Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21592 del 21/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 21592 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: TANGA ANTONIO LEONARDO

SENTENZA

sui ricorsi proposti dalle parti civili
SANTONOCITO Cristina, nata il 23/03/1993;
SCIAMMACCA Salvatore, nato il 23/09/1983;
INDELICATO Maria, nata il 08/05/1956;
SANTONOCITO Giuseppe, nato il 25/03/1950;
nei confronti di
1) FERRARI Leonardo, nato il 17/05/1955;
2) SANFILIPPO Silvana Angela, nata il 03/12/1958;
avverso la sentenza n.969/15 del 23/11/2015, del Giudice dell’Udienza
Preliminare del Tribunale di Catania.

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Leonardo Tanga;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Stefano Tocci, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udite le richieste del difensore delle parti civili Santonocito Cristina e
Sciammacca Salvatore, avv. Salvatore Pietro Pulvirenti, del Foro dì Catania, in
sostituzione dell’avv. Giovanna Alessandra Santoro, del Foro di Catania, che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 21/04/2016

udite le richieste del difensore di Ferrari Leonardo, avv. Vincenzo Trantino, del
Foro di Catania, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Alle ore 10,45 dopo la discussione del presente ricorso compare in aula l’avv.
Giuseppe Marletta il quale, autorizzato dal Presidente, chiede darsi atto della

propria presenza.

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n.969/15 del 23/11/2015, del Giudice dell’Udienza
Preliminare del Tribunale di Catania, ai sensi dell’art. 425, comma 3, c.p.p.,
dichiarava non luogo a procedere nei confronti di Ferrari Leonardo e Sanfilippo
Silvana Angela per non aver commesso il fatto loro contestato e relativo al reato
di cui all’art.589, c.p..

rispondere del delitto di cui agli artt. 113 e 589 c.p. perché con condotte colpose
cooperanti tra loro, il Ferrari quale medico ginecologo curante, la Sanfilippo
quale diabetologa curante, omettendo di valutare, in paziente con diabete mellito
gestazionale, i dati risultanti da esami ematochimici eseguiti il 20/12/2012, segni
di scompenso metabolico e conseguentemente disporre ulteriori e più specifici
accertamenti ematochimici strumentali, cagionavano la morte intrauterina del
feto portato in grembo da Santonocito Cristina a causa di arresto
cardiocircolatorio consecutivo a sofferenza fetale prodottasi in madre affetta da
diabete mellito gestionale.
1.2. Riteneva il giudice che, in ordine alla posizione del Ferrari, non
poteva sostenersi in giudizio che questi avesse visionato i risultati delle analisi
del 20/12/2012 indicative di uno scompenso metabolico e, anche a volere
ritenere che li avesse visionati informalmente il 23/12/2012 al Pronto Soccorso,
egli non aveva alcun titolo per disporre ulteriori accertamenti sulla Santonocito,
in quanto non ginecologo responsabile del Pronto Soccorso dove si era recata la
paziente. Quanto alla posizione della Sanfilippo, valutava come certo che
l’imputata, all’interno dell’Ospedale non rivestiva la qualifica di diabetologa ma
di dietologa ed entrava in ferie dal 21/12/2012, e dunque in data antecedente
al momento in cui gli esami erano resi disponibili (il 22/12/2012).

2. Avverso tale sentenza, propongono ricorso per cassazione, a
mezzo dei propri difensori, le parti civili Santonocito Cristina, Sciammacca
Salvatore, Indelicato Maria, Santonocito Giuseppe, lamentando (in sintesi giusta
il disposto di cui all’art.173, comma 1, disp. att. c.p.p.):
Santonocito Cristina e Sciammacca Salvatore:

I) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alle posizioni dei
due prosciolti. Deducono che l’assenza della responsabilità del delitto sia stata
affermata mediante una scelta tra più opzioni alternative, che avrebbe invece
imposto l’obbligo di disporre il rinvio a giudizio, lasciando alle dinamiche del
dibattimento l’accertamento della responsabilità al di là di ogni ragionevole

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1.1. Il P.M. aveva richiesto il rinvio a giudizio degli imputati per

dubbio. Tale scelta è stata effettuata senza tener conto delle emergenze pur
sottolineate dalle parti civili (in particolare della consulenza tecnica prodotta dal
p.m.) avendo, invece, il giudice operato una non consentita valutazione di tipo
sostanziale o di merito;
II) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla apodittica
affermazione del giudice secondo cui anche se il dott. Ferrari, ginecologo curante
della Santonocito Cristina, avesse sottoposto a visita quest’ultima in data 23
dicembre 2012, nessuna responsabilità poteva a lui imputarsi poiché non aveva il

III)

violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla apodittica

affermazione del giudice secondo cui la dott.ssa Sanfilippo all’interno del
presidio ospedaliero non svolgeva le mansioni di diabetologa ma di dietologa
malgrado non vi fosse alcun atto da cui trarre tale affermazione (per altro
contrastante con le risultanze delle investigazioni difensive effettuate dai
ricorrenti).
Indelicato Maria e Santonocito Giuseppe:
IV) inosservanza delle disposizioni di cui all’art. 425 c.p.p. per averne
il giudice violato il disposto secondo cui il GUP deve pronunciare sentenza di non
luogo a procedere nei confronti dell’imputato solo in presenza di una situazione
di innocenza tale da apparire non superabile in dibattimento dall’acquisizione di
nuovi elementi di prova o da una possibile diversa valutazione del compendio
probatorio già acquisito e ciò anche quando gli elementi acquisiti risultano
insufficienti, contradditori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in
giudizio. Deducono inoltre che il Giudice ha articolato la sua motivazione non
dando conto, in modo né esaustivo né congruo, delle ragioni che rendevano
inutilizzabile il compendio istruttorio acquisito mediante le dichiarazioni assunte
dal difensore in data 14/11/2015, ex art. 391-bis c.p.p., e ancor prima assunte
in sede di relazione di esame autoptico dei consulenti tecnici del PM. in data
23/10/2013, ma soprattutto dei motivi che avrebbero inibito il vaglio della fase
dibattimentale;
V) inosservanza delle disposizioni di cui agli artt.121, 191 c.p.p. e
111 della Costituzione. Deducono che il giudice ha motivato tenendo conto di
memorie difensive presenti al fascicolo dell’udienza preliminare, redatte dal
difensore dell’imputato Ferrari, avv. La Rosa, indirizzate al Pubblico Ministero
titolare delle indagini, che in spregio del disposto di cui agli artt. 121 c.p.p. e
111 della Costituzione non recano il timbro del depositato in cancelleria e di
cui pertanto non v’è prova del momento dell’avvenuto deposito. Peraltro, se tali
memorie fossero state correttamente depositate presso la segreteria del P.M.

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dovere di intervenire non essendo egli il medico di turno presso il

competente, copia di esse, con il relativo timbro di deposito, si sarebbe
comunque trovata nel fascicolo di cui all’art. 416 c.p.p.;
VI)

inosservanza delle disposizioni di cui agli artt. 127, 419, 421,

422, 424 c.p.p. e 111 Cost.. Deducono che, contrariamente al disposto di cui
all’art. 419 c.p.p., il giudice ha consentito il deposito di documentazione inerente
alla difesa della Sanfilippo Silvana, successivamente al superamento della fase
degli atti introduttivi dell’udienza preliminare, e addirittura successivamente alla
avvenuta discussione svolta da tutte le parti. Peraltro, svolgendosi l’udienza

difensive con la relativa documentazione in cancelleria avrebbe dovuto essere,
ex art. 127 c.p.p., cinque giorni prima dell’udienza;
VII)

vizi

motivazionali

in

riferimento alla

affermazione di

inattendibilità di Santonocito Cristina. Deducono che il GUP non ha dato conto
nella motivazione dei criteri adottati per ritenere “mutevoli e come tali
intrinsecamente inattendibili” le dichiarazioni della persona offesa Santonocito;
VIII)

inosservanza delle disposizioni di cui agli artt. 127 e 191. c.p.p..

Deducono che, consentendo, al difensore dell’imputata Sanfilippo, di depositare,
in violazione del disposto di cui all’art. 127, comma 2, c.p.p., atti, qualificati in
sede di conclusioni come “memorie difensive”, il GUP ha acquisito atti che, in
quanto inutilizzabili, ex art. 191 c.p.p., non avrebbe potuto usare per motivare il
suo provvedimento (e, invece, li ha utilizzati);
IX) vizi motivazionali in riferimento al fatto che il GUP, per le ragioni
su innanzi esposte, anticipando valutazioni decisamente proprie della fase
dibattimentale a lui precluse, ha omesso totalmente la formulazione della
prescritta prognosi di immodificabilità delle sue analisi e conclusioni decisionali
nel corso dell’eventuale esperimento dibattimentale, pur -contraddittoriamenteammettendo ammesso che anche un’ipotesi ricostruttiva fornita dalle parti civili
potesse essere presa in considerazione (l’ipotesi che

“il Ferrarí avesse potuto

visionare i risultati di laboratorio, presso il Pronto Soccorso, (dove era di turno la
dottoressa Scuderi), interrompendo la sua attività in sala parto”).
2.1. Con motivi aggiunti, depositati il 04/04/2016, e con memoria
difensiva, depositata il 18/04/2016, Indelicato Maria e Santonocito Giuseppe, a
mezzo del proprio difensore, hanno sostanzialmente ribadito le doglianze già
esplicitate in ricorso.
2.2. Con memorie difensive, depositate il 29/01/2016, il 10/02/2016
e il 17/02/2016, l’imputato Ferrari ha sostenuto l’insussistenza degli elementi
oggettivo e soggettivo del reato ascrittogli.
2.3. Con “note avversative” depositate il 08/02/2016, i difensori del
medesimo imputato hanno riaffermato il contenuto delle memorie difensive di cui

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preliminare in camera di consiglio, il termine ultimo per presentare memorie

al punto che precede concludendo per l’inammissibilità o, quantomeno, il rigetto
dei ricorsi con conseguente conferma della sentenza pronunciata ex art.425
c.p.p.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Data l’interconnessione logica esistente tra i motivi sub I) e IV)
essi vanno valutati congiuntamente.
4.1. Mette subito dar conto che le sezioni unite (Cass. Sez. Un.
29/05/2008 n.25695), nell’interpretare la natura e portata dell’articolo 428 del
codice di rito penale, hanno stabilito che il ricorso per cassazione della persona
offesa costituita parte civile avverso sentenza di non luogo a procedere può
proporsi esclusivamente agli effetti penali e non agli effetti civili, rispetto ai quali
la sentenza di improcedibilità emessa all’esito di udienza preliminare non
produce effetti preclusivi, né pregiudizialmente vincolanti sull’azione civile. Di tal
che la parte civile non può avere interesse ad impugnarla. Pertanto, il regime
impugnatorio disciplinato dall’art. 428 c.p.p., modificato nel 2006, non rende
possibile individuare in capo alla parte civile ricorrente il perseguimento di
interessi civilistici, dal momento che la sentenza ex art. 425 c.p.p. non
pregiudica in alcun modo le proiezioni risarcitorie della stessa parte civile, giusta
quanto sancito dall’art. 652 c.p.p., comma 1, in tema di efficacia non preclusiva
(giudicato) della sentenza penale di assoluzione dell’imputato non pronunciata
all’esito di giudizio dibattimentale, quale appunto è la sentenza di cui all’art. 425
c.p.p..

5. Occorre, ancora, premettere che, come ripetutamente affermato
da questa Corte di legittimità, ai sensi dell’art. 425 c.p.p., l’insufficienza o
contraddittorietà delle fonti di prova che legittima l’emanazione di sentenza di
proscioglimento da parte dei Giudice dell’udienza preliminare ha quale parametro
di riferimento la prognosi di inutilità del dibattimento, mentre deve essere
escluso il proscioglimento in tutti i casi in cui tali fonti di prova si prestino a
soluzioni alternative o aperte. In altre parole, il GUP, a fronte di elementi di
prova in parte favorevoli all’imputato, deve pronunciare sentenza di non luogo a
procedere solo in forza di un giudizio sicuro (si sottolinea: sicuro) di immutabilità
del quadro probatorio, specificamente di non modificabilità in dibattimento per
effetto dell’acquisizione di nuove prove o di una diversa valutazione degli

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3. I ricorsi sono fondati nei limiti e termini di cui appresso.

elementi in atti. È, perciò necessario che non esista alcuna prevedibile possibilità
che il dibattimento possa giungere ad un esito diverso da quello dell’innocenza
dell’imputato (sez. 4, n.13922 del 08/03/2012; sez. 2, n. 30899 del
17/06/2014).
5.1. Ciò premesso, si osserva che, nel caso di specie, il Giudice non
ha correttamente motivato in ordine alle condizioni stabilite dall’art. 425 c.p.p.
per addivenire legittimamente ad una pronuncia di non luogo a procedere, nel
merito della vicenda, nei confronti degli imputati. In particolare, il GUP ha

comportamenti tenuti nell’occorso, senza sottolineare, invece, adeguatamente le
ragioni per cui il successivo giudizio dibattimentale non potesse consentire
ulteriori approfondimenti tecnici e soprattutto diverse valutazioni
dell’accadimento. Nella specie il giudice del merito ha, tra l’altro, ritenuto
apoditticamente incontrovertibile il fatto che il Ferrari non avesse alcun titolo per
disporre ulteriori accertamenti sulla Santonocíto, in quanto non ginecologo
responsabile del Pronto Soccorso in data 23/12/2012, e che la Sanfilippo non
rivestisse la posizione di garanzia indicata dal P.M. nel capo d’imputazione.
5.2. Per contro, la vicenda, nella sua delicatezza e peculiarità allo
stato delle indagini, presenta sicuramente possibilità di lettura alternativa
rispetto a quella esposta dal Giudice, come del resto manifestato dai consulenti
tecnici del p.m., i quali hanno comunque rappresentato (come riportato nella
parte motiva della sentenza impugnata) che “la morte del feto era da ricondurre
ad arresto cardiocircolatorio consecutivo a sofferenza fetale prodottasi in madre
affetta da diabete mellito gestazionale scompensato; le cause di tale sofferenza
potevano solo essere ipotizzate (alterazione della funzionalità placentare o
chetoacídosi); la presenza di chetoni nelle urine e gli altri dati degli esami
ematochimici del 20/12/2012 (consegnati alla paziente il 22/12/2012 h. 16.06)
erano comunque un campanello d’allarme e avrebbero dovuto indurre í sanitari
(ginecologo e diabetologo) a disporre ulteriori accertamenti e un attento

sostanzialmente fornito un giudizio di non attribuibilità di colpa ai prevenuti per i

monitoraggio materno fetale. Infatti, un nuovo controllo a breve della glicemia e
della chetonuria e un costante controllo cardiotoco grafico avrebbero potuto
scongiurare un ulteriore peggioramento delle condizioni cliniche del feto e della
madre e indurre un aggiustamento della terapia insulinica e un’anticipazione del
parto”.
5.3. Non può, inoltre, trascurarsi il fatto che, allo stato, non è
neppure certa la sussunzione del fatto di cui all’imputazione nella fattispecie
astrattamente prevista dall’art.589 c.p.. In altri termini la linea di demarcazione
tra l’omicidio colposo e la interruzione colposa della gravidanza è rappresentata
dall’inizio del travaglio e dunque nella autonomia del feto (sez. 4, n. 7967 del

utik

29/01/2013 Rv. 254431). La norma da applicare al caso de quo potrebbe quindi
essere quella di cui all’art.17 della legge n.194 del 1974, contenente specifiche
regole cautelari volte a prevenire l’evento qui considerato, a prescindere dalla
vitalità del prodotto del concepimento (sez. 5, n.44155 del 26/11/2008). La
vicenda, dunque, sollecita approfondimenti in fatto finalizzati alla qualificazione
giuridica del fatto ed alla individuazione delle regole cautelari pertinenti.
5.4. Le conseguenze di una diversa norma ipoteticamente violata si
riverbererebbero non solo nell’ambito dell’accertamento della responsabilità

nell’ipotesi di cui all’art.589 c.p. la persona offesa si identifica con la vittima
mentre in quella di cui all’art.17 L.194/1974 la persona offesa è la gestante.

6. Quanto sopra osservato comporta l’erroneità della pronunzia di
proscioglimento adottata. La vicenda, invero, impone, in sede di udienza
preliminare, una delibazione complessiva più esaustiva del fatto materiale e del
comportamento dei singoli indagati, sempre nella prospettiva di formulare una
corretta prognosi di possibile evoluzione del materiale probatorio in sede
dibattimentale sia di per sé, come entità di elementi di prova ancora acquisibili
sia come possibilità di rivalutazione degli elementi già in atti, alla stregua dei più
affinati strumenti di indagine propri della sede dibattimentale.
6.1. Pertanto, la sentenza impugnata, viziata nella motivazione
presentante elementi di illegittimità ed inadeguatezza in relazione alla natura
della decisione conclusiva dell’udienza preliminare, va annullata nei confronti di
Ferrari Leonardo e Sanfilippo Silvana Angela e il procedimento va rinviato al
Tribunale di Catania.
6.2. I residui motivi vanno, conseguentemente, ritenuti assorbiti.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Catania.

Così deciso il 21/04/2016

penale ma anche sulla possibilità di costituzione delle parti civili posto che

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