Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21605 del 15/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21605 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
FUSCO NERIO nato il 10/06/1974 a LATINA
CAUCCI EMANUELA nato il 01/05/1977 a ROMA

avverso la sentenza del 16/02/2017 del TRIBUNALE di VELLETRI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO MANCUSO;

Data Udienza: 15/12/2017

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 16/2/2017, il Tribunale di Velletri condannava Fusco
Nerìo e Caucci Emanuela, concesse le attenuanti generiche, alla pena di 200 euro
ciascuno di ammenda, avendoli ritenuti responsabili del reato ex artt. 110, 697
cod. pen., per avere in concorso fra loro detenuto in un armadio della stanza da
letto, senza farne denuncia all’Autorità, un pugnale avente lama lunga 23 cm e
due sciabole aventi rispettivamente lame di 48 e 73 cm.

per cassazione affidato a due motivi. Con il primo motivo si afferma che il giudice
del merito avrebbe dovuto escludere la punibilità ex artt. 47, 49 cod. pen.: gli
imputati sono stati condannati per il ritrovamento, dentro un armadio, di due
armi, aventi chiaramente scopo ornamentale, che la Caucci aveva ereditato dal
padre. Inoltre, non essendo le sciabole e i pugnali armi proprie, la loro
detenzione non può costituire reato. Si sostiene anche che la responsabilità del
Fusco avrebbe dovuto essere esclusa, perché costui non era a conoscenza della
presenza delle armi.
Con il secondo motivo sì deduce la scorrettezza della sanzione inflitta e
della mancata concessione dell’esclusione della punibilità per particolare tenuità
del fatto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
Per quanto riguarda le cause di esclusione della punibilità, non è
configurabile la fattispecie ex art. 49 cod. pen., avuto riguardo alle misure e alle
caratteristiche delle armi; né quella ex art. 45 cod. pen., atteso che integra il
reato

ex

art. 697 cod. pen. anche l’omessa denuncia derivante da

comportamento negligente dell’agente. Condivisibile è anche l’affermazione di
responsabilità del Fusco: il luogo in cui le armi erano custodite, infatti, rende
inverosimile che egli non fosse a conoscenza della loro presenza.
Con riferimento al secondo motivo, si rileva che la graduazione
della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le
circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di
merito, che assolve al relativo obbligo di motivazione dando conto dell’impiego
dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., con espressioni del tipo: “pena congrua”,
“pena equa”, “congruo aumento”. È sufficiente anche richiamare la gravità del
reato o la capacità a delinquere. È necessaria una specifica e dettagliata
spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga
2

L’avv. Simonetta Galantucci, in difesa degli imputati, ha proposto ricorso

superiore alla misura media di quella edittale. Nel caso di specie il
provvedimento impugnato dà puntualmente conto degli indici utilizzati ai fini
della determinazione della pena e risulta quindi immune da censure. La
mancanza delle condizioni di cui all’art. 131-bis cod. pen., emerge dal contesto
della motivazione, che descrive le modalità del fatto.
Il reato non era prescritto al momento dell’emissione della sentenza
impugnata, avuto riguardo alle sospensioni dei relativi termini per rinvii delle
udienze. Per completezza, deve notarsi che l’inammissibilità originaria

impedisce la valida instaurazione dell’ulteriore fase di impugnazione e, quindi,
non consente di affermare la prescrizione del reato, nonostante il tempo
trascorso durante la pendenza del presente giudizio di legittimità (Sez. 7, n.
6935 del 17/04/2015 – dep. 23/02/2016, Azzini, Rv. 266172).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le parti ricorrenti devono essere
condannate al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma
di euro 2.000,00 alla Cassa delle ammende, non essendo dato escludere – alla
stregua del principio di diritto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza
n. 186 del 2000 – la sussistenza dell’ipotesi della colpa nella proposizione
dell’impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibileé,ricors4 e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 15 dicembre 2017.

dell’impugnazione, per la genericità e la manifesta infondatezza dei motivi,

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