Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21630 del 08/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21630 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: PARDO IGNAZIO

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. IGNAZIO PARDO
sentite le conclusioni del Procuratore Generale Dott. Mario Pinelli che ha concluso
chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
Udito il difensore avv.to Anrea Dondè che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.1 Con ordinanza in data 24 dicembre 2015 il Tribunale della Libertà di Milano, in
accoglimento dell’istanza del Pubblico Ministero, applicava ad Avignano Leonardo e Romeo
Giuseppe Daniel la misura cautelare della custodia in carcere in quanto indagati dei delitti di
tentata rapina aggravata e lesioni personali aggravate in danno di Borelli Matteo.

Data Udienza: 08/04/2016

1.2 Riteneva il Tribunale della libertà che dovessero ritenersi fondate le doglianze esposte dal
Pubblico Ministero, che aveva proposto appello avverso l’ordinanza del G.I.P. dello stesso
capoluogo del 3 novembre 2015 con la quale i predetti, ritenuti sussistenti i gravi indizi di
colpevolezza in ordine ai delitti indicati, venivano sottoposti alla misura degli arresti domiciliari.
Quanto alle esigenze cautelari, il giudice della libertà in sede di appello ex art. 310 cod. proc.
pen., riteneva che le modalità di consumazione dei fatti e la personalità fortemente negativa di
entrambi gli indagati, gravati da plurimi precedenti anche specifici, dovessero fare ritenere

1.3 Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore di ufficio di
entrambi gli indagati contestando la sussistenza dei gravi indizi cautelari in ordine ai contestati
delitti e deducendo, con il secondo motivo, non sussistere le condizioni per l’applicazione della
più grave misura della custodia cautelare in carcere avuto riguardo all’osservanza di tutte le
prescrizioni connesse al regime degli arresti dorniciliari, assicurata dagli indagati nel periodo di
loro sottoposizione ed alla presenza di nuclei familiari strutturati idonei ad assicurare le
esigenze.
All’udienza dell’8 aprile 2016 le parti concludevano come in epigrafe.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

2.1 Ed infatti, in primo luogo, deve dichiararsi inammissibile il motivo con il quale è stata
dedotta l’insussistenza di gravi indizi cautelari posto che il presente procedimento risulta
attivato per iniziativa del P.M. che ha proposto appello avverso l’ordinanza del GIP che
disponeva gli arresti domiciliari avanzando istanza di adozione della più grave misura cautelare
della custodia in carcere; pertanto, il tema devoluto al giudice del riesame in fase di
impugnazione ex art. 310 cod.proc.pen., non comprendeva anche l’aspetto dei gravi indizi che
non può essere poi proposto in tale sede. E difatti va ricordato che per costante interpretazione
giurisprudenziale non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali
il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perché non devolute alla sua
cognizione (Sez. 2, n. 22362 del 23/4/2013, Rv. 255940).

2.2 Quanto al secondo motivo la doglianza è parimenti manifestamente infondata, e pertanto
inammissibile, poiché, a fronte delle specifiche argomentazioni svolte dal giudice di appello
circa la particolare gravità dei fatti commessi e la negativa personalità degli imputati, il ricorso
è del tutto generico ed aspecifico non avendo alcun rilievo l’avvenuta ottemperanza alla
disciplina degli arresti domiciliari nel periodo di sottoposizione ovvero l’inserimento in nuclei
familiari strutturati degli indagati, posto che le particolari circostanze indicate dal Tribunale in
sede di aggravamento, costituite dalla negativa personalità e dalla gravità dei fatti commessi,
dimostrano che gli elementi posti a fondamento dell’odierno ricorso dalla difesa non hanno

sussistere tutti i presupposti per l’adozione della misura maggiormente afflittiva.

comunque impedito ai ricorrenti di proseguire nella consumazione di attività delittuose seriali
sicchè gli stessi non paiono in alcun modo decisivi.
Alla luce delle predette considerazioni, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma
dell’art. 606 comma terzo cod.proc.pen., per manifesta infondatezza; alla relativa declaratoria
consegue, per il disposto dell’art. 616 cod.proc.pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una
somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
della somma di C 1.500,00 ciascuno alla Cassa delle ammende.
Si provveda ai sensi dell’art. 28 reg. esec. c.p.p..
Roma, 8 aprile 2016

Dott. Ignazio PardQ‘
IL PRESIDENTE
Dott. Matilde Cammino

equitativamente in C 1.500,00 ciascuno.

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