Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21600 del 08/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21600 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: PARDO IGNAZIO

qualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 629 cod. pen. posto che Zaffino era rimasto estraneo
alle condotte di minaccia che eventualmente aveva posto in essere il concorrente con altra
autonoma condotta.
Proponeva ricorso per cassazione anche il Gentile deducendo violazione dell’ art. 606 lett.b), c)
ed e) cod. proc. pen. in relazione al difetto di motivazione della pronuncia di appello con
riguardoal’attendibilità della persona offesa, affermata in termini generici e non conferenti
rispetto ai motivi di gravame proposti, senza alcun rinnovato ed autonomo vaglio del punto
della decisione devoluto. Con il secondo motivo di ricorso, lamentava violazione dell’ art. 606
lett.b), ed e) cod. proc. pen. in relazione al travisamento della prova costituita dalla fideistica
acquisizione della deposizione della vittima non sottoposta ad alcun vaglio di adeguata
attendibilità; lamentava, ancora, che a fronte del rinvenimento di un solo titolo avrebbe dovuto
darsi atto dell’assenza di qualsiasi riscontro in ordine alla consegna del secondo assegno dato
che riverberava sulla stessa esistenza del delitto di usura essendo stato omesso ogni
accertamento bancario e sul tasso praticato. Tale ultimo aspetto poi appariva rilevante avendo
la Corte di appello omesso di indicare il tasso soglia di riferimento nel periodo dei fatti. Con il

Data Udienza: 08/04/2016

terzo motivo deduceva violazione dell’ art. 606 lett.b) ed e) cod. proc. pen. in relazione alla
ritenuta responsabilità per il delitto di estorsione del quale difettava l’elemento dell’ingiustizia
del danno.
All’udienza dell’8 aprile 2016 le parti concludevano come in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1 Ed infatti quanto al motivo comune riguardante la dedotta inattendibilità delle dichiarazioni
della vittima, allo specifico interesse della stessa alla definizione del procedimento, all’assenza
di riscontri alle dichiarazioni del Politelli, si evidenzia come per interpretazione di questa Corte
le dichiarazioni della parte offesa ove sottoposta a vaglio positivo di attendibilità intrinseca
possono già da sole costituire prova del fatto (Sez. U. n. 41461 del 19/7/2012 Rv. 253214)
senza che sia necessario individuare altri elementi di prova che confermino l’accusa. E nel caso
di specie le sentenze di merito, con giudizio conforme, sono pervenute alla stessa conclusione
della attendibilità del Politelli evidentemente ritenendo non decisive le contestazioni formulate
nel corso della deposizione testimoniale nel contraddittorio delle parti che non hanno mai
riguardato il nucleo essenziale delle accuse. A fronte di tale conforme valutazione i motivi di
appello si limitano a proporre censure reiterative, generiche e prive di specificità poiché
nessuna delle circostanze indicate dai ricorrenti prospetta concrete situazioni sulla base delle
quali potere fondatamente ritenere che la vittima dei reati abbia dichiarato circostanze non
vere. La generica possibilità di un interesse del Politelli non può in alcun modo provare un
difetto di attendibilità del medesimo poiché detta conclusione sarebbe del tutto sganciata da
ogni elemento e specifica circostanza.
Peraltro i giudici di merito non si sono limitati a valutare a carico degli imputati la sola
deposizione della vittima affermando l’attendibilità della stessa ma, hanno stigmatizzato,
l’elevata valenza probatoria degli ulteriori elementi costituiti, certamente ! dall’arresto degli
imputati nella flagranza del reato, quando venivano rinvenuti nel possesso di una somma di C
500,00 appena loro consegnata proprio dal Politelli e dal rinvenimento di alcuni degli assegni
che questi aveva consegnato nell’ambito del rapporto usurario. Si tratta di elementi di prova di
cui correttamente veniva rilevata l’evidente valenza anche quali riscontri autonomi ed esterni
rispetto alla accusa della vittima che devono pertanto fare ritenere certamente infondata la
doglianza. La valutazione della credibilità della parte offesa e degli altri elementi pure acquisiti
nel corso delle indagini í quando peraltro gli imputati erano tratti in arresto perché sorpresi nella
flagranza dei reati, appare pertanto effettuata sulla base di un corretto ed adeguato percorso
logico da parte dei giudici di merito, privo delle lamentate aporie o contraddizioni a fronte del
quale le censure appaiono meramente reiterative poiché alcun travisamento della prova appare
essere integrato.

I ricorsi sono manifestamente infondati e devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili.

Né rilievo decisivo può assumere la circostanza della mancata individuazione del secondo titolo
indicato dal Politelli, che può essere stato ceduto ad altri ovvero della mancata indicazione da
parte dei giudici di merito del preciso tasso usurario praticato. Invero deve ritenersi che a
fronte di accuse specifiche e reiterate circa la pattuizione di interessi usurari in misura mensile,
pari a percentuali certamente superiori ai tassi soglia annuali che trovino anche conforto, come
nel caso in esame, nella accertata consegna di denaro contante, correttamente il giudice di
appello afferma la responsabilità per il contestato delitto di cui all’art.644 cod.pen. la cui

percentuale usuraria praticata e richiesta. La doglianza poi appare anche smentita dalle
emergenze dell’istruzione dibattimentale poiché la pronuncia di primo grado nel riportare le
dichiarazioni rese nel contraddittorio delle parti dalla persona offesa da atto che questi riferiva
che il tasso praticato/ sia in quell’occasione che in altre in passato,era pari al 20% mensile.
2.2 Quanto alle contestazioni mosse con riguardo al delitto di estorsione, la presenza dello
Zaffino al momento della consegna delle somme di denaro manifesta, come correttamente
valutato dalla corte di appello, il concorso dello stesso in detta attività illecita mentre
l’ingiustizia del profitto, contestato dal ricorrente Gentile, appare chiaramente individuato nella
riscossione di somme non allo stesso competenti in quanto frutto del delitto di usura. Inoltre,
va ricordato, che / in caso di doppia conforme, come nel caso di specie in punto di affermazione
di responsabilità, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura
giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico
complessivo corpo argonnentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure
proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti
riferimenti ai passaggi logico-giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella
valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione
(Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013 Rv. 257595); orbene al proposito del coinvolgimento dello
Zaffino nel fatto estorsivo le pronunce di merito contengono ampie e specifiche indicazioni
traendo la conclusione del coinvolgimento dello stesso nel fatto delittuoso da plurimi e
certamente elementi significativi costituiti dalle “comprovate minacce rivolte alla parte offesa e
il possesso dei titoli oggetto di usura, dei quali l’imputato aveva cercato di disfarsi al momento
dell’arresto” sicché ” non solo il Gentile si avvale dello Zaffino quando comprende delle
difficoltà di recupero delle richieste usurarie al Politelli, e a tale scopo ne utilizza il nome a fini
intimidatori….ma il possesso dei titoli consegnati dalla vittima, non trova altra plausibile
spiegazione se non in termini di perfetta complicità”. Si tratta di argomentazioni del tutto
dettagliate, ricavate da plurimi elementi di fatto non censurabili nella presente sede ed a fronte
delle quali le argomentazioni difensive appaiono generiche ed aspecifiche.
Alla luce delle predette considerazioni, le impugnazioni devono ritenersi inammissibil4 a norma
dell’art. 606 comma terzo cod.proc.pen., per manifesta infondatezza; alla relativa declaratoria
consegue, per il disposto dell’art. 616 cod.proc.pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento

affermazione non richiede quale indispensabile elemento l’individuazione della precisa

delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una
somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in C 1.500,00 ciascuno.
P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
della somma di C 1.500,00 ciascuno alla Cassa delle ammende.
Roma, 8 aprile 2016

IL PRESIDENTE
dott. Matilde Cammino

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