Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21580 del 06/05/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 21580 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: CAPPELLO GABRIELLA

SENTENZA
sul ricorso promosso da:
ARAPI Ardian
n. 18/12/1973
avverso la sentenza n.2594/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI del
03/09/2014

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
fatta la relazione dal Cons. dott. Gabriella CAPPELLO;
sentite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del dott. Ciro
ANGELILLIS, il quale ha chiesto l’annullamento senza rinvio con riferimento all’ordine di espulsione, rigetto nel resto;
udito l’Avv. Susanna Carraro del foro di Roma in sostituzione dell’Avv. Filippo Castellaneta del foro di Bari in difesa di Arapi, la quale ha chiesto
l’accoglimento del ricorso e ha depositato nomina ex art. 102 c.p.p..

Data Udienza: 06/05/2016

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 03 settembre 2014, la Corte d’appello di Bari, decidendo in sede
di rinvio, in riforma della sentenza impugnata da ARAPI Ardian (condannato dal GUP del
Tribunale cittadino ad anni 8 di reclusione ed euro 60.000,00 di multa per il delitto di cui
all’art. 73 comma 1 bis e 80 co. 2 d.P.R. 309790, per avere illecitamente importato marijuana
suddivisa in 34 involucri per complessivi 334,40 chilogrammi) ha rideterminato la pena in anni
3 e mesi 4 di reclusione ed euro 14.000,00, confermando nel resto.

sola determinazione della pena e, più in particolare, l’adeguamento della sanzione ai nuovi
limiti edittali conseguiti alla declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 32 del 2014.
Pertanto, tenuto conto dei nuovi limiti edittali, il giudice del rinvio ha rideterminato la pena
come sopra, tenuto conto della reintrodotta distinzione tra droghe cc.dd. pesanti e droghe
cc.dd. leggere, come quella oggetto dell’imputazione.
Quel giudice, inoltre, ha ritenuto di dover applicare all’imputatao, in ragione della sua
pericolosità sociale, anche la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato, ex
art. 235 I co. cod. pen. (coincidente con quella di cui all’art. 86 del T.U. stupefacenti), da
eseguirsi a pena espiata.
3. L’imputato ha proposto ricorso per cassazione personalmente, deducendo
violazione di legge, per non avere il giudice del rinvio osservato i limiti del devoluto,
applicando la misura di sicurezza da eseguirsi a pena espiata, così pervenendo ad un
trattamento peggiorativo e violando il principio del

favor rei,

altresì rilevando

l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione attraverso cui il giudice ha
ritenuto la pericolosità sociale del ricorrente, pur avendo revocato la misura
cautelare alla luce del comportamento tenuto durante lo stato di carcerazione
preventiva, del ruolo gregario dell’imputato e della sua incensuratezza.
Con successiva memoria, il ricorrente ha formulato altri tre motivi.
Con il primo, ha dedotto violazione di legge con riferimento alla disposta
espulsione, rilevando che l’istituto di cui all’art. 86 commi 1 e 2 d.P.R. 309/90
costituisce una vera e propria misura di sicurezza, laddove quella di cui al comma 3
avrebbe natura amministrativa, applicabile previo nulla osta dell’A.G. procedente e
solo prima della pronuncia giurisdizionale; che, dopo la pronuncia penale, l’A.G.
aveva rilasciato il n.o. all’autorità di P.S., cosicché il ricorrente era stato rinchiuso
nel C.I.E. di Bari per essere espulso circa due settimane dopo, pur essendo state
emesse ben tre pronunce giurisdizionali nei suoi confronti, in violazione, quindi, della
normativa prevista in materia di misure di sicurezza, in base alla quale l’espulsione è
eseguita solo a pena espiata.
Con il secondo, ha dedotto violazione di legge e vizio motivazionale, non
essendo stata condotta alcuna indagine sulla pericolosità sociale dell’imputato, come
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2. L’annullamento di questa Corte con sentenza del 20/06/2014 aveva riguardato la

stabiliscono l’art. 31 della I. 633/1986 e la giurisprudenza costituzionale e di
legittimità ed essendo state precluse all’imputato alcune possibilità processuali.
Sotto altro profilo, ha pure rilevato che il giudice non avrebbe tenuto in debito conto
il comportamento processuale del ricorrente, l’attività lavorativa svolta in carcere, la
frequentazione di corsi scolastici, l’assenza di rapporti disciplinari, la presentazione
alle convocazioni dell’autorità di P.S. precedenti la restrizione nel C.I.E. di Bari e
l’espulsione; rilevando, altresì, l’abnormità dell n.o. rilasciato all’autorità di P.S. che
ha consentito a quest’ultima l’immediata esecuzione del provvedimento di
espulsione.

2008/115/CE e violazione della Convenzione E.D.U.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
Ed infatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, nell’ipotesi in cui il P.M.
non abbia proposto impugnazione, il giudice d’appello, anche quando la misura di sicurezza sia
obbligatoria e sia stata illegittimamente esclusa o non ritenuta dal giudice di primo grado, non
può disporla, modificando in danno dell’imputato la sentenza da quest’ultimo impugnata, in
quando l’art. 597, comma terzo, cod. proc. pen. estende il divieto di “reformatio in peius”
anche all’applicazione di una misura di sicurezza nuova o più grave (cfr. Sez. Sez. 3,
n. 12999 del 12/11/2014 Ud. (dep. 27/03/2015), Rv. 262991; Sez. 6 n. 15892
dell’08/01/2014, Rv. 261530).
2. Nel caso all’esame, la misura di sicurezza è stata applicata dal giudice del rinvio, in
violazione, pertanto, del divieto di reformatio in peius, cosicché la sentenza va annullata senza
rinvio limitatamente al capo concernente l’applicazione della misura di sicurezza.
3. Gli ulteriori motivi restano assorbiti, eccezion fatta per quello con il quale è stata
dedotta l’abnormità del nulla osta dell’A.G. alla espulsione amministrativa da parte dell’autorità
di P.S. che è, al contrario, infondato.
Ed infatti, il provvedimento di nulla osta all’espulsione reso dall’autorità giudiziaria ex
art 13 co. 3 del d.lgs. n. 286 del 1998, non è autonomamente impugnabile. Ciò sia per il
principio di tassatività delle impugnazioni, non essendo normativamente prevista nel caso di
specie alcuna facoltà di proporre doglianza, sia per l’interpretazione sistematica che assegna a
tale nulla osta solo funzione accessoria rispetto al provvedimento che direttamente incide sui
diritti dello straniero interessato, vale a dire il decreto di espulsione.
Ogni doglianza sollevabile da parte dell’ARAPI andava semmai indirizzata avverso tale
ultimo provvedimento, ma non contro il nulla osta che, in quanto tale, non lo pregiudica
direttamente (cfr. Sez. 1 n. 26650 del 26/06/2008, Rv. 240878), essendosi altresì precisato
che “…gli eventuali vizi del decreto prefettizio di espulsione, costituente presupposto dell’ordine
del questore, e le eventuali invalidità del procedimento non possono essere dedotti né rilevati
in sede penale, attesa la natura civilistica della relativa impugnazione” (cfr. Sez. 1 n. 1468
dell’11/12/2007 Ud. (dep. 11/01/2008), Rv. 239075).

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.9/

Con il terzo motivo, ha dedotto violazione degli artt. 15 e 16 della Direttiva

4. La sentenza deve, quindi, essere annullata senza rinvio, limitatamente alla disposta
espulsione dalla Stato, statuizione che va eliminata, rigettando nel resto il ricorso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla disposta espulsione dallo Stato,
statuizione che elimina. Rigetta nel resto il ricorso.
Deciso in Roma il 06 maggio 2016

CORTE SUPREMA DI CASUVONE
I-V Sezione Penale

Il Consigliere est.
Gabriella Cappello

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