Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21633 del 15/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21633 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: D’ARRIGO COSIMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Tiozzo Rosa Fasiolo, nata il 17 gennaio 1947, e Boscolo
Willi Chio, nato il 17 febbraio 1980, nei confronti di :
– Segato Gianluca, nato il 20 maggio 1964
avverso il decreto n. 10290/2013 del G.i.p. del Tribunale di Venezia del 30 marzo 2015.
Sentita la relazione del consigliere dott. Cosimo D’Arrigo;
letta la nota del Sostituto Procuratore Generale dott. Ciro Angelillis, che
ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con decreto 30 marzo 2015 (dep. il 13 aprile 2015) il G.i.p. del Tribunale
di Venezia ha disposto l’archiviazione del procedimento penale a carico di Gianluca Segato.
Avverso il decreto ricorrono le parti offese, osservando che il provvedimento è totalmente privo di motivazione in quanto costituito da un modulo prestampato con sovrascritti solo i dati identificativi dell’indagato. Inoltre deducono
che non sarebbe stato dato loro avviso della richiesta di archiviazione.
In data 11 aprile 2016 le parti ricorrenti hanno depositato ulteriori note
difensive.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
Il primo motivo di ricorso si sostanzia in un’impugnazione per mancanza o
manifesta illogicità della motivazione, inammissibile in quanto contravviene al
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Data Udienza: 15/04/2016

limite posto dall’art. 409, sesto comma, cod. proc. pen. A mente della disposizione testé citata l’ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione solamente nei casi di nullità previsti dall’art. 127, quinto comma, cod. proc. pen.,
che concernono la violazione del contraddittorio (ex plurimis, Sez. 4, n. 22297
del 08/04/2008 – dep. 04/06/2008, P.O. in proc. Pregadio, Rv. 239889; Sez. 5,
n. 9727 del 19/09/2014 – dep. 05/03/2015, P.O. in proc. Sambrotta, Rv.
262940).
Sebbene questo rilievo sia assorbente, si aggiunge che il g.i.p., pur utiliz-

formulate dal P.M. nella richiesta di archiviazione.
Quanto al secondo motivo, deve osservarsi che l’avviso della (seconda) richiesta di archiviazione è stato notificato, ai sensi dell’art. 33 disp. att. cod. proc.
pen., all’avv. Chiara Fenzo in data 12 dicembre 2014 a mezzo fax.
Questa Corte ha già chiarito che è valida la notificazione a mezzo fax
dell’avviso della richiesta di archiviazione effettuata al difensore della persona offesa quale donniciliatario ex lege della stessa (Sez. 5, n. 6232 del 15/12/2010 dep. 18/02/2011, P.O. in proc. Izzo, Rv. 249295).
Con le note difensive dell’Il aprile 2016 le parti offese contestano di aver
ricevuto detta notifica, di cui non vi sarebbe prova. Sostengono, in particolare,
che la notifica a mezzo fax presupporrebbe una ricevuta di trasmissione ovvero
la restituzione di una copia del provvedimento comunicato controfirmato “per ricevuta”. Le stesse, tuttavia, non prendono posizione specifica sulla ricezione effettuata in data (12 dicembre 2014) e sul numero di fax al quale l’avviso è stato
inviato (04115244402) segnalate nelle note conclusive del Procuratore generale.
Invece, la notificazione al difensore dell’imputato effettuata a mezzo fax
nelle forme e nei casi previsti dalla legge è valida ed efficace quando la trasmissione del messaggio inviato al numero di utenza fornito dallo stesso difensore risulti confermata dall’apparecchio trasmittente, competendo in tal caso al difensore addurre le ragioni della mancata ricezione (Sez. 2, n. 2233 del 04/12/2013
– dep. 20/01/2014, Ortolan, Rv. 258286).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 1.500,00, così equitativamente
stabilita in ragione dei motivi dedotti.
P. Q. M.
2

zando un modulo prestampato, ha richiamato, condividendole, le motivazioni

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15 aprile 2016.

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