Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21626 del 18/02/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21626 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DRISSI MOHAMED ALI’ N. IL 16/06/1983
avverso l’ordinanza n. 580/2015 TRIB. LIBERTA’ di TORINO del 29/04/2015
senita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;
le e/sentite le conclusioni del PG Dott. MARIO FRATICELLI I ext.

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Data Udienza: 18/02/2016

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
MOHAMED ALI’ DRISSI, in atti generalizzato, ricorre contro l’ordinanza
indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale del riesame di Torino ha
confermato l’ordinanza coercitiva emessa dal GIP dello stesso Tribunale in data
2.4.2015, applicativa della misura cautelare della custodia in carcere per due
furti aggravati ed una rapina aggravata (rispettivamente, capi 5.20.6.),
deducendo plurime violazioni della legge processuale e violazione dell’art. 27
Cost., con manifesta illogicità della motivazione, quanto alla scelta della misura,

considerazione dei quali le ritenute esigenze cautelari non potrebbero essere
soddisfatte attraverso l’applicazione di misure diverse e meno afflittive (ad es.,
gli arresti domiciliari con adozione di S.E.C.).
All’odierna udienza camerale, celebrata ex art. 127 c.p.p., si è preso atto
della regolarità degli avvisi di rito; all’esito, le parti presenti hanno concluso
come riportato in epigrafe, e questa Corte Suprema ha deciso come da
dispositivo in atti.
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Nel caso di specie, il Tribunale del riesame ha dettagliatamente indicato le
ragioni per le quali risultava necessaria l’applicazione della misura cautelare
della custodia in carcere (f. 18 s.), incensurabilmente valorizzando la gravità
dei fatti (compiutamente descritti, e ritenuti indicativi di articolata
predisposizione di uomini e mezzi), il ruolo di spicco assunto dal ricorrente, la
pendenza di tre procedimenti per vicende analoghe, il rinvenimento in sua
disponibilità di somme di denaro ed apparecchi tecnologici dei quali il ricorrente
– privo di una stabile e redditizia occupazione lavorativa – non ha saputo dare
giustificazione, e che si è ritenuto ricollegabili ad attività delittuose,
l’inserimento in un contesto criminale altamente organizzato e perciò
particolarmente allarmante: il pericolo di recidiva che se ne è correttamente
desunto risulta tanto intenso da non poter essere neutralizzato con
l’applicazione di misure che lascino libertà di comunicazione con i complici
ancora ignoti, con il quale il ricorrente potrebbe continuare a collaborare anche
custodendo la refurtiva (come fin qui fatto).

La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché – apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso
determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000

non essendo a dire del ricorrente indicati i motivi specifici attuali e concreti in

n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della somma di
Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
disp. att. c.p.p.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende. Si

Così deciso in Roma, udienza camerale 18 febbraio 2016

provveda a norma dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p.

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