Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21604 del 15/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21604 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: D’ARRIGO COSIMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
– Ferrari Mirko, nato a Roma il 18 gennaio 1990
avverso la sentenza n. 3558/2015 emessa in data 27 maggio 2015 dalla Corte
d’appello di Roma.
Sentita la relazione svolta in pubblica udienza dal consigliere dott. Cosimo
D’Arrigo;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Enrico
Delehaye, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv. Daniela Garbini, che ha insistito nell’accoglimento
del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 27 maggio 2015 la Corte d’appello di Roma ha confermato la condanna alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione ed euro 600
di multa inflitta a Mirko Ferrari dal Tribunale capitolino, a seguito di rito abbreviato, con sentenza del 3 dicembre 2014, per i delitti di rapina aggravata e furto
aggravato.
Contro tale decisione l’imputato propone ricorso, denunciando il vizio di
motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. In particolare, la
corte d’appello avrebbe recepito pedissequamente le argomentazioni poste a sostegno della sentenza di primo grado, senza attribuire alcun rilievo agli argomenti difensivi esposti nell’atto di gravame, relativi alla scarsa valenza probatoria
delle dichiarazioni del carabiniere Pasquale Lippolis e ai dubbi in ordine al rilievo
delle impronte digitali del Ferrari.
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Data Udienza: 15/04/2016

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
Nella specie, il ricorrente in sostanza si limita a lamentarsi della circostanza che la corte d’appello non avrebbe dato credito alla propria ricostruzione dei
fatti, piuttosto che a quella dell’accusa. Si tratta, dunque, la prospettazione alternativa in punto di fatto, come tale inammissibile in sede di legittimità.
Infatti, non hanno rilevanza le censure che si limitano ad offrire una lettu-

te di cassazione si risolve sempre in un giudizio di legittimità e la verifica sulla
correttezza e completezza della motivazione non può essere confusa con una
nuova valutazione delle risultanze acquisite. La Corte, infatti, non deve accertare
se la decisione di merito propone la migliore ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v. Sez. 6, n. 36546 del 03/10/2006 – dep. 03/11/2006, Bruzzese,
Rv. 235510; Sez. 4, n. 35683 del 10/07/2007 – dep. 28/09/2007, Servidei, Rv.
237652; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007 – dep. 22/02/2007, Messina ed altro,
Rv. 235716).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 1.500,00, così equitativamente
stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15 aprile 2016.

ra alternativa delle risultanze probatorie, dal momento che il sindacato della Cor-

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