Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21623 del 26/01/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21623 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SALVATI EMANUELE N. IL 22/09/1982
ROSSELLI GIOVANNI N. IL 14/07/1951
ROSSELLI ENZO N. IL 18/08/1986
avverso l’ordinanza n. 688/2015 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
08/09/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 26/01/2016

MOTIVI DELLA DECISIONE

ROSILLI Giovanni, R&LLI Enzo e SALVATI Emanuele, indagati per la violazione degli
artt. 474 e 648 cod. pen., ricorrono per Cassazione avverso l’ordinanza 8.9.2015

con la

quale il Tribunale della Libertà di Roma ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo di banchi del mercato di v. Sannio, box, autovetture, armadi metallici, di cui al
più preciso elenco riportato nell’epigrafe del provvedimento impugnato.
Il Tribunale con l’ordinanza impugnata ha rigettato la richiesta di revoca del provvedi-

per quanto attinente al requisito del fumus commissi delicti: l’esistenza di elementi idonei
alla configurazione astratta della violazione desumibili dalla nota informativa della Guardia di Finanza del giugno 2015, gli esiti dei sequestri di merce contraffatta effettuati dalla
polizia giudiziaria nelle data del 4.6.2015 e 26.2.2015, l’esistenza di un rapporto di strumentalità tra i beni sequestrati (box ove riporre la merce, banchi per la vendita e veicoli
per il relativo trasporto); b) per quanto attinente il periculum in mora: la concreta possibilità della agevolazione della commissione di ulteriori reati, proprio attraverso i suddetti

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rg.2)5f strumentali pregressa condotta reiterata.
17,ffivimoiraiwai1 e MEZSEVEnzo, con un unico ricorso chiedono l’annullamento del provvedimento impugnato per le seguenti ragioni, così riassunte ex art. 173 disp. att. cod.
proc. pen.
a) inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 321 cod. proc. pen. e vizio di motivazione. La difesa si duole del fatto che il Tribunale del riesame non ha proceduto ad una corretta applicazione dell’art. 321 cod. proc. pen. non avendo annullato l’ordinanza del giudice delle indagini preliminari, siccome contraddittoria in ordine alle “ritenute condizioni
legali di applicabilità dell’istituto del sequestro preventivo”;

in particolare non avrebbe

tenuto conto dei requisiti della concretezza e della attualità del pericolo che il reato possa
giungere ad ulteriori conseguenze da valutarsi in riferimento alla situazione esistente al
momento dell’adozione della misura reale., dovendo essere messo altresì in evidenza il
giudizio di pertinenzialità tra quanto sequestrato e lo illecito contestato.
b) omessa motivazione in ordine ad un punto essenziale del gravame connessa alla nullità del provvedimento. La difesa mette in evidenza di avere dedotto come il banco di vendita sequestrato fosse utilizzato per finalità lecite e non esclusivamente ai fini della consumazione di reati e si duole del fatto che il Tribunale sul punto sarebbe stato “…del tutto silente”. Di qui la difesa denuncia il provvedimento impugnato siccome viziato da motivazione apparente.

SALVATI Emanuele, a sua volta tramite il difensore, chiede l’annullamento del provvedimento impugnato sostenendo:
a) la violazione di legge, perché la motivazione del provvedimento sarebbe “apparente”.
Ad avviso della difesa il provvedimento del Tribunale del riesame sarebbe corredato da

mento cautelare reale giudicando infondati i ricorsi degli indagati, mettendo in rilievo: a)

un motivazione per relationem con la quale sarebbe stato sostanzailmente omesso il vaglio delle specifiche circostanze di fatto dedotte con l’atto di impugnazione; la ordinanza
sarebbe limitata al richiamo del contenuto dell’informativa della Guardia di Finanza del
giugno 2015. La difesa mette inoltre in evidenza che nel corso delle perquisizione effettuate dalla polizia giudiziaria, a bordo della vettura del ricorrente non sarebbe stato rinvenuto nulla.

I ricorsi, al limite della inammissibilità ex art. 581 cod. proc. pen., sono infondati e vanno rigettati.
Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il Tribunale del riesame di Roma, ha
preso in considerazione e ha verificato la esistenza degli elementi posti a sostegno dei
due punti strutturali propri del provvedimento cautelare reale (fumus commissi delicti e
periculum in mora)
Con riferimento allo aspetto del fumus commissi delictí (violazione degli artt. 648 e 474
cod. pen.) la difese dei ricorrenti non hanno sviluppato alcuna censura specifica.
Le critiche (ricondotte sub specie alla ipotesi della violazione dell’art. 125 cod. proc. pen.
a cagione di motivazione “apparente” del provvedimento impugnato) si appuntano per
contro su due aspetti materiali: l’affermata esistenza di un nesso di pertinenzialità tra
quanto oggetto di sequestro e la fattispecie oggetto di incriminazione; l’affermata esistenza del perículum in mora, deducendosi, in particolare in entrambi i ricorsi un’insufficienza generale della motivazione, perché redatta per relationem senza tenere conto
delle specifiche censure in fatto mosse con gli atti di gravame.
Va preliminarmente osservato che le ordinanze cautelari reali sono censurabili in sede di
legittimità esclusivamente per violazioni di legge (art. 325 cod. proc. pen.) fra le quali,
per costante giurisprudenza di questa Corte, non sono ricompresi i vizi della motivazione
di cui all’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. Nel caso in esame le difese sostengono
che il Tribunale romano avrebbe violato l’art. 125 cod. proc. pen., sostenendo che la motivazione dell’ordinanza sarebbe “apparente”, ipotesi questa che la giurisprudenza equipara alla fattispecie di assenza di motivazione che, a sua volta, costituisce motivo di nullità del provvedimento secondo la previsione del citato articolo 125 cod. proc. pen., denunciabile in sede di legittimità siccome da ricondursi sub specie dell’art. 606 comma 1
lett. c) cod. proc. pen. Nel caso in esame non ricorre il vizio denunciato: per motivazione
“apparente” deve intendersi quella che, attraverso espressioni puramente astratte, avulse da riferimenti al caso concreto sottoposto all’esame del giudicante, finisca con il dare
una risposta del tutto generica teoricamente adattabile a qualsiasi fattispecie astratta, e
non correlata al caso concreto.
Dalla lettura del provvedimento impugnato non si evince la patologia denunciata dalla difesa. Con motivazione succinta (ma pur sempre entro i limiti di sufficienza dei provvedi-

RITENUTO IN DIRITTO

menti giurisdizionali secondo la previsione codicistica – l’art. 546 cod. proc. pen. dispone
per una “concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata”)
il Tribunale ha dato conto: sia della esistenza del rapporto di strumentalità funzionale tra
quanto oggetto di sequestro e la tipologia di illecito commessa, sia dell’esistenza del concreto pericolo del protrarsi dell’illecita condotta, elemento quest’ultimo inevitabilmente di
tipo prognostico, ma che è stato correttamente correlato e desunto da comportamenti di
fatto (protrazione di illecite condotte in un apprezzabile lasso di tempo) che sono stati
oggetto di osservazione da parte della polizia giudiziaria.

tutti i punti previsti dall’art. 321 cod. proc. pen. Le difese dei ricorrenti, attraverso una
generica doglianza di omessa motivazione su (non specificati) punti di fatto che non sarebbero stati considerati dal Tribunale, se pur dedotti con gli atti di impugnazione o con
memorie successivamente depositate, hanno mosso censure a contenuto generico, che
si traducono in critiche sulla motivazione, senza delineare, descrivere e provare in termini
specifici e concreti ipotesi di violazione di legge.
Si deve pertanto concludere che i ricorsi vanno rigettati e che i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 26.1.2016

Sotto questo profilo il Tribunale ha quindi pienamente assolto al dovere di motivazione su

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