Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21637 del 19/05/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21637 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: FILIPPINI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FRANCO GIUSEPPE N. IL 11/01/1960
avverso l’ordinanza n. 776/2015 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 19/08/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO FILIPPINI;
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1e4te/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 19/05/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice del riesame avverso i provvedimenti de
libertate, con ordinanza del 10.11.2014-4.2.2015 confermava l’ordinanza di custodia cautelare
in carcere emessa dal GIP di Reggio Calabria in data 2.10.2014 nei confronti di Franco
Giuseppe per partecipazione ad associazione di stampo mafioso denominata ‘ndrangheta e, in
particolare, alla cosca Pesce insediata nel territorio di Rosarno, zone limitrofe e altrove,

dell’organizzazione: -mediante un ruolo attivo nella frode fiscale commessa, tramite la
costituzione di società cooperative di lavoro, al fine di consentire alle aziende di trasporto
affiliate alla “cosca Pesce”, (tra le quali Meridional Trasporti s.n.c. dei fratelli Franco, Universal
Transport & Shipping s.a.s., Mediterranea Trasporti di Barrigo, Stilo e D’Agostino, ditta
individuale Rachele Francesco e Rachele Trasporti s.r.I.) un ruolo attivo nel contrabbando di
gasolio, prelevandolo dalle cisterne dell’impresa Meridional Trasporti dei fratelli Franco S.n.c,
fraudolentemente sottoposto a regime agevolato.
L’ordinanza del GIP riconosceva anche la sussistenza di gravi indizi della colpevolezza del
Franco in relazione a numerosi reati fine del sodalizio mafioso di natura tributaria (art. 8 D Lgs.
N. 74/2000 e 40 D Lgs. 504/1995) aggravati dalla finalità agevolatrice dell’associazione (art. 7
Legge 2013/1991), in relazione ai quali, però, la richiesta di applicazione della misura
coercitiva veniva rigettata in considerazione della ritenuta insussistenza dell’attualità di
esigenze cautelari.
Il Tribunale di Reggio Calabria, con il provvedimento predetto, fondava il suo percorso
argomentativo sugli esiti delle indagini della Guardia di Finanza, che si riteneva avessero
rivelato l’attualità del radicamento della cosca Pesce nel territorio della piana di Gioia Tauro,
anche dopo il processo “All Inside”, nonostante l’arresto e la custodia cautelare di soggetti in
posizioni di vertice del sodalizio. Si elencavano nell’ordinanza cautelare, e poi in quella del
Tribunale del riesame, varie imprese di trasporto, specificamente indicate, che garantivano una
posizione di “sostanziale ed indiscusso equilibrio” nel settore dei trasporti nell’area del porto di
Gioia Tauro. Su tali basi, l’ordinanza elencava gli elementi sui quali si fondava il riconosciuto
quadro indiziario, costituito in primo luogo da documenti contabili acquisiti nel corso di
verifiche effettuate nelle imprese facenti capo a Franco Antonio, Domenico e Giuseppe, indicati
quali amministratori di fatto, tra le quali la Mediterranean Trasporti s.n.c., la Meridional
Trasporti s.n.c. ed altre società coinvolte nella cosca Pesce. Altri elementi venivano poi desunti
da intercettazioni telefoniche, acquisite anche da altri procedimenti, e dalle dichiarazioni dei
collaboratori di giustizia Salvatore Facchinetti e Giuseppina Pesce in relazione alla
riconducibilità delle aziende dei Franco alla cosca Pesce nonchè del collaboratore Virgilio
Cosimo in ordine alla riconducibilità della Mediterranea Container Shipping s.r.l. a Franco
Domenico. In tale contesto, si leggeva nel provvedimento di riesame, le imprese mafiose
costituivano c.d. lavanderie di danaro, attraverso l’impiego di danaro in nuovi investimenti. I

collaborando direttamente e personalmente, negli anni tra il 2006 e il 2012, al finanziamento

collaboratori di giustizia hanno riferito circostanze etero-accusatorie, che hanno trovato
riscontro in altri elementi di carattere documentale, nelle intercettazioni telefoniche e
ambientali. Tali aspetti costituivano una quadro indiziario che darebbe conto dei requisiti
richiesti per la configurabilità della partecipazione all’associazione mafiosa di Pesce Salvatore,
Rao Gaetano, Franco Antonio, Franco Domenico e Franco Giuseppe.
Il coinvolgimento di Franco Giuseppe emergeva dalla descrizione degli atti del procedimento
cautelare, in base ai quali il giudice del riesame precisava:- Franco Giuseppe partecipa

criminosa nel consentire alle società satelliti il riciclaggio del danaro illecitamente accumulato e
nel costituire cooperative di lavoro che in realtà sono mere cartiere, cui sono imputati oneri
impositivi e previdenziali poi puntualmente evasi; – le indagini hanno consentito di accertare
che Franco Giuseppe dal 2003 formalmente non ha più alcun ruolo nella compagine sociale
della Meridional Trasporti, ciononostante egli ha costituito una attività di impresa
all’organizzazione mafiosa in modo stabile con la finalità di emettere fatture per operazioni
inesistenti in favore delle aziende dei fratelli Franco, realmente operative, quale la cooperativa
Truck Drivers, al cui interno fittiziamente ne era amministratore Stilo Bruno, amministratore
anche della S.a.s. Mediterranea Trasporti, serventi ad altre società del gruppo, quale la s.r.l.
Tranz Veicom e la mediterranea Trasporti di Bonarigo e Stile ; – le indagini hanno accertato
dati significativi: Stile Bruno ha avuto un ruolo determinante nelle truffe all’erario, se si tien
conto che lo stesso è stato legale rappresentante di società in realtà non esistenti, quali la
Truck Drivers e la Global Service soc. cooperative a r.I., quest’ultima avente sede allo stesso
indirizzo ove vi è la sede delle imprese veronesi dei fratelli Franco; circostanza che dà
fondamento all’ipotesi d’accusa dell’attività di coordinamento di tali società da parte di Franco
Giuseppe; tali conclusioni trovano inoltre conferma nei risultati emersi per gli anni 2007-2010
dalle banche dati di carattere fiscale, che riportano dati in negativo quanto alla irregolarità dei
pagamenti di ritenute che risultano effettivamente operate; – tra gli elementi di collegamento
fra queste imprese facenti capo ai fratelli Franco, nel corso dell’attività investigativa sono state
accertate compensazioni nelle forniture di carburante della s.n.c. Meridional Transport e della
Traz Veicom s.r.I..
I giudici cautelari, sulla base di tali risultanze investigative, hanno ritenuto accreditata l’ipotesi
d’accusa secondo cui la costituzione fittizia di società da parte di Franco Giuseppe è finalizzata
all’emissione di fatture per operazioni del tutto inesistenti. La conclusione è che, in capo ai
fratelli Franco, vi era una univoca compagine operativa imprenditoriale volta a soddisfare gli
interessi della cosca mafiosa di appartenenza e sinergicamente diretta a consentire attività di
riciclaggio e di reimpiego di denaro illecito accumulato.
Nel corso delle indagini erano stati acquisiti block-notes con appunti vari circa le
movimentazioni effettuate tra le società. Elemento importante, si afferma nell’ordinanza, è
costituito dalle dichiarazioni rese, nel luglio 2007, dal collaboratore Facchinetti Salvatore, come
riassunte nell’ordinanza cautelare. Il riscontro a tali dichiarazioni è dato da numerosi arresti
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all’associazione della “cosca Pesce” con il ruolo di favorire direttamente l’organizzazione

effettuati negli anni successivi di persone, risultate dipendenti o comunque collegate alla
famiglia Franco, per detenzione di sostanze stupefacenti.
Quanto alle esigenze cautelari, l’ordinanza di riesame sviluppava un’ampia disamina della
giurisprudenza, attraverso la quale giungeva alla conclusione che le esigenze cautelari, in
mancanza di elementi dai quali emergesse la rescissione del vincolo associativo, non potevano
che essere adeguatamente soddisfatte con la custodia in carcere.

deducendo la violazione di legge sostanziale e in particolare dell’art. 416 bis c.p. nonché il vizio
di motivazione, sotto il profilo della manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione
ponendo in rilevo che il procedimento ha origine dal risalente procedimento “All Inside” ed
entrambi hanno a oggetto la consorteria mafiosa denominata “ndragheta” e il collegamento
con la cosca Pesce. Posto in rilievo che l’ordinanza cautelare e quella di riesame fanno
rifermento generico ai fratelli Franco senza distinguere il ruolo da ciascuno avuto nell’ambito
dell’asserita consorteria mafiosa, si deduceva che il sillogismo seguito dal giudice del riesame,
peraltro mutuato dal giudice cautelare, ha degli spiccati passaggi di illogicità, che il
ragionamento sviluppato è meramente congetturale dal momento che si è riconosciuto valore
probatorio a quanto riferito da Facchinetti Salvatore, senza tenere conto che í fatti riferiti,
risalenti all’arco temporale 1983 – 2007, costituiscono conoscenze datate che non possono
definirsi specifiche e individualizzanti. Peraltro, i fatti da provare risalgono ad anni successivi
rispetto alla conoscenze del dichiarante. Altro rilievo posto dalla difesa era il passaggio
argomentativo con il quale sono smentite le censure poste in sede di riesame, ritenendo che le
asserite attività illecite ascritte a Franco Giuseppe -quali la costituzione di cooperative di lavoro
e il contrabbando di gasolio- possano integrare la partecipazione a un sodalizio mafioso,
trattandosi di condotte non rientranti nell’ambito della fattispecie astratta prevista dall’art. 416
bis c.p..
Altro salto logico ravvisato nella motivazione era quello riferito alla circostanza della
costituzione di società volte a svolgere un ruolo servente rispetto a quelle riconducibili
all’associazione mafiosa in modo stabile e duraturo con finalità di emettere fatture per
operazioni inesistenti. Per la difesa si tratta di presunzioni e mere congetture, al pari di quelle
poste a fondamento della volontà di utilizzare il danaro in attività di reimpiego e di riciclaggio.
La conseguenza di tale assunto avrebbe dovuto comportare – là dove accredita l’ipotesi che
formalmente le attività erano svolte dalle società dei fratelli Franco ma sostanzialmente
dovevano attribuirsi alla famiglia Pesce – la contestazione del delitto di cui alla L. n. 356 del
1992, art. 12 quinquies. Il dato temporale delle attività di riciclaggio, peraltro, era riferibile
all’anno 2003 -in base a quanto emerge dalla motivazione- mentre l’imputazione di
partecipazione risale all’anno 2006. Ciò comportava che illegittimamente si riferiscono
circostanze risalenti a tre anni prima rispetto alla contestazione associativa. Ciò comportava
ancora che, nell’anno 2006, Franco Giuseppe non avrebbe potuto realizzare le condotte
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2. A fronte di tale decisione la difesa dell’indagato proponeva un primo ricorso per cassazione

ascritte, poiché era già fuori dalla Meridional Trasporti s.n.c. e aveva costituito due società a
Verona. Ulteriore inferenza era quella che escludeva ogni presenza di Franco Giuseppe
all’epoca in cui ha inizio l’associazione mafiosa, l’anno 2006, poiché Franco Giuseppe lavorava
già altrove e non avrebbe potuto conoscere le dinamiche operative dell’associazione.
Si lamentava poi violazione di legge processuale, e in particolare delle norme di cui agli artt.
273, 274 e 275 c.p.p., poiché le esigenze cautelari, riferite in via esclusiva al delitto
associativo, non tengono conto dei reati fine.

applicazione e violazione degli artt. 273 e 192 c.p.p.; erronea applicazione e violazione art.
416 bis c.p.p., sviluppando i temi specifici: a) della fonte e qualità della prova utilizzata che
consentirebbe di ritenere integrati i gravi indizi di colpevolezza per la sussistenza del delitto di
partecipazione ad associazione mafiosa; b) della possibilità di ritenere sussistente una condotta
attiva di partecipazione ad associazione mafiosa con la costituzione di una società cooperativa
con la finalità di emettere fatture per operazioni inesistenti in favore di altre aziende dei Franco
affinché potessero realizzare ingenti evasioni di imposta.
3. Con sentenza dell’11/6/2015, questa Corte di Cassazione, sezione VI, ha annullato
l’ordinanza del Tribunale del riesame, lamentando un vizio di motivazione, per essersi il
Tribunale del riesame (1) limitato ad un’elencazione di elementi che, pur costituendo particolari
di rilievo, apparivano privi di attuale collegamento con la cosca “Pesce”, solo assertivamente
ritenuta, a sua volta, ancora operante in settori diversi dal passato, quali l’utilizzo di denaro
proveniente da operazioni inesistenti effettuate da società ad essa collegate. Con tale sentenza
questa Corte ha anche evidenziato elementi ritenuti importanti, eventualmente da valorizzare
nel percorso argomentativo sollecitato nella nuova motivazione in ordine al collegamento
dell’attività del Franco con la cosca Pesce (2) : tra questi, ha indicato come importante sotto il
profilo fiscale l’assunto secondo cui la fittizia realizzazione di transazioni commerciali risulta
dalla corrispondenza che emerge dal raffronto dei dati che si ricavano dalla documentazione
extracontabile con quelli emersi dalla contabilità ufficiale dell’azienda Meridionali Trasporti
nonché dai controlli effettuati dalla Guardia di Finanza, che ha evidenziato divergenze tra i
viaggi fatturati ed i trasporti eseguiti; è stata ritenuta importante anche la sussistenza di
elementi che depongono per la non adeguatezza dei viaggi alle potenzialità ed alle capacità
dell’impresa in relazione ai mezzi posseduti ed ad alla forza lavoro impiegata, avendo
evidenziato le indagini viaggi in realtà mai effettuati negli anni 2007, 2008 e 2009. Si è
ritenuto, però, (3) difettare nel provvedimento allora impugnato un percorso logico
argomentativo che spiegasse eventuali ragioni per le quali tali elementi potessero ritenersi
dimostrativi della appartenenza alla cosca e decisivi per le attuali attività criminali della
medesima consorteria di cui si ipotizzava l’attuale sussistenza.
La sentenza di questa Corte, poi, riconosceva i riscontri che avevano ricevuto le dichiarazioni
del collaboratore di giustizia Facchinetti in ordine all’utilizzo delle imprese dei Franco da parte
dei Pesce per la movimentazione di carichi di droga, tanto che operazioni di polizia avevano
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La difesa lamentava la nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 292 c.p.p., lett. b); errata

portato all’arresto di dipendenti o appartenenti alla famiglia Franco, ma (4) rilevava la
necessità di riscontro anche in ordine al coinvolgimento dell’indagato in tali traffici ed alla
riconducibilità alla cosca Pesce.

4. Con ordinanza del 20/8/2015 il Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice del
riesame, decidendo in sede di rinvio in diversa composizione, ha rigettato il ricorso proposto
nell’interesse del Franco, confermando il provvedimento impugnato previa rielaborazione degli

5. Avverso quest’ultima ordinanza i due difensori del Franco Giuseppe hanno proposto separati
ricorsi per cassazione, sollevando i seguenti motivi di gravame:
5.1. Con il ricorso a firma dell’avv. Luca Cianferoni si lamenta in primo luogo la violazione degli
artt. 416 bis cod. pen., 273 e 627 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, per avere
operato il Tribunale del riesame un ossequio solo formale ai criteri evidenziati dalla Suprema
Corte, limitandosi a valorizzare i medesimi dati processuali già ritenuti da questa Corte privi di
adeguato supporto probatorio, senza risolvere il tema centrale della posizione del ricorrente e
del contributo da questi eventualmente fornito non già a semplici mafiosi, bensì alla
consorteria di cui si tratta, senza specificare gli elementi da cui desumere che la cosca Pesce
operava nel settore dei trasporti, non risultando alcun contatto tra il Franco e Francesco Pesce
o altro componente del nucleo familiare di questo, e valorizzando propalazioni di collaboratori
di giustizia in parte sprovviste di efficacia individualizzante, le dichiarazioni della Pesce e del
Virgilio, ed in parte, quelle del Facchinetti, prive di attualità perché provenienti da persona
divenuta collaboratore di giustizia nel 2007; le dichiarazioni sulla Meridional Trasporti sono
relative agli anni a partire dal 2006, mentre Franco Giuseppe è uscito da tale compagine
societaria sin da anni prima; comunque non verrebbe spiegata la ragione per la quale eventuali
reati, anche relativi a traffici di gasolio, costituiscano indicatori di appartenenza a consorterie
mafiose, considerando altresì i quantitativi in questione, asseritamente contenuti; né elementi
di rilievo giungono dalle intercettazioni ambientali in carcere dei colloqui di Pesce Francesco
con il fratello, dal cui tenore si coglie solo il riferimento ad un soggetto che porta i baffi ,
elemento di genericità tale da impedire qualunque gravità indiziaria; il riferimento alla cessione
fiscalmente illecita della cooperativa Truk Drivers dal Franco Giuseppe al Lobaudo nel 2003
nulla dimostra a proposito della appartenenza alla cosca Pesce, considerando altresì che la
testa di legno asseritamente utilizzata dall’indagato per gestire questa attività (tale Stilo
Bruno), nella medesima data dell’ordinanza in questione, ha visto annullare dal Tribunale
reggino l’ordinanza cautelare che lo riguardava. Con un secondo motivo si lamenta violazione
di legge, in relazione agli artt. 273, 274 e 275 c.p.p. e vizio di motivazione, risultando errato e
illogico considerare attuali le esigenze cautelari relativamente al reato associativo e giudicarle
invece sussistenti per i reati fine.

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elementi indiziari e complessa esposizione del quadro complessivo.

5.1. Con il ricorso a firma dell’avv. Francesco Gambardella si lamenta nullità dell’ordinanza per
violazione di legge in relazione agli artt. 292 lett. B), 273, 192 e 627 c.p.p. nonché 416 bis c.p.
poiché lo stesso capo di imputazione non evidenzia quale fosse il fine perseguito dal Franco
nella condotta concorsuale, atteso che la descrizione della condotta ivi contenuta appare
monca; la contestazione sarebbe invero rimasta nella forma vaga già censurata dalla
Cassazione, senza indicazione delle condotte specificamente ascrivibili all’indagato (e non
invece ai suoi fratelli) e integrative di comportamenti riconducibili al reato associativo e

considerazione, adeguata dimostrazione del dolo, che si vuole essere specifico ma,
quand’anche potesse essere solo generico, dovrebbe comunque essere diretto, non già
meramente eventuale. L’inserimento nell’associazione deve essere dinamico e funzionale,
stabile, non già occasionale o eventuale (sentenza SS.UU. Mannino). Il collaborante Facchinetti
non indica mai il Franco Giuseppe , ma solo la famiglia Franco; la attendibilità dei dichiaranti
non è valutata; i riscontri non sono individualizzanti; né non può dirsi che la Meridional
Trasporti sia una società servente in modo stabile e duraturo rispetto alla cosca Pesce, sia
riguardo al fenomeno delle false fatturazioni, sia riguardo al tema del contrabbando di gasolio,
condotte eventualmente illecite ma non univocamente indicative di partecipazioni ad
associazioni mafiose.
6. Sono state depositate note difensive dall’avv. Cianferoni in data 16.5.2016.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono infondati.
1. In ordine agli stessi giova premettere che, in merito alla integrazione degli elementi
costitutivi dei reati ascritti e del connesso elemento soggettivo, è necessario chiarire, sia pur in
sintesi, i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte Suprema dei provvedimenti adottati dal
giudice del riesame sulla libertà personale.
1.1. Secondo l’orientamento condiviso dal Collegio condivide, reputato attuale anche all’esito
delle modifiche normative che hanno interessato l’art. 606 cod. proc. pen. (cui l’art. 311 cod.
proc. pen. implicitamente rinvia), in tema di misure cautelari personali, allorché sia
denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal
Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte
Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di
legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente
conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico
dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli
elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Si è anche precisato che la richiesta di riesame mezzo di impugnazione, sia pure atipico – ha la specifica funzione di sottoporre a controllo la
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ulteriori rispetto a quelle dei c.d. reati fine; difetterebbe altresì, stante quest’ultima

validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali indicati nell’art. 292 cod. proc.
pen., ed ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo: ciò
premesso, si è evidenziato che la motivazione della decisione del Tribunale del riesame, dal
punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo,
ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal
particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente
all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza

606 cod. proc. pen., Sez. 4, sent. n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, Rv. 237012).
1.2. Si è successivamente osservato, sempre in tema di impugnazione delle misure cautelari
personali, che il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di
specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento
secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che
riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle
circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 5, sent. n. 46124 del 08/10/2008, Pagliaro,
Rv. 241997; Sez. 6, sent. n. 11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv. 252178).

2. Sempre in via preliminare giova altresì premettere, in stretta relazione alla vicenda in
esame, che , per orientamento di legittimità condiviso dal collegio, in tema di reato
associativo, la partecipazione non estemporanea dell’imputato ai reati fine che connotano il
programma criminoso dell’associazione costituisce indice sintomatico dell’intraneità dell’agente
al sodalizio criminoso. (Sez. 1, n. 29959 del 05/06/2013, Rv. 256200).
3. Alla luce di tali considerazioni introduttive è ora possibile procedere all’esame dei ricorsi,
prendendo le mosse da quello proposto dall’avv.Luca Cianferoni, il quale in primo luogo
censura il preteso ossequio solo formale ai criteri evidenziati nella vicenda in esame da parte
della Sesta sezione di questa Suprema Corte a proposito della posizione del ricorrente e del
contributo da questi eventualmente fornito alla consorteria di cui si tratta, al ruolo della cosca
Pesce nel settore dei trasporti del porto di Gioia Tauro, alla riferibilità al ricorrente delle
dichiarazioni dei collaboranti Pesce, Virgilio e Facchinetti atteso che Franco Giuseppe è uscito
dalle società in questione sin da anni prima dei fatti contestati; comunque non verrebbe
spiegata la ragione per la quale eventuali reati, anche relativi a traffici di gasolio, costituiscano
indicatori di appartenenza a consorterie mafiose, considerando altresì i quantitativi in
questione, asseritamente contenuti; né elementi di rilievo giungerebbero dalle intercettazioni
ambientali in carcere dei colloqui di Pesce Francesco con il fratello, dal cui tenore si coglie solo
il riferimento ad un soggetto che porta i baffi; il riferimento alla cessione fiscalmente illecita
della cooperativa Truk Drivers dal Franco Giuseppe al Lobaudo nel 2003 nulla dimostrerebbe a
proposito della appartenenza alla cosca Pesce, considerando altresì che la testa di legno
asseritarnente utilizzata dall’indagato per gestire questa attività (tale Stilo Bruno), nella

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(Sez. U, sent. n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828; conforme, dopo la novella dell’art.

medesima data

dell’ordinanza in questione, ha visto annullare dal Tribunale reggino

l’ordinanza cautelare che lo riguardava.
4. I limiti sopra richiamati al sindacato della Corte di cassazione precludono l’accoglimento del
motivo. Invero, all’esito del primo annullamento da parte della Cassazione, il Tribunale del
riesame ha compiuto una completa rinnovazione della disamina della vicenda alla luce del
dictum dei giudici di legittimità, provvedendo alla rielaborazione del materiale istruttorio e
giungendo a conclusioni, rispetto alla presenza dei gravi indizi e delle esigenze cautelari, che

4.1 In primo luogo il Tribunale reggino, con l’ordinanza del 19.8.2015-20.8.2015, ha
provveduto ad evidenziare il contenuto dell’ipotesi accusatoria emergente dalla non perfetta
formulazione del capo d’imputazione provvisoria, chiarendo che la condotta contestata,
seppure ampia, risulta chiaramente desumibile dalla complessiva esposizione delle risultanze
contenute nell’ordinanza genetica. Invero, il Franco Giuseppe è accusato della partecipazione
alla cosca ‘ndranghetistica Pesce per avere collaborato direttamente al finanziamento della
consorteria mediante operazioni di frode fiscale (quelle consistenti nel porre a servizio di
aziende di autotrasporto della cosca alcune cooperative di lavoratori del settore trasportistico
che operavano in violazione di legge) e di contrabbando del gasolio contenuto nelle cisterne
dell’impresa Meridional Trasporti s.n.c..
Per semplicità di esposizione è opportuno richiamare le pagine dell’ordinanza del riesame che
spiegano adeguatamente i passaggi salienti della vicenda. In detto provvedimento si illustrano:
alle pagg. 5-8 una premessa introduttiva sulla consistenza e operatività della cosca Pesce, alla
pag. 10 la ricostruzione della dinamica con la quale si sono svolte le indagini (verifiche fiscali a
Meridional trasporti snc, dei fratelli Franco, Mediterranea Trasporti snc di Stilo , Bonarrigo e
D’Agostino, ecc.), a pag. 12 le dichiarazioni dei collaboranti sull’ indagato, a pag. 14 – 16 i
verbali delle s.i.t. (con rinvio alle pagg. 262-448 dell’ordinanza genetica) dalle quali emerge
quali sono le aziende di autotrasporto riconducibili alla cosca Pesce, alle pagg. 18 e segg. la
circostanza secondo la quale le cooperative di lavoro, alle quali i “padroncini” sono affiliati,
debbono giudicarsi inesistenti o mere cartiere, alle quali la Meridional Trasporti e le altre
aziende fatturavano prestazioni inesistenti, i cui titoli dati in pagamento venivano invece
monetizzati presso esercizi commerciali da parte di persone legate alla cosca Pesce; a pag. 20
si inizia ad illustrare la vicenda della “nafta” , e cioè il contrabbando di gasolio, e da pag. 23 si
affronta il tema del ruolo di Franco Giuseppe. A proposito delle dichiarazioni del collaboratore
Facchinetti si richiama il ruolo dei fratelli Franco nelle società oggetto di verifiche fiscali; dai
colloqui in carcere si desumono il ruolo sottordinato rispetto ai Pesce, gli interessi economici
dei Pesce nella Meridional Trasporti, gli illeciti rapporti con Sibilio cui sono affidati trasporti
dalla Meridional Trasporti; emergono poi le fatture inesistenti, il fatto che la Meridional
Trasporti non crea solo profitto ma è strumento per prelevare liquidità (pag. 58), il ruolo delle
aziende veronesi nel traffico di nafta e , dunque , il coinvolgimento anche di Antonio Franco
nella vicenda. Adeguatamente motivata risulta dunque anche la parte dell’ordinanza che si
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risultano prive dei vizi denunciati.

occupa di dimostrare l’impegno della cosca Pesce nel contrabbando di gasolio. La gestione del
contrabbando da parte delle società facenti capo ai Franco risulta dimostrata sulla base del
rinvenimento di titoli di credito e documentazione extracontabile oltre che con gli elementi di
prova emersi nel procedimento “Porto Franco”. La motivazione offerta risulta rispettosa delle
indicazioni ermeneutiche offerte dalla Corte di legittimità che consentono al giudice del rinvio di
offrire una motivazione più approfondita di quella censurata che tenga conto di tutti gli
elementi di prova disponibili, sicchè non si rinviene alcuna violazione dell’art. 627 cod. proc.

ed articolata motivazione, che consente di ricostruire il ruolo ancillare della società dei fratelli
Franco, ivi comprese quelle aventi sede nel veronese e riconducibili al Franco Antonio, rispetto
agli interessi illeciti della cosca Pesce. Si tratta di una attività costante e continuativa, che
legittimamente è stata ritenuta idonea a configurare la condotta di partecipazione
all’associazione mafiosa. Non si rinvengono pertanto fratture logiche del percorso
motivazionale manifeste e decisive, sicchè il provvedimento impugnato non si presta a censure
neanche sotto il profilo del vizio di motivazione.

4.2 Dal complesso di tali risultanze, richiamando la giurisprudenza di legittimità sopra indicata
a proposito del ruolo nel reato associativo desumibile dalla partecipazione ai reati fine, può
dunque dirsi che risultano adeguatamente e logicamente esposte le risultanze gravemente
indizianti che legittimano il provvedimento cautelare di cui si discute.
5. Infondato è anche il secondo motivo con il quale si lamenta violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione alla presenza delle esigenze cautelari e alla adeguatezza della misura
custodiale massima, come adeguatamente esposte nell’ordinanza impugnata, alle pagg. 69 e
segg. . Il collegio condivide l’orientamento secondo cui qualora sia stata applicata la misura
della custodia in carcere per il delitto di partecipazione ad associazione di stampo mafioso non
è necessario che l’ordinanza cautelare motivi anche in ordine alla rilevanza del tempo trascorso
dalla commissione del fatto, così come richiesto dall’art. 292, comma secondo, lett. c), dello
stesso codice, in quanto per tali reati vale la presunzione di adeguatezza di cui al predetto art.
275, che impone di ritenere sussistenti le esigenze cautelari salvo prova contraria (Cass. sez. 3
n. 27439 del 01/04/2014, Rv. 259723). Quando si riconosce la gravità indiziaria in relazione al
reato di associazione mafiosa l’onere motivazionale gravante sul giudice in materia di
riconoscimento delle esigenze cautelari e di conseguente valutazione della adeguatezza della
cautela carceraria patisce una significativa attenuazione in quanto è limitato alla valutazione di
elementi di fatto che indichino in concreto la assenza delle esigenze cautelari. Considerata la
nota stabilità delle mafie storiche (mafia siciliana, camorra, ‘ndrangheta, sacra corona unita,
anche nelle manifestazioni delocalizzate presenti nel Nord Italia) il tempo dalla consumazione
del reato non è elemento da solo idoneo ad annullare le esigenze cautelari, ritenute dal
legislatore immanenti all’accertamento della gravità indiziaria in ordine alla condotta di
partecipazione. Del pari: quando si riconoscano i gravi indizi della partecipazione ad una mafia
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pen. Né si rinvengono vizi della motivazione: il provvedimento impugnato fornisce una ampia

storica, non può ritenersi che la presunzione di esistenza delle esigenze cautelari patisca
alcuna attenuazione conseguente alla necessita di valutare attualità e concretezza del pericolo
di reiterazione, attributi questi che sono immanenti alla associazione mafiosa. Si ritiene cioè
che gli attributi della attualità e della concretezza del pericolo di reiterazione richiesti (in
generale) dalla legge n. 47 del 2015 siano impliciti alla verifica della ragionevole probabilità di
colpevolezza ad associazioni mafiose e che dunque la (speciale) presunzione assoluta prevista
dall’art. 275 comma 3 cod. proc. pen., con la conseguente attenuazione degli oneri

In coerenza con tali indicazioni ermeneutiche il collegio di merito escludeva che vi fossero
elementi indicativi della assenza delle esigenze cautelari presunte ed applicava,
conseguentemente la massima misura cautelare.
6. Passando ora alla disamina dei motivi di ricorso proposti dall’avv. Gambardella, si rileva che
gli stessi appaiono infondati per le medesime ragioni sopra esposte.
6.1 Non ricorre la dedotta violazione di legge in relazione alla formulazione del capo di
imputazione. Il collegio aderisce all’orientamento di legittimità, del tutto prevalente, secondo il
quale il requisito della “descrizione sommaria del fatto con la indicazione delle norme di legge
che si assumono violate”, previsto a pena di nullità della ordinanza applicativa di misure
cautelari dall’art. 292, comma secondo, lett. b), cod. proc. pen., può essere soddisfatto dal
P.M. con una enunciazione anche riassuntiva delle accuse, purché vengano precisati tutti gli
elementi necessari per consentire all’indagato di difendersi adeguatamente in ordine agli
addebiti contestati. (si veda , tra le tante, Sez. 3, n. 15671 del 05/03/2014, Rv. 259432).
Nel caso di specie, la formulazione del capo di incolpazione provvisorio, seppure non
linguisticamente felice, consente ampiamente all’indagato di comprendere le accuse a lui
mosse, specie se letto congiuntamente con il ponderoso materiale istruttorio trasfuso
nell’ordinanza genetica che, come sopra accennato, chiaramente illustra la sostanza dell’accusa
rivolta, sia in relazione alla pretesa gestione di fatto delle aziende calabresi, sia in relazione a
quelle site nel territorio del nord Italia, vuoi in relazione alle attività finalizzate alla frode
fiscale, vuoi in relazione al contrabbando di gasolio.
Le argomentazioni sopra esposte evidenziano altresì, a livello di gravi indizi, la presenza degli
elementi costitutivi del reato ascritto, sicchè non può condividersi l’assunto difensivo secondo
cui non risulterebbe chiaro il fine perseguito dal Franco nella condotta concorsuale o le
condotte specificamente ascrivibili all’indagato medesimo, posto che tali elementi sono invece
chiaramente esposti.
Né carenze rilevabili in sede di cassazione emergono a proposito dell’elemento soggettivo,
posto che le citate risultanze di indagine evidenziano chiaramente, a livello di gravità indiziarla,
il ruolo servente delle aziende dei Franco, anche della Tranz Veicom s.r.l. avente sede a
Verona), rispetto alla cosca Pesce e, dunque, il relativo elemento psicologico in capo ai titolari
delle stesse. Conseguentemente, secondo le risultanze di indagine, l’inserimento
nell’associazione mafiosa risulta essere dinamico e funzionale, stabile, non già occasionale o
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motivazionali non risulti incisa dalla recente modifica normativa.

eventuale, come riferito dal collaborante Facchinetti, le cui dichiarazioni sono state riscontrate
dalle intercettazioni e dalle acquisizioni documentali, anche con riferimento alle aziende
dell’indagato non aventi sede nel territorio calabrese.
7. Al rigetto dei ricorsi consegue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna
dell’imputato che lo ha proposto al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso nella camera di consiglio del 19 maggio 2016.

Si provveda ai sensi dell’art. 94 disp. att. c. p. p. .

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