Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21586 del 29/01/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 21586 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: CENCI DANIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI REGGIO CALABRIA
nei confronti di:
MARRA ANNA MARIA N. IL 21/10/1963
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IL 21/10/1963
avverso l’ordinanza n. 1061/2014 TRIBUNALE di REGGIO
CALABRIA, del 08/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DANIELE CENCI;
Ue-4ette-iserttite le conclusioni del PG Dott. VI TO bigh Nsi o ol-e.
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Data Udienza: 29/01/2016

RITENUTO IN FATTO

1.Con ordinanza dell’8 luglio 2014 all’esito dell’udienza di convalida
dell’arresto di Anna Maria Marra, che era stato operato dalla polizia giudiziaria il
giorno precedente nella ritenuta flagranza del reato di furto aggravato, perché «al
fine di trarne profitto, quale proprietaria dell’esercizio commerciale denominato
“BATIK”, sottraeva mediante allaccio abusivo, senza passare per un contatore,
acqua pubblica proveniente dalla rete idrica comunale; fatto aggravato perché

realizzazione dell’innesto abusivo) e su cose destinate a pubblico servizio e a
pubblica utilità. Accertato in Melito di Porto Salvo il 7 luglio 2014» (così il capo di
accusa elevato dal P.M.), il giudice monocratico del Tribunale di Reggio Calabria
non ha convalidato la pre-cautela ed ha ordinato la liberazione dell’imputata.
La motivazione è la seguente: «[…] rilevato che il fatto per cui si procede nei
confronti di Marra Anna Maria per come contestato può essere considerato furto
di acque pubbliche per uso industriale; ritenuto che tale qualificazione emerge con
chiarezza dalla relazione dell’agente di P. G. operante e dall’esame della imputata,
che comunque conferma di utilizzare l’acqua per la detersione di stoviglie di un
piccolo esercizio commerciale denominato BA TIC; ritenuto che ai sensi del D.Lg.vo
152/99 per tale ipotesi è prevista solo una sanzione amministrativa e non penale,
art. 93 del medesimo Decreto; ritenuto quindi che per effetto dello art. 15 CP la
sanzione amministrativa deve prevalere su quella penale in quanto speciale […]».

2.Avverso la decisione ha presentato ricorso il Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Reggio Calabria.
Sostiene il ricorrente, richiamando giurisprudenza di legittimità, che
l’ordinanza debba essere annullata, per violazione di legge penale, avendo, in
buona sostanza, confuso il decidente la nozione di acque pubbliche rilevante ai
sensi della disciplina speciale citata (d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, art. 23) e che
sostanzialmente significa acque libere, in superficie o sotterranee, ma non ancora
convogliate in cisterne, con quella di acque presenti nell’acquedotto comunale, in
cui è pubblico soltanto l’ente proprietario ma che libere non sono ed il cui
impossessamento, diversamente da come stimato dal Tribunale di Reggio
Calabria, costituisce l’elemento oggettivo del reato di furto.

3. Il Procuratore generale presso la S.C. nel suo intervento scritto ex art. 611
cod. proc. pen. ha concluso in senso conforme all’impugnazione.
Ha fatto pervenire memoria il difensore di Anna Maria Marra, chiedendo la
reiezione del ricorso.

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commesso con violenza sulle cose (manomissione dell’impianto pubblico per la

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e va accolto.
Va premesso che non vi è dubbio che l’impossessamento abusivo di acque
pubbliche integra esclusivamente l’illecito amministrativo di cui all’art. 23 del d.lgs.
11 maggio 1999, n. 152, e non anche il delitto di furto, perché il predetto art. 23
è norma speciale rispetto all’art. 624 cod. pen., ai sensi dell’art. 9 della legge 24

256928; Sez. 4, n. 20404 del 03/03/2009, Dolce, Rv. 244215; Sez. 5, n. 25548
del 07/03/2007, Lanciani, Rv. 237702).
Ciò posto, come condivisibilmente affermato nella decisione di questa Sezione
della S.C. richiamata in maniera pertinente sia dal P.G. che dal P.M. ricorrente
(Sez. 4, n. 6965 del 14/11/2012, Procopio, Rv. 254397), decisione resa peraltro
in un caso di impossessamento di acque da conduttura comunale,
l’impossessamento abusivo delle acque già convogliate nelle condutture
dell’acquedotto municipale integra il reato di furto aggravato, e non già la
violazione amministrativa prevista dall’art. 23 del d.lgs. n. 152 del 1999, che si
riferisce soltanto alle acque pubbliche, ossia ai flussi non ancora convogliati in vasi
o cisterne. Appare opportuno richiamarne la motivazione:
«In merito ai rapporti intercorrenti tra la previsione del R.D. n. 1755 del 1933,
art. 624 e art. 17, come sostituito dapprima dal D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 23 e
quindi dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 96, comma 4, si colgono pronunce di segno
diverso. La più recente giurisprudenza sembra attestata sulla tesi per la quale
l’impossessamento abusivo di acque pubbliche integra esclusivamente un illecito
amministrativo ed è attualmente punito solo con la sanzione amministrativa di cui
al predetto art. 23 e non anche a titolo di furto, ex art. 624 c.p., poiché, attesa la
specialità del citato art. 23 rispetto alla disposizione codicistica, prevale la norma
speciale su quella generale, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 9 (Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 25548 del 07/03/2007, Lanciani, Rv. 237702).
Va tuttavia rilevato che per la L. 5 gennaio 1994, n. 36, art. 1 (disposizioni in
materia di risorse idriche) “tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non
estratte dal sottosuolo, sono pubbliche”. Inoltre, il D.P.R. 18 febbraio 1999, n.
238, art. 1 (Regolamento recante norme per l’attuazione di talune disposizioni
della L. 5 gennaio 1994, n. 36, in materia di risorse idriche), al comma 1 stabilisce
che appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico tutte le acque
sotterranee e le acque superficiali, anche raccolte in invasi o cisterne.
Il R. D. n. 1755 del 1933, art. 17, comma 3, dal canto suo, reca le sanzioni previste
per il caso di derivazione o di utilizzazione delle acque pubbliche non previamente

3

novembre 1981, n. 689 (Sez. 2, n. 17580 del 10/04/2013, Caramazza, Rv.

autorizzata. Tale disposizione ha conosciuto una prima modifica ad opera del
D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 23 ed una seconda ad opera del D.Lgs. n. 152 del
2006, art. 96, comma 4, il cui tratto essenziale – ai fini che qui occupano – è stato
quello di aggravare la sanzione amministrativa, introdotta dal citato art. 23,
prevista per la violazione del divieto di “derivare o utilizzare acqua pubblica senza
un provvedimento autorizzativo o concessorío dell’autorità competente”.
Tanto premesso, è conforme al quadro normativo la sentenza qui impugnata
(laddove esclude la ricorrenza dell’illecito amministrativo, perché non può definirsi

cit., l’acqua già convogliata nell’acquedotto comunale. Tale disposizione è inserita
in un provvedimento normativo volto a disciplinare l’utilizzo delle acque pubbliche
(la cui nozione si è sopra richiamata) mediante gli strumenti dell’autorizzazione e
della concessione. La scelta del recente legislatore è stata quella di ricondurre al
dominio del diritto amministrativo l’utilizzo e la derivazione delle acque pubbliche
prive di titolo abilitativo. Ne deriva che un problema di concorso apparente di
norme tra il menzionato art. 17 e l’art. 624 c.p. può porsi solo nel caso in cui si
tratti di acque pubbliche.
Tali non sono le acque che sono state convogliate, proprio perché per esse
non può parlarsi di acque sotterranee o superficiali, sia pure in invaso o cisterna.
A ritenere diversamente si finirebbe per sovrapporre la nozione di acqua pubblica
valevole ai fini dell’art. 17 cit. con quella che trae causa dalla natura pubblica
dell’ente proprietario».
Il Collegio, pur prendendo atto degli apprezzabili sforzi del difensore nella
memoria depositata ad opponendum, non ravvisa la sussistenza di motivi per
discostarsi dal richiamato precedente, sorretto da robuste ragioni sistematiche.

2. Consegue l’accoglimento del ricorso, con rinvio al Tribunale di Reggio
Calabria, che si atterrà al principio di diritto richiamato, per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria
per l’ulteriore corso.
Così deciso il 29/01/2016.

acqua pubblica, secondo l’accezione valevole ai fini dell’applicazione dell’art. 17

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