gestore stesso (Sez. U, sent. n. 23271 del 26/04/2004, Corsi, Rv. 227726). nazionale, anche a seguito della vincolante interpretazione data alle norme
del trattato dalla Corte di giustizia CE, dovrà disapplicare la normativa
interna per contrasto con quella comunitaria.
Ed infatti, non integra il reato di cui alla L. n. 401/1989, art. 4, la raccolta
di scommesse in assenza di licenza di pubblica sicurezza da parte di
soggetto che operi in Italia per conto di operatore straniero cui la licenza
sia stata negata per illegittima esclusione dai bandi di gara e/o mancata Corte di giustizia CE, del regime concessorio interno agli artt. 43 e 49 del
Trattato CE (Sez. 3, sent. n. 28413 del 10/07/2012, Cifone, Rv. 253241).
4.2.4. I giudici europei, dopo aver delineato il contesto normativo italiano e
riassunto le questioni riguardanti i procedimenti principali da scrutinare e le
questioni pregiudiziali sottoposte al vaglio della Corte di Giustizia, hanno
affermato, per quanto qui interessa, che gli articoli 43 CE e 49 CE devono
essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che
imponga alle società interessate a esercitare attività collegate ai giochi
d'azzardo l'obbligo di ottenere un'autorizzazione di polizia, in aggiunta a
una concessione rilasciata dallo Stato al fine di esercitare simili attività, e
che limiti il rilascio di una siffatta autorizzazione segnatamente ai
richiedenti che già sono in possesso di una simile concessione e, con ciò,
legittimando il contesto normativo interno fondato sul criterio doppio
binario.
In altri termini, è stata ritenuta compatibile con le norme del Trattato CE la
disciplina prevista dall'art. 88 T.U.L.P.S., alla stregua della quale "la licenza
per l'esercizio delle scommesse può essere concessa esclusivamente a
soggetti concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o di altri enti ai
quali la legge riserva la facoltà di organizzazione e gestione delle
scommesse, nonché a soggetti incaricati dal concessionario o dal titolare di
autorizzazione in forza della stessa concessione o autorizzazione" e dal D.L.
25 marzo 2010, n. 40, art. 2, comma 1 ter, convertito con L. n. 73/2010,
in base al quale "l'articolo 88 del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza, di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni,
si interpreta nel senso che la licenza ivi prevista, ove rilasciata per esercizi
commerciali nei quali si svolge l'esercizio e la raccolta di giochi pubblici con
vincita in denaro, è da intendersi efficace solo a seguito del rilascio ai
titolari dei medesimi esercizi di apposita concessione per l'esercizio e la
raccolta di tali giochi da parte del Ministero dell'economia e delle finanze - 8 partecipazione a causa della non conformità, nell'interpretazione della Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato". La Corte di Giustizia è
pervenuta a tale conclusione (punti 21 e 23) sul rilievo che l'obiettivo
attinente alla lotta contro la criminalità collegata ai giochi d'azzardo è
idoneo a giustificare le restrizioni alle libertà fondamentali derivanti da una
normativa nazionale contenente il divieto, penalmente sanzionato, di
esercitare attività in tale settore, in assenza di concessione o di
autorizzazione di polizia rilasciata dallo Stato, purché tali restrizioni, prestazione dei servizi (sentenza Placanica, punto 42), soddisfino il
principio di proporzionalità e nella misura in cui i mezzi impiegati siano
coerenti e sistematici (v., in tal senso, sentenze Placanica e a., punti da 52
a 55, nonché Costa e Cifone, punti da 61 a 63).
"Pertanto, il fatto che un operatore debba disporre sia di una concessione
sia di un'autorizzazione di polizia per poter accedere al mercato di cui
trattasi non è, in sè, sproporzionata rispetto all'obiettivo perseguito dal
legislatore nazionale, ossia quello della lotta alla criminalità collegata ai
giochi d'azzardo" (punto 27 della sentenza Biasci).
4.2.5. Sulla stessa linea, la Corte Europea ha anche affermato, risolvendo
altra questione pregiudiziale, che negli artt. 43 CE e 49 CE devono essere
interpretati nel senso che, allo stato attuale del diritto dell'Unione, la
circostanza che un operatore disponga, nello Stato membro in cui è
stabilito, di un'autorizzazione che gli consente di offrire giochi d'azzardo
non osta a che un altro Stato membro, nel rispetto degli obblighi posti dal
diritto dell'Unione, subordini al possesso di un'autorizzazione rilasciata dalle
proprie autorità la possibilità, per un tale operatore, di offrire siffatti servizi
a consumatori che si trovino nel suo territorio" (punto 43 sentenza Biasci).
Va ricordato come, anche alla luce della sentenza della Corte di Giustizia
Europea del 12 febbraio 2012, Costa e Cifone, cause riunite C-72/10 e C77/10, questa Corte abbia riaffermato (Sez. 3, sent. n. 19462 del
27/03/2014) che non vi è incompatibilità assoluta tra fattispecie
incriminatrice ed i principi di libertà di stabilimento e di libera circolazione
dei servizi in ambito comunitario (artt. 43 e 49 Trattato CE). In particolare,
non sussiste incompatibilità, ed è quindi passibile di rilevanza penale,
l'attività del soggetto che non abbia richiesto la concessione e la licenza in
Italia o di chi, già abilitato all'estero alla raccolta di scommesse, agisca in
Italia tramite collaboratori o rappresentanti che non hanno chiesto alle
autorità nazionali le necessarie autorizzazioni (Sez. 2, sent. n. 24656 del 9 siccome comportano limitazioni alla libertà di stabilimento e alla libera 09/03/2012, P.M. in proc. De Simone, Rv. 252828).
4.2.6. La Suprema Corte (Sez. 3, sent. n. 28413 del 10/07/2012, cit.) ha
ribadito che, sulla base dei principi affermati dalla sentenza della Corte di
Giustizia, è possibile formulare un quadro interpretativo della disciplina
contenuta nel Trattato (e qui riassunto per quanto di interesse) che
contribuisce a definire l'applicazione della disciplina domestica in materia di
scommesse su eventi sportivi, presupposto della fattispecie penale, nel 1) le libertà di insediamento e di prestazione dei servizi costituiscono per il
diritto dell'Unione principi fondamentali di cui gli operatori economici
devono poter usufruire indipendentemente dal Paese membro in cui sono
insediati;
2) tali principi possono conoscere restrizioni nel campo delle attività
commerciali connesse ai giochi telematici e alle scommesse su eventi
sportivi esclusivamente quando si tratta di limiti, anche consistenti nella
previsione di un regime concessorio e di controlli di pubblica sicurezza, che
sono fondati su "motivi imperativi di interesse generale" e che rispondono a
principi di proporzionalità, non discriminazione, trasparenza e chiarezza;
3) qualora le restrizioni non rispondano ai requisiti ora ricordati, le libertà
previste dagli artt. 43 e 49 del Trattato conservano piena espansione e la
disciplina nazionale in contrasto con esse deve essere disapplicata.
Per procedere alla disapplicazione della normativa interna anche nei
confronti degli operatori comunitari, sarebbe stato necessario allora
dimostrare rispetto a quali gare si fosse dispiegato il comportamento
discriminatorio nei confronti delle predette società sotto il profilo o di
un'arbitraria esclusione oppure di un impedimento a partecipare
(nonostante la manifestata volontà) in condizione di parità con gli altri
concorrenti oppure individuare un comportamento comunque discriminatorio tenuto dallo Stato nazionale nei loro confronti.
4.2.7. E così, la mancanza di concessione rilasciata dall'A.A.M.S. comporta
l'impossibilità per l'operatore italiano o straniero di ottenere la licenza di
pubblica sicurezza di cui all'art. 88 T.U.L.P.S. ed ha, quale conseguenza,
l'esercizio abusivo del gioco di scommesse, derivando da ciò che il
soggetto, che riceve le scommesse e versa le vincite, pone in essere
un'attività commerciale in forma organizzata soggetta ad imposizione
fiscale.
4.2.8. Infine, va ricordato che, secondo l'insegnamento della 10 senso che: giurisprudenza di legittimità, con riferimento all'elemento soggettivo del
reato, la semplice esistenza di una situazione di incertezza interpretativa o
applicativa di una norma "non abilita da sola ad invocare la condizione
soggettiva d'ignoranza inevitabile della legge penale; al contrario, il dubbio
sulla liceità o meno deve indurre il soggetto ad un atteggiamento più
attento, fino cioè, secondo quanto emerge dalla sentenza n. 364/1988
della Corte Costituzionale, all'astensione dall'azione se, nonostante tutte le stessa, dato che il dubbio, non essendo equiparabile allo stato d'inevitabile
ed invincibile ignoranza, è inidoneo ad escludere la consapevolezza
dell'illiceità" (cfr., Sez. 2, sent. n. 46669 del 23/11/2011, dep. 19/12/2011,
P.G. in proc. De Masi e altri, Rv. 252197).
5. Infondato è il secondo motivo di ricorso.
Il Tribunale ha riconosciuto, con motivazione logica ed effettiva, come
l'associazione di cui al capo A) ha svolto una funzione strumentale ed
agevolatrice nei confronti dell'associazione a delinquere di stampo mafioso
di cui al capo C) per consentire alla stessa di infiltrarsi in maniera
determinante nel settore dei giochi e delle scommesse on line. Ed il modus
operandi dell'associazione, connotato da condotte di imposizione tipicamente mafiose, si manteneva costante ed identico a sé stesso anche
in seguito alla scissione dell'associazione in due gruppi distinti, di cui uno
facente capo al Gennaro ed uno facente capo al Lagrotteria.
Riconosce il Tribunale come la stabile destinazione di un gruppo di persone
(quelle di cui al capo A) dotate di una complessa organizzazione, di ruoli
ben individuati, che si accordano tra loro, predispongono mezzi e
strumenti, agiscono in esecuzione di un condiviso programma criminoso,
diviene condotta penalmente rilevante in relazione al delitto a concorso
necessario di cui all'art. 416 cod. pen.; la finalizzazione di tale condotta a
vantaggio del sodalizio mafioso di cui al capo C), sotto le direttive del
Gennaro, personaggio di vertice di entrambi i gruppi, rende pacifica
l'applicazione della contestata aggravante di cui all'art. 7 I. 12.07.1991, n.
203.
5.1. Ampiamente condivisibile è anche l'affermazione secondo la quale
deve ritenersi aggravato a norma dell'art. 7 I. n. 203/1991 il
comportamento del partecipe all'associazione di cui al capo A) nel
momento in cui la condotta commessa (ovvero la creazione di un sistema
illecito di gestione delle scommesse on line) che si nutre della forza 11 informazioni assunte, permanga l'incertezza sulla liceità o meno dell'azione intimidatrice scaturente dal sodalizio mafioso collegato, consente, in modo
chiaro ed evidente, la preservazione della ricchezza illecita accumulata dal
gruppo mafioso, il reimpiego e riciclaggio della stessa, la schermatura del
vertice del sodalizio così andando indirettamente, con la sua operatività, a
favorire l'intera associazione criminosa di cui al capo C): azione di
"favoreggiamento" del tutto consapevole in capo ai sodali o, comunque,
nello specifico con riferimento alla Giudetti, di ignoranza colpevole, e perciò dell'ordinanza impugnata).
5.2. Peraltro, quand'anche si volesse ritenere che l'associazione di cui al
capo A) abbia perseguito anche un proprio autonomo interesse, nondimeno
non può ritenersi - per ciò solo - venuta meno la configurabilità
dell'aggravante de qua, atteso che la medesima si realizza anche nel caso
in cui l'agente persegua l'ulteriore scopo di trarre un vantaggio proprio dal
fatto criminoso, purché ad esso si accompagni, come indiscutibile nella
fattispecie, la consapevolezza di favorire l'interesse della cosca beneficiata
(cfr., Sez. 5, sent. n. 11101 del 04/02/2015, dep. 16/03/2015, Platania e
altri, Rv. 262713).
Giova poi ricordare che, secondo la giurisprudenza condivisa dal collegio, nella
fase delle indagini preliminari, ai fini della applicazione di misure cautelari, per la
configurabilità dell'aggravante prevista dall'art. 7 del D.L. 13 maggio 1991, n.
152 (conv. in legge 12 luglio 1991, n. 203), è sufficiente la prova della elevata
probabilità dell'esistenza dell'associazione agevolata (Cass. Sez. 2, sent. n.
52614 del 30/09/2014, dep. 18/12/2014, Rv. 261545). A quest'ultimo proposito
il provvedimento gravato offre ampia e convincente motivazione in ordine ai
gravi indizi sui quali si fonda l'accusa relativa all'organizzazione criminale di cui
al capo c) della contestazione.
Peraltro, in relazione al punto della doglianza relativo al profilo soggettivo,
l'aggravante prevista dall'art. 7 D.L. n. 152 del 1991 (conv. in I. n. 203 del 1991)
può essere applicata ai concorrenti nel delitto, secondo il disposto dell'art. 59
cod. pen., anche quando essi non siano consapevoli della finalizzazione
dell'azione delittuosa a vantaggio di un'associazione di stampo mafioso, ma
versino in una situazione di ignoranza colpevole (Cass., sez. 2, sentenza n.
51424 del 05/12/2013 , dep. 19/12/2013, Rv. 258581). E l'ordinanza gravata
contiene ampia e non certo apparente motivazione in ordine ai profili (in primo
luogo la lunga durata dei sodalizi di cui ai capi a) e c) e della conoscenza tra il
ricorrente ed il soggetto ritenuto a capo delle due organizzazioni) per i quali è 12 rimproverabile ex art. 59, comma 2 cod. pen. (si vedano le pagg. 25 - 27 giudicata evidente la consapevolezza della natura dell'organizzazione adiuvata
dall'associazione a delinquere di cui al capo c) (si vedano, in particolare, le pagg.
23 e segg. del provvedimento gravato) .
6. Infondato è anche il terzo motivo di ricorso. Del tutto ampia e pianamente
giustificata, oltre che esente dai lamentati vizi, è la motivazione del
provvedimento in punto permanenza ed attualità delle esigenze cautelari ed
ineludibilità della misura custodia massima, con valutazioni operate non in ricorrente: di tal ché, del tutto generico e per nulla configurabile appare il
dedotto travisamento della prova. Infatti, alle pagg. 28 e segg. sono esposti i
criteri utilizzati per graduare le misure cautelari; a carico dell' indagata si sono
rilevate, in sintesi, le seguenti circostanze: -l'allarmante capacità criminale
manifestata dall'organizzazione; -capillare organizzazione di uomini e mezzi; -il
ruolo verticistico ricoperto; -l'esistenza di condotte poste in essere in modo
duraturo e programmato; -la volontà di espandere la sfera di azione, specie
all'estero, del tipo di attività svolta; - le abilità informatiche e le conoscenze dei
sistemi informativi interni alle società in questione, che possono permettere
all'indagata, anche per via solo informatica, di agire "solo con un clic" per la
prosecuzione o la gestione delle condotte delittuose.
Tale motivazione appare adeguata a spiegare la scelta della custodia cautelare in
carcere quale unica misura idonea a prevenire il pericolo di reiterazione di reati
della stessa specie alla luce dell'orientamento di questa corte, condiviso dal
Collegio, secondo il quale: «in tema di scelta e adeguatezza delle misure
cautelari, ai fini della motivazione del provvedimento di custodia in carcere non è
necessaria un'analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni
altra misura, ma è sufficiente che il giudice indichi, con argomenti logico-giuridici
tratti dalla natura e dalle modalità di commissione dei reati nonché dalla
personalità dell'indagato, gli elementi specifici che, nella singola fattispecie,
fanno ragionevolmente ritenere la custodia in carcere come la misura più
adeguata ad impedire la prosecuzione dell'attività criminosa, rimanendo in tal
modo superata e assorbita l'ulteriore dimostrazione dell'inidoneità delle
subordinate misure cautelari» (Cass., Sez. 1 sent. n. 45011 del 26.9.2003 Rv
227304). Dunque, anche l'ultimo motivo di ricorso deve giudicarsi infondato.
7. Ne consegue il rigetto del ricorso e, per il disposto dell'art. 616 cod. proc.
pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
8. Si provveda a norma dell'art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M. 13 astratto ma con riferimento concreto e specifico alla posizione dell'odierno Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Si provveda a norma dell'art. 94 disp.att.c.p.p. Così deciso in Roma il giorno 19.5.2016.