Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21628 del 18/02/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21628 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NAZZARO FRANCESCO N. IL 13/10/1967
avverso la sentenza n. 83/2011 TRIBUNALE di PRATO del 21/07/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;
lette/s9tfe le conclusioni del PG Dott. tal= PIERO

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Data Udienza: 18/02/2016

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
L’imputato ricorre contro la sentenza indicata in epigrafe, che, a norma degli
artt. 444 e seguenti c.p.p., ha applicato nei suoi confronti, in ordine al reato
ascrittogli, la pena concordata dalle parti, deducendo violazione di legge e vizio
di motivazione in relazione alla ritenuta legittimità della costituzione della parte
civile, all’entità della somma liquidata a titolo di spese processuali in favore
della predetta, ed al mancato proscioglimento ex art. 129 c.p.p.

epigrafe.
In data 29.1.2016 è pervenuta memoria difensiva nell’interesse
dell’imputato, a confutazione dei rilievi del PG.
All’odierna udienza camerale, celebrata ex art. 611 c.p.p., si è preso atto
della regolarità degli avvisi di rito; all’esito questa Corte Suprema ha deciso
come da dispositivo in atti.
Il ricorso è inammissibile perché assolutamente privo di specificità (in
difetto dell’indicazione di elementi in ipotesi acquisiti in atti e non considerati, o
mal considerati), e, comunque, manifestamente infondato, atteso che il giudice,
nell’applicare la pena concordata, si è adeguato all’accordo intervenuto tra le
parti,
– escludendo motivatamente, sulla base degli atti, che ricorressero i
presupposti di cui all’art. 129 c.p.p. per il proscioglimento dell’imputato. Tale
pur sintetica motivazione, avuto riguardo alla rinunzia alla contestazione delle
prove dei fatti costituenti oggetto di imputazione implicita nella domanda di
patteggiamento, nonché alla speciale natura dell’accertamento devoluto al
giudice del merito in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti che
ne consegue, appare pienamente adeguata ai parametri indicati per tale genere
di decisioni dalla ormai consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le
altre, Sez. un., n. 5777 del 27 marzo 1992, Di Benedetto, rv. 191135; Sez. un.,
n. 10372 del 27 settembre 1995, Serafino, rv. 202270; sez. un., n. 20 del 27
ottobre 1999, Fraccari, rv. 214637);

ritenendo motivatamente la correttezza della proposta qualificazione

giuridica dei fatti contestati. Deve, in proposito, rilevarsi che, per consolidato
orientamento di questa Corte di legittimità, di recente ribadito dalle Sezioni
Unite (sentenza n. 5838 del 28 novembre 2013, dep. 6 febbraio 2014, in
motivazione), in tema di patteggiamento, il ricorso per cassazione può

Con requisitoria scritta del 9.12.2015, il GPG ha concluso come indicato in

denunciare anche l’erronea qualificazione giuridica del fatto, così come
prospettata nell’accordo negoziale e recepita dal giudice, in quanto la
qualificazione giuridica è materia sottratta alla disponibilità delle parti e l’errore
su di essa costituisce errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 606, comma 1,
lett. b) cod. proc. pen. Nondimeno, l’errore sul

nomen iuris deve essere

manifesto, secondo il predetto orientamento, che ne ammette la deducibilità nei
soli casi in cui sussista l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in
accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa

prima facie erronea o strumentale la qualificazione giuridica dei fatti, così come
proposta dalle parti e positivamente delibata dal giudice a quo;

ritenendo

motivatamente la

configurabilità

del

vincolo della

continuazione;
– ritenendo motivatamente la congruità del trattamento sanzionatorio
dalle stesse parti proposto. Deve, in proposito, rilevarsi che, per consolidato
orientamento di questa Corte di legittimità, di recente ribadito dalle Sezioni
Unite (sentenza n. 5838 del 28 novembre 2013, dep. 6 febbraio 2014, in
motivazione), la censura relativa alla determinazione della pena concordata – e
stimata corretta dal giudice di merito – non può essere dedotta in sede di
legittimità, al di fuori dell’ipotesi di determinazione contra legem. Ipotesi che, di
certo, non ricorre nel caso di specie.
Quanto alle ulteriori doglianze, come osservato dal PG deve rilevarsi che, ai
fini dell’ammissibilità della costituzione di parte civile 2 rileva esclusivamente la
legitimatio ad causam e non anche la persistenza di un danno tuttora risarcibile,
la cui valutazione attiene al merito dell’azione risarcitoria e non alla
legittimazione a stare in giudizio (Cass. pen., Sez. IV, n. 40288 del 27.9.2007,
CED Cass. n. 237888: fattispecie avente ad oggetto la riconosciuta
ammissibilità della costituzione di parte civile nel giudizio di applicazione della
pena su richiesta delle parti da parte del danneggiato asseritamente già
risarcito); si è anche chiarito che la legittimazione all’azione civile nel processo
penale va verificata esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica
prospettata dalla parte a fondamento dell’azione, in relazione al rapporto
sostanziale dedotto in giudizio ed indipendentemente dalla effettiva titolarità del
vantato diritto al risarcimento dei danni, il cui accertamento riguarda il merito
della causa, investendo i concreti requisiti di accoglibilità della domanda e,
perciò, la sua fondatezza, ed è collegato all’adempimento dell’onere deduttivo e
probatorio incombente sull’attore (Cass. pen., Sez. II, n. 49038 del 21.10.2014,
CED Cass. n. 261143).

2

qualificazione presenti margini di opinabilità. Nel caso di specie, non risulta

I

Generica e manifestamente infondata è anche la ulteriore doglianza, atteso
che il ricorrente non indica in alcun modo le ragioni della asserita eccessività
della somma liquidata; peraltro, come osservato dal PG, è ricorribile per
cassazione, sotto il profilo del vizio di motivazione, la sentenza di
patteggiamento nella parte relativa alla condanna alla rifusione delle spese di
parte civile, soltanto a condizione che siano indicate, anche in modo sommario,
le ragioni di illegittimità della liquidazione e le violazioni dei limiti tariffari
relativi alle attività difensive svolte dal patrono di parte civile (Cass. pen., Sez.

dichiarato inammissibile un ricorso che – a fronte di motivazione di condanna
alle spese redatta con riferimento al contenuto di una nota presentata per altre
parti civili, aventi la medesima posizione processuale – si era limitato a
contestare l’analogia delle posizioni, senza motivare tale assunto né fornire
elementi a sostegno della pretesa erroneità della liquidazione).

La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché – apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso
determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000
n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della somma di
Euro millecinquecento in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione
pecuniaria.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro millecinquecento alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 18 febbraio 2016

Il Co

ponente estensore

Il Presidente

V, n. 9744 del 5.3.2015, CED Cass. n. 263099: fattispecie in cui la S.C. ha

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