Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21622 del 15/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21622 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PARISI VALERIO nato il 22/02/1995 a NAPOLI

avverso la sentenza del 12/10/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO MANCUSO;

Data Udienza: 15/12/2017

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 12/10/2016, la Corte di appello di Napoli, in parziale
riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Napoli il 12/10/2015,
determinava in anni cinque, mesi sette di reclusione ed euro quattromilacento di
multa la pena inflitta a Parisi Valerio, ritenuto responsabile dei delitti di violazioni
in materia di armi, ricettazione, spari in luogo pubblico ed altro, con l’aggravante
del metodo mafioso. La decisione dei giudici di merito era fondata sulle

di taluni spari, descritto come un soggetto robusto, di circa 18-25 anni, con un
ciuffo sulla fronte, alto circa 1,80 m., abbigliato con un giubbino extra-large
bianco.
L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo la violazione di
cui all’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., per difetto di motivazione in
quanto la sentenza basa la responsabilità penale del Parisi sulla sola
testimonianza del Lucidi. In particolare, si lamenta che la descrizione fornita dal
testimone non corrisponda a quella dell’imputato. Si pone l’accento sulla
circostanza che il Lucidi faccia riferimento ad un soggetto robusto, mentre il
Parisi ha corporatura esile.
È stata depositata memoria difensiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso risulta manifestamente infondato, pur tenendo conto della
suddetta memoria difensiva.
Esso tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante
criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con
motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo
convincimento in ordine agli elementi fondativi della responsabilità dell’imputato
per i reati contestati.
Le deduzioni attinenti alla contestata conferma della responsabilità penale
riproducono, infatti, gli argomenti che sono stati prospettati nel gravame di
merito e ai quali la Corte di appello ha dato adeguate risposte. Il ricorrente
tende, invece, a provocare, esprimendo il proprio dissenso, una nuova generica
valutazione dei fatti, che si traduce in inammissibile sindacato di merito, non
esperibile per legge con il ricorso per cassazione in presenza di un discorso
giustificativo della decisione non illegittimo, né viziato da alcun profilo di
manifesta illogicità in rapporto alle evidenze disponibili.

2

dichiarazioni dell’agente penitenziario Lucidi Ernesto, il quale aveva visto l’autore

Il giudice del merito, invero, non è incorso in alcun errore di diritto, ma ha
esercitato legittimamente il proprio potere di valutazione delle risultanze
istruttorie, esprimendo il proprio libero convincimento. Il ricorrente denunzia
formalmente sia violazione di legge, sia vizi della motivazione, ma chiede, in
realtà, la rilettura del quadro probatorio e il riesame nel merito della vicenda
processuale. Tale riesame è precluso in sede di indagine di legittimità sul
discorso giustificativo della decisione, ove solo può essere appurato se la
struttura razionale della sentenza impugnata abbia una sua chiara e puntuale

logica, alle risultanze del compendio probatorio acquisito, come nel caso
concreto ora in valutazione.
Nel caso di specie il giudice di appello, senza incorrere in vizi logici o
giuridici, ritiene le dichiarazioni del Lucidi attendibili per le seguenti ragioni: la
qualifica ricoperta dal dichiarante, assistente capo nella Polizia penitenziaria; il
carattere spontaneo delle dichiarazioni; la convergenza con le risultanze
investigative. Inoltre, la Corte di appello rileva che la descrizione fornita dal
testimone si accorda all’imputato: la maggior parte delle caratteristiche
psicosomatiche riferite dal Lucidi corrispondono a quelle del Parisi, il quale è un
ragazzo giovane, alto, con capelli neri dal folto ciuffo. Con riferimento specifico al
punto relativo alla corporatura, la sentenza osserva che, secondo quanto riferito
dal Lucidi, lo sparatore indossava un giubbino bianco di taglia molto grande,
dunque è ben possibile che in lontananza l’imputato sembrasse più robusto del
normale.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la parte ricorrente deve essere
condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma
di euro 2.000,00 alla Cassa delle ammende, non essendo dato escludere – alla
stregua del principio di diritto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza
n. 186 del 2000 – la sussistenza dell’ipotesi della colpa nella proposizione
dell’impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 15 dicembre 2017.

coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole della

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