Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21590 del 25/03/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 21590 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BELLETTI EMILIANO N. IL 02/06/1973
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 34/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
11/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere DJ. GIUSEPPF y
GRASSO;
4etttersentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 25/03/2014

FATTO E DIRITTO

1. Belletti Emiliano, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza della Corte di Appello di Roma, depositata il
20/12/2012, con la quale venne rigettata la sua istanza di riparazione per
l’ingiusta detenzione subita, in regime di custodia cautelare, dal 16/7/2001 al
10/5/2002, e, in regime di arresti domiciliari, fino al 20/8/2002, per il delitto di

2. La Corte territoriale ravvisò la circostanza escludente del diritto alla
riparazione di cui all’art. 314, 1° comma, cod. proc. pen., e cioè di avere
concorso a dare causa all’emissione del provvedimento restrittivo della libertà
personale per colpa grave, consistita nel fatto che il ricorrente, utilizzando lo
pseudonimo di Alvaro o di “Loco” aveva interagito con esponenti di primo piano
della criminalità organizzata e anche di Cosa Nostra, mostrandosi quale referente
romano affidabile e assai vicino a Zubieta Jorge Renè Bilbao, così da essere
apparso agli occhi degli inquirenti coinvolto nel narcotraffico, che aveva portato
al sequestro di circa 39 Kg di sostanza stupefacente, nel corso di operazioni
effettuate a Buenos Aires, Bagheria, Messina e Zurigo, assicurando base logistica
nella zona di Roma.

3. Il Belletti ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata criticando il
ragionamento della Corte territoriale, che denunzia essere gravemente viziato.
Deduce il predetto che la Corte romana aveva assunto per comprovate plurime
decisive circostanze, che se così fosse stato avrebbero dovuto condurre alla
condanna del Belletti.
In primo luogo il ricorrente nega che il “Loco” delle intercettazioni coincida con la
sua persona (la sentenza assolutoria è perfettamente consapevole di questa
circostanza laddove a pag. 10 evidenzia che era lo Zubieta ad essere appellato,
in alcune occasioni, come il “Loco”).
Il convincimento del Giudice dell’ingiusta detenzione si fondava sul presupposto
non verificato d’intercettazioni non sottoposte a perizia e, in qualche occasione
giungendo a risultati erronei (intercettazione conversazioni delle ore 19,14 del
22/4/2001; nonché delle ore 14,46 del 24/4/2001).
Una serie di risultanze captative non erano, poi, attribuibili al ricorrente
(23/4/2001, ore 16,47; 23/4/2001, ore 18,26; 6/5/2001, ore 20,40; 6/5/2001,
ore 18,13).

cui all’art. 74 del d.P.R. n. 309/1990, dal quale era stato poi assolto.

4. Con memoria pervenuta il 17/2/2014 l’Avvocatura Generale dello Stato,
costituitasi nell’interesse del Ministero dell’Economia e delle Finanze, chiedeva
respingersi il ricorso. Con nota pervenuta il 14/3/2014 nell’interesse del
ricorrente, replicandosi alla memoria dell’Avvocatura dello Stato, si insisteva per
l’accoglimento del ricorso.

5. Il ricorso è fondato. Si osserva che la giurisprudenza di legittimità è
costantemente orientata nel senso tracciato dalle Sezioni unite di questa Corte

riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se chi l’ha
patita vi abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve
apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori
disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino
eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o
regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se
adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità.
E’ quindi determinante stabilire se la Corte di merito abbia motivato in modo
congruo e logico in ordine alla sussistenza e idoneità della condotta posta in
essere dallo istante ad ingenerare nel giudice che emise il provvedimento
restrittivo della libertà personale il convincimento di un probabile concorso
nell’illecita detenzione di stupefacente.

5.1. La Corte territoriale, nel caso di specie, ha individuato in cosa sia
consistita la colpa grave del ricorrente, il quale aveva tenuto comportamento
d’intensa connivenza e perlomeno ambiguo, dimostrando pieno e sodale
collegamento con il contesto criminale d’ispessita professionalità che trafficava in
stupefacenti importati, in grosse partite, dall’America Latina; così fornendo
l’apparenza di una sua piena partecipazione al sodalizio criminale.
Gli evidenziati collegamenti, tuttavia, prestano il fianco alle puntuali critiche
esposte dal ricorrente, in quanto non specificano con la necessaria puntualità le
basi dell’affidabile convincimento circa la sussistenza dei fatti costituenti la
ipotizzata colpa grave. In particolare, non è dato sapere delle fonti che
consentano di attribuire i colloqui intercettati del “Loco” all’odierno ricorrente; né
risulta essere stato chiarito con analisi sufficientemente dettagliata sulla scorta di
quali elementi le conversazioni sopra evidenziate dal ricorrente siano state a lui
addebitate; o, comunque, in forma organica e compiuta le diverse ed ulteriori
condotte (la cui attribuibilità deve del pari essere certa) sulla base delle quali
possa attribuirsi al Belletti il comportamento ostativa al riconoscimento

con la sentenza n. 34559 del 15.10.2002, secondo la quale in tema di

dell’indennizzo. Fatti tutti, questi, che la Corte territoriale avrebbe dovuto trarre
dalla sentenza assolutoria, posta in relazione alle ordinanze cautelari.
S’impone, pertanto, annullata l’ordinanza impugnata, trasmettersi gli atti al
giudice del merito per nuova valutazione che tenga conto delle anzidette
osservazioni.

P.Q.M.

nuovo esame.

Così deciso nella camera di consiglio del 25/3/2014.

Annulla la impugnata ordinanza con rinvio alla Corte di Appello di Roma per

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