Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21612 del 10/05/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21612 Anno 2016
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

SAID Raffaele, nato a nato a Napoli il giorno 1076/1958
SAID Alberto, nato a Rimini il giorno 17/5/1980

avverso la sentenza n. 981/15 in data 10/3/2015 della Corte di Appello di
Bologna;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Marco Maria ALMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Massimo GALLI, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della
sentenza impugnata in relazione alla valutazione frazionata delle dichiarazioni
delle persone offese;
udito il difensore della parte civile F.11i Pagliarani S.r.l., Avv. Francesco DAMIANI,
che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità od il rigetto del
ricorso degli imputati. Deposita conclusioni scritte e chiede genericamente la
rifusione delle spese;
udito il difensore degli imputati, Avv. Fabio PAESANI, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 10/3/2015 la Corte di Appello di Bologna, in accoglimento
dell’appello proposto dalla parte civile F.11i Pagliarani S.r.l. ed in parziale riforma
della sentenza in data 8/3/2013 del Tribunale di Forlì che aveva mandati assolti
SAID Raffaele e SAID Alberto dal concorso nei contestati reati di truffa ed

Data Udienza: 10/05/2016

appropriazione indebita aggravati, dichiarava i predetti imputati civilmente
responsabili del reato di appropriazione indebita e per l’effetto li condannava a
risarcire il danno – da liquidarsi in separato giudizio – alla menzionata parte civile
alla quale assegnava una provvisionale di Euro 15.000.
Ricorrono per Cassazione avverso la predetta sentenza i difensori degli imputati,
deducendo:
1. Violazione dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen. per motivazione illogica con

valutazione di prove decisive a favore degli imputati o comunque contrarie a
quelle rilevate in motivazione, nonché violazione dell’art. 606, lett. b), cod. proc.
pen. in riferimento agli artt. 125, comma 3, 192, 526 comma 1, 546, comma 1,
lett. e), cod. proc. pen. (trattasi di motivi indicati separatamente nel ricorso ma
di fatto oggetto di trattazione unitaria).
Evidenzia, innanzitutto, la difesa dei ricorrenti il fatto che la Corte di appello
avrebbe concentrato la propria attenzione esclusivamente su scampoli delle
dichiarazioni dei testi BERTOZZI, GENTILINI e Stefano PAGLIARANI e non
avrebbe tenuto conto degli elementi contenuti nella originaria querela che
sarebbero stati smentiti dall’istruttoria dibattimentale.
In sostanza la Corte di appello avrebbe valutato la credibilità del PAGLIARANI
non nel suo complesso ma sulla base di singoli fatti privi di qualsivoglia elemento
di riscontro ed asseritannente smentiti dalle ulteriori risultanze processuali.
Non sarebbe stato provato il fatto che i fratelli SAID si rivolgevano ai clienti
spacciandosi come soci o titolari della azienda Pagliarani e la Corte territoriale
non avrebbe tenuto conto delle discrasie contenute nelle dichiarazioni di Imerio
PAGLIARANI e delle diverse versioni oggetto delle dichiarazioni rese dai testi
CASTAGNOLI, BERTOZZI e ROCCHI (richiamate nel ricorso).
Non sarebbe poi credibile la versione delle persone offese allorquando hanno
asserito che gli imputati vendevano a loro insaputa i beni di cui all’imputazione:
la Corte di appello ha trascurato il fatto che vi erano le telecamere che
riprendevano i luoghi di interesse e quindi che i SAID non potevano certo
pensare di agire senza essere scoperti. A ciò si aggiungono le circostanze che gli
ambienti di lavoro erano al tal punto vicini da non consentire l’effettuazione di
operazioni nascoste e, ancora, che è impensabile che gli imputati abbiano
venduto oltre un terzo della produzione totale dei beni dell’azienda senza che i
loro datori di lavoro se ne siano accorti anche perche Stefano PAGLIARANI ha
ammesso di tenere la contabilità di magazzino.

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valutazioni apodittiche, omessa valutazione del complesso probatorio, omessa

Cita, ancora, le difesa le deposizioni dei testi BETTI e PICCANTI che
smentirebbero le dichiarazioni delle persone offese.
Mancherebbe quindi un effettivo accertamento anche solo della possibilità per gli
imputati di porre in essere gli atti delittuosi dei quali sono stati accusati.
Quanto, poi, ai “moventi” delle accuse rivolte agli imputati la Corte di appello ha
trascurato il fatto che i SAID avrebbero potuto essere stati indicati quali capri
espiatori per giustificare a ‘merlo PAGLIARANI ammanchi di denaro causati dal

fiscale del quale erano stati fatti oggetto nel maggio/giugno 2006 avevano
l’esigenza di giustificare gli scompensi di magazzino causati dalle vendite in nero
e ciò in vista di possibili ulteriori accertamenti nel futuro.
In conclusione la Corte di appello non avrebbe tenuto conto del fatto che i
PAGLIARANI non hanno mentito su singoli profili ma su tutti gli elementi dagli
stessi indicati ed a ciò si aggiunge il fatto che il ragionamento seguito dalla Corte
di appello fondato sul presupposto che accertati alcuni episodi si è ritenuto
accertata la vicenda nel suo complesso non è corretto.
2. Violazione dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen. con riferimento agli artt.
192 e 194 cod. proc. pen. per erronea applicazione della valutazione frazionata
delle dichiarazioni accusatorie e per motivazione manifestamente illogica al
riguardo.
Rileva la difesa dei ricorrenti che la Corte di appello avrebbe fatto proprie le
argomentazioni contenute sul punto nell’atto di gravame della parte civile così
dando luogo ad un ribaltamento dell’onere probatorio.
La difesa sul punto degli imputati è sempre stata coerente avendo gli stessi
ammesso di ricevere pagamenti dalla clientela e di avere effettuato la consegna
delle turbine ma ciò nell’ambito di un sistema di vendite “in nero” organizzato,
diretto e controllato dai PAGLIARANI la difesa dei quali è specularmente opposta
e si fonda sulla negazione – asseritamente falsa secondo la tesi di parte
ricorrente — del predetto sistema di vendite così spingendosi ad affermare che i
SAID avrebbero intessuto a loro insaputa un mercato con la clientela
appropriandosi di merce e denaro.
3. Violazione dell’art. 606, lett. b) ed e) cod. proc. pen. con riferimento agli artt.
538 e 539 cod. proc. pen. per erronea determinazione del quantum debeatur
nonché per mancanza di motivazione al riguardo. Richiesta di sospensiva ex art.
612 cod. proc. pen.
Rileva al riguardo la difesa dei ricorrenti che è erronea la condanna generica al
risarcimento del danno e che è altresì erronea ed arbitraria la determinazione

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fratello Stefano, nonché il fatto che le persone offese a seguito dell’accertamento

della somma indicata a titolo di provvisionale fondata esclusivamente sulle
asseritamente mendaci dichiarazioni delle persone offese di non averla ricevuta.
Per tale ragione si deduce la revoca della relativa statuizione e medio tempore la
richiesta di sospensiva dell’esecuzione della provvisionale sopra indicata.
Con memoria datata 22/4/2016 la difesa degli imputati ha sostanzialmente
ribadito le argomentazioni di cui al ricorso ed ha documentato di avere versato
alla parte civile costituita la somma stabilita a titolo di provvisionale a favore

Infine, con memoria pervenuta nella Cancelleria di questa Corte in data
23/4/2016 la difesa della parte civile F.11i Pagliarani S.r.l., dopo avere ribadito le
principali emergenze processuali, ha evidenziato le ragioni di asserita
inammissibilità o comunque infondatezza di tutti i profili del ricorso degli imputati
richiedendo pronuncia in tal senso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Rileva il Collegio che la sentenza impugnata è caratterizzata da un vizio
procedurale/motivazionale che è assorbente rispetto a tutte le questioni dedotte
dai ricorrenti.
Non sfugge che l’impianto accusatorio risulta principalmente incardinato sulla
valutazione di credibilità delle persone offese in relazione alle quali la Corte
territoriale ha ritenuto di rinvenire alcuni elementi di riscontro (forse sarebbe
meglio dire “di contorno”).
Il ribaltamento della sentenza assolutoria di primo grado si è poi indubbiamente
fondato sulla mera rivalutazione di attendibilità delle persone offese ma ciò è
avvenuto senza che si procedesse ad un nuovo esame delle stesse in sede di
giudizio di appello.
Deve al riguardo essere evidenziato che le Sezioni Unite di questa Corte
Suprema anche con la recentissima sentenza in data 28/4/2016 (R:G.
19058/2014) hanno avuto modo di chiarire che “il giudice di appello, qualora
ritenga di riformare nel senso dell’affermazione di responsabilità dell’imputato la
sentenza di proscioglimento di primo grado, sulla base di una diversa valutazione
della prova dichiarativa ritenuta decisiva dal primo giudice, deve disporre la
rinnovazione dell’istruzione dibattimentale mediante l’esame dei soggetti che
hanno reso le relative dichiarazioni e ciò in ragione di una interpretazione
convenzionalmente orientata (ex art. 6, par. 3, lett. d, CEDU) dell’art. 603 cod.
proc. pen.”.

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della stessa.

Da ciò ne consegue – sempre secondo le Sezioni Unite – che “la sentenza del
giudice di appello che, in riforma di quella di proscioglimento di primo grado,
affermi la responsabilità dell’imputato sulla base di una diversa valutazione della
prova dichiarativa, ritenuta decisiva, senza avere proceduto alla rinnovazione
dell’istruzione dibattimentale, è affetta da vizio di motivazione deducibile dal
ricorrente a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in quanto la
condanna contrasta, in tal caso, con la regola di giudizio

“al di là di ogni

Infine il Supremo Collegio ha chiarito che “gli stessi principi trovano applicazione
nel caso di riforma della sentenza di proscioglimento di primo grado sull’appello
promosso dalla parte civile”.
Alla luce di quanto detto è quindi evidente il vizio della sentenza impugnata che
ne comporta la necessità di annullamento.
Poiché ci si trova in presenza di sentenza che fu pronunciata in accoglimento
dell’appello proposto dalla solo parte civile F.11i Pagliarani S.r.l. e, quindi, avente
soli effetti civili, l’annullamento della stessa deve essere effettuato ex art. 622
cod. proc. pen. con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di
appello.
Come detto la decisione di annullamento qui pronunciata assorbe tutte le
questioni dedotte dai ricorrenti.
Spese del giudizio al definitivo.
P.Q.M.
,er2/1- VD,re,
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competenteYin grado di
appello.

Così deciso in Roma il giorno 10 maggio 2016.

ragionevole dubbio” di cui all’art. 533, comma 1, cod. proc. pen.”

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