Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21602 del 15/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21602 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: D’ARRIGO COSIMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
– Zerbino Giovanni, nato a Trani (BT) il 20 aprile 1992
avverso la sentenza n. 933/2015 emessa in data 31 marzo 2015 dalla Corte
d’appello di Lecce.
Sentita la relazione svolta in pubblica udienza dal consigliere dott. Cosimo
D’Arrigo;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Enrico
Delehaye, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 31 marzo 2015 la Corte d’appello di Bari ha confermato
la condanna alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione ed euro 600 di
multa inflitta a Giovanni Zerbino dal Tribunale di Trani, a seguito di rito abbreviato, con sentenza del 18 luglio 2014, per una rapina aggravata (commessa in
concorso con altri complici giudicati separatamente) ai danni del supermercato
“Dok” di Molfetta e per aver portato fuori dalla propria abitazione senza giustificato motivo un taglierino e un coltello (armi improprie).
Contro tale decisione propone ricorso l’imputato sostenendo che la corte
territoriale altro non avrebbe fatto che appiattirsi sulla decisione di primo grado,
senza considerare una possibile ricostruzione dei fatti diversa e più favorevole
per l’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
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Data Udienza: 15/04/2016

L’aspetto controverso riguarda l’individuazione dello Zerbino come autore
materiale della rapina. L’imputato sostiene di essere estraneo alla vicenda e che
il vero rapinatore sarebbe tale Eugen Mihailov, tratto in arresto insieme a lui. A
favore di questa ricostruzione dei fatti milita il dato che, secondo uno dei Testimoni oculari della rapina, il rapinatore aveva un accento straniero. I giudici di
merito, tuttavia, hanno ritenuto tale particolare trascurabile e forse frutto di uno
specifico accorgimento posto in essere dalgerbino per non essere facilmente individuato. Infatti, rispetto al particolare dell’accento straniero è stata ritenuta

mento del rapinatore ripreso dalle telecamere di video sorveglianza. La corte
d’appello, in particolare, rimarca che gli elementi coincidenti non riguardano solo
il giubbotto tipo “bomber”, che le Zerbino ed il Mihailov si sarebbero potuti agevolmente scambiare, bensì anche i pantaloni e le scarpe, osservando che altrimenti dovrebbe ritenersi «del tutto irragionevolmente L.] che nel giro di pochi
minuti e all’aperto i due si siano scambiati anche pantaloni».
A fronte della circostanziata motivazione della decisione di merito, il ricorso finisce col prospettare una ricostruzione alternativa in punto di fatto, come tale inammissibile in sede di legittimità
Infatti, non hanno rilevanza le censure che si limitano ad offrire una lettura alternativa delle risultanze probatorie, dal momento che il sindacato della Corte di cassazione si risolve sempre in un giudizio di legittimità e la verifica sulla
correttezza e completezza della motivazione non può essere confusa con una
nuova valutazione delle risultanze acquisite. La Corte, infatti, non deve accertare
se la decisione di merito propone la migliore ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v. Sez. 6, n. 36546 del 03/10/2006 – dep. 03/11/2006, Bruzzese,
Rv. 235510; Sez. 4, n. 35683 del 10/07/2007 – dep. 28/09/2007, Servidei, Rv.
237652; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007 – dep. 22/02/2007, Messina ed altro,
Rv. 235716).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 1.500,00, così equitativamente
stabilita in ragione dei motivi dedotti.
P. Q. M.
2

decisiva la circostanza che le serbino indossasse esattamente lo stesso abbiglia-

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15 aprile 2016.

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