Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21583 del 06/05/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 21583 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: GIANNITI PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Giancane Stefano, nato il 28702/1984

avverso la sentenza n. 865/2014 del 01/06/2015 della Corte di appello di Lecce

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Pasquale Gianniti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ciro
Angelillis, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.

Data Udienza: 06/05/2016

RITENUTO IN FATTO

1.La Corte di appello di Lecce con sentenza emessa in data 1 giugno 2015
ha confermato, in punto di affermazione di penale responsabilità, la sentenza
emessa in primo grado dal Tribunale di Lecce, con la quale Giancane Stefano era
stato condannato in relazione al reato di cui all’art. 186 comma 7 (con
riferimento al comma 2 lett. c C.d.S.) perché, in Monteroni di Lecce, il 25 maggio
2011, trovandosi alla guida di uno scooter di sua proprietà, sebbene legalmente

del tasso alcoolemico.
In punto di trattamento sanzionatorio, invece, la Corte, in parziale riforma
della sentenza di primo grado, ha rideterminato la pena in mesi sei di arresto,
con concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena,
subordinato alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività
per la durata di mesi sei.

2.Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato,
tramite proprio difensore di fiducia, deducendo vizio di motivazione in relazione
alla mancata concessione delle attenuanti generiche. In particolare, il ricorrente
si lamenta del fatto che entrambi i giudici di merito non avevano ravvisato
elementi che giustificassero la concessione delle attenuanti generiche nonostante
il suo atteggiamento collaborativo (che aveva permesso un rapido accertamento
della verità tramite consenso, mediante difensore, all’acquisizione di atti di
indagine al fascicolo per il dibattimento), il contesto nel quale era stato
commesso il reato in contestazione, l’esistenza di un unico e non grave
precedente penale (furto semplice per il quale era intervenuta condanna alla
pena di mesi otto di reclusione), elementi questi che erano stati tutti evidenziati
dal proprio difensore.
Sotto altro profilo il ricorrente si lamenta che la Corte ha subordinato il
beneficio della sospensione condizionale della pena alla prestazione di attività
non retribuita a favore della collettività per la durata di mesi sei, da un lato
senza indicare il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti, in
contrasto con quanto richiesto dall’art. 165 comma 5 c.p.; e, dall’altro, senza
motivare le ragioni per le quali aveva ritenuto di discostarsi dal minimo edittale
di giorni 10 previsto per il lavoro di pubblica utilità dall’art. 54 comma 2 d. lgvo
n. 274/2000.

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richiestone, si era rifiutato di sottoporsi all’accertamento per la quantificazione

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.

2.Fondato, sotto un duplice aspetto, è il profilo di doglianza, concernente le
modalità di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
2.1.Invero, ai sensi dell’art. 165 c.p., la sospensione condizionale della pena

prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo
determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le
modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna (e deve essere
subordinata alla prestazione della suddetta attività – ovvero all’adempimento di
uno degli altri obblighi previsti dal comma 1) – quando è concessa a persona che
ne ha già usufruito, salvo il caso di cui all’art. 163 comma 4 c.p.). In particolare,
il comma 4 dell’articolo in esame prevede che il giudice nella sentenza stabilisce
il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti.
La questione del termine per l’adempimento dell’obbligo cui sia stata
subordinata la sospensione condizionale della pena è stato diversamente risolto
nella giurisprudenza di questa Corte.
Ad un orientamento più favorevole al reo, secondo il quale la mancata
indicazione di un momento preciso entro il quale l’imputato, cui sia stata
accordata la sospensione condizionale della pena, debba adempiere all’obbligo
impostogli quale condizione di accesso al beneficio non costituisce violazione
dell’art. 165 c.p., comma 3, sicché in tale caso esso coincide con quello previsto
dall’art. 163 c.p., pari a due o cinque anni a seconda che si tratti di
contravvenzione, oppure di delitto (Cass. sez. 2^, n. 10219 del 13/03/1991,
Sperone, rv. 188600 e Cass. 18/6/1982, Vailatti; sez. 3^, n. 33933 del
05/07/2001, Saglimbeni, rv. 220197; sez. 1^, n. 41428 del 07/10/2004, Raffo,
rv. 229939; sez. 1^, n. 42109 del 19/06/2013, Damiano, rv. 256765), si è
contrapposta altra linea interpretativa più rigorosa per la quale (Cass., sez. 6, n.
8392 del 14/05/1996, Dal Cason, rv. 205562) in tale situazione, il termine, se
non specificato con la sentenza di condanna, coincide con il passaggio in
giudicato della sentenza.
Più di recente si è affermato come la tematica non si presti a soluzione
generalizzate, essendo condizionata dalla natura dell’obbligo al cui adempimento
sia stato subordinato il beneficio, sicché in materia urbanistica, quando la
sospensione dell’esecuzione dipenda dalla previa demolizione delle costruzioni
abusive, si è affermato che, pur nell’omessa indicazione operata all’atto della
condanna, il termine di adempimento debba essere individuato alla stregua tiene

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può essere subordinata, salvo che la legge disponga diversamente, alla

disposizioni che regolano l’attività edilizia (Sez. 3, n. 7046 del 04/12/2014,
Baccari, rv. 262419; sez. 3, n. 10581 del 06/02/2013, Lombardo, rv. 254757;
sez. 3, n. 23840 del 13/05/2009, P.G. in proc. Neri, rv. 244078), mentre nel
diverso caso in cui sia imposto al condannato l’adempimento di obbligazioni
civilistiche si è aderito alla tesi più rigorosa della coincidenza del termine di
adempimento con la data del passaggio in giudicato della sentenza (Sez. 1, n.
5217 del 22/09/2000, P.G. in proc. Bertoncello, rv. 217351).
Ritiene questa Corte di dover aderire alla linea interpretativa più favorevole

27/05/2015, Hosu, Rv. 263974), l’omessa specificazione del termine per
realizzare l’avveramento della condizione cui è subordinata la fruizione del
beneficio crea oggettivamente una situazione di incertezza che non può
pregiudicare la posizione dell’obbligato, il quale, in difetto di puntuali indicazioni
contenute nel titolo esecutivo, che conserva immutata la sua validità senza
essere viziato di nullità, può sentirsi autorizzato ad attendere per provvedere
sino a che non sia spirato il termine di efficacia della sospensione condizionale.
In definitiva, la sentenza impugnata va annullata nella parte in cui non
stabilisce il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti.
2.2. Sotto altro profilo – precisato che la sospensione condizionale della
pena, soltanto a seguito delle modifiche operate sull’art. 165 c.p. dalla legge n.
145/2004, può essere subordinata (ove il condannato non si opponga) alla
prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo
determinato comunque non superiore alla pena sospesa – occorre aggiungere
che l’art. 18 bis delle disposizioni di coordinamento del codice penale (introdotto
dal medesimo provvedimento di modifica) dispone l’applicabilità di alcune
previsioni del d. Igs n. 274/2004, concernenti il sistema sanzionatorio del giudice
di pace, in quanto compatibili.
Tra dette previsioni, ricorre per l’appunto l’art. 54 comma 2, in base al quale
il lavoro di pubblica utilità – che consiste per l’appunto nella prestazione di
attività non retribuita in favore della collettività -non può essere inferiore a dieci
giorni e non superiore a sei mesi.
Orbene, nel caso di specie, la Corte territoriale, nel determinare la
prestazione di attività non retribuita per la durata di mesi sei (cioè nella misura
massima, corrispondente nella specie alla pena irrogata di sei mesi di arresto),
ha omesso di indicare le ragioni per le quali ha ritenuto non soltanto di doversi
discostare dal minimo edittale ma di fissare la durata della prestazione nel
termine massimo.
2.3. Per le considerazioni svolte, il provvedimento impugnato va annullato
limitatamente al punto concernente la prestazione di attività non retribuita
favore della collettività.
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al condannato: invero, come già è stato rilevato (cfr. Sez. 1, sent. n. 26642 del

3.AI contrario, non fondato è il primo profilo di doglianza, concernente la
mancata concessione delle attenuanti generiche.
Come noto, in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle
attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto
riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti
punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d.
motivazione implicita (Sez. 6, 4/7/2003 n. 36382, Dell’Anna ed altri, n. 227142)

2/7/1998, Urrata, Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al
giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in
riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione
solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Sez. 3, sent. n.
26908 del 22/4/2004, Ronzoni, Rv. 229298).
Detta evenienza p1 non ricorre nel caso di specie, nel quale il giudice di
primo grado non ha riconosciuto all’imputato le circostanze attenuanti generiche,
in considerazione dei precedenti penali dell’imputato e della gravità della
condotta complessivamente tenuta (manifesto stato di ebbrezza in luogo
pubblico, accompagnato da violenza fisica su donna e da incosciente e pericolosa
guida di veicolo). E la Corte territoriale ha confermato la pronuncia sul punto del
giudice di primo grado, precisando che l’imputato, già all’epoca del fatto, era
gravato da un precedente per delitto e – pur ritenendo inutilizzabile (per mancata
indicazione della fonte) le acquisite comunicazione notizia di reato e annotazione
di servizio nella parte in cui davano contezza di una segnalazione di condotta
violenta ai danni della propria fidanzata, e, quindi, riducendo la pena – ha
ribadito la mancata concessione delle attenuanti generiche, “in quanto non sono
ravvisabili elementi che la giustifichino”.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente la
prestazione di attività non retribuita a favore della collettività.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così dec

06/05/2016

Il Consig itensore
Pasq

CORTE &PREMA
IV Sezione

Gianniti

CASAZ
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Il Presidente
Rocco Marco Blaiotta

o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua”: Sez. 6, sent. N. 9120 del

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