Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21582 del 15/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21582 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CIROLLI ANTONIO EUGENIO nato il 23/06/1967 a CATANIA

avverso la sentenza del 10/06/2016 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO MANCUSO;

Data Udienza: 15/12/2017

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 10/6/2016, la Corte di appello di Catania confermava la
sentenza del 27/2/2012, con la quale il Tribunale di Catania aveva condannato
Cirolli Antonio Eugenio alla pena di mesi otto di arresto in ordine al reato di
omesso versamento di cauzione a seguito di applicazione di misura di
prevenzione. La Corte di appello osservava che l’imputato non aveva provato lo
stato di indigenza, limitandosi ad affermare apoditticamente la mancanza di

Il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo
illogicità e mancanza della motivazione con riferimento alle condizioni di
indigenza. Il ricorrente sostiene che non è stata compiuta alcuna valutazione
circa l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, quale indice della condizione
economica dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato, quindi inammissibile.
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, in tema di misure di
prevenzione, la prova dell’impossibilità di provvedere al pagamento della
cauzione imposta a norma dell’art. 3-bis della legge 31 maggio 1965 n. 575
(disposizioni contro la mafia), per indisponibilità di mezzi economici non
preordinata né colposamente determinata, grava sull’imputato, il quale ha un
onere di allegazione che non può dirsi soddisfatto dall’apodittica affermazione di
versare in uno stato di indigenza (Sez. 1, n. 22628 del 21/05/2014 – dep.
30/05/2014, Alma, Rv. 262266). Nel caso ora in esame, la Corte di appello si è
attenuta a detto principio di diritto. L’affermazione della sentenza, secondo la
quale l’imputato si è limitato ad affermare labialmente la mancanza di risorse
economiche senza offrire la minima prova delle sue asserzioni, sottende
l’implicita osservazione, non illogica, che neppure l’ammissione al patrocinio a
spese dello Stato potrebbe essere considerata dimostrativa della circostanza.
Per completezza, deve notarsi che l’inammissibilità originaria
dell’impugnazione, per la genericità e la manifesta infondatezza dei motivi,
impedisce la valida instaurazione dell’ulteriore fase di impugnazione e, quindi,
non consente di affermare la prescrizione del reato, nonostante il tempo
trascorso durante la pendenza del presente giudizio di legittimità (Sez. 7, n.
6935 del 17/04/2015 – dep. 23/02/2016, Azzini, Rv. 266172).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la parte ricorrente deve essere
condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma
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risorse economiche.

di euro 2.000,00 alla Cassa delle ammende, non essendo dato escludere – alla
stregua del principio di diritto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza
n. 186 del 2000 – la sussistenza dell’ipotesi della colpa nella proposizione
dell’impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

ammende.
Così deciso in Roma il 15 dicembre 2017.

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

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spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000,00 alla Cassa delle

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