Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21579 del 22/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 21579 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

Data Udienza: 22/04/2016

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TORRE GIOVANNI N. IL 09/11/1978
avverso la sentenza n. 26/2014 TRIBUNALE di BARCELLONA
POZZO DI GOTTO, del 11/03/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
Udito il Procuratore G yerale in persona del Dott.
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che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l ‘Avv
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Ritenuto in fatto
TORRE Giovanni ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe con la quale è stata
confermata quella di primo grado, che l’ha riconosciuto colpevole del reato di lesioni
colpose aggravato dalla violazione delle norme sulle circolazione stradale commesso in
danno di RIVOLI Giuseppe, a seguito di incidente stradale occorsogli alla guida del
proprio autocarro.

attraverso la disamina degli esiti dell’ incidente e delle dichiarazioni rese dalla persona
offesa e dai testimoni, anche quelli indicati dalla difesa – rilievo decisivo alla circostanza
che l’imputato, alla guida dell’autocarro, nonostante le condizioni pregiudicate del manto
stradale [presenza di fanghiglia a seguito di importante evento alluvionale, tanto che il
sindaco aveva emesso un’ordinanza con la quale invitava la cittadinanza ad una
particolare prudenza, evitando anche la circolazione veicolare], aveva condotto il mezzo
in modo imprudente, procedendo a velocità inadeguata e senza mantenere una distanza
di sicurezza dai veicoli che lo precedevano, sicchè aveva perso il controllo dell’autocarro e
tamponato il veicolo della persona offesa, provocandole le lesioni per cui è processo.

Con le censure si sostiene la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione, sostenendosi la mancata dimostrazione dell’elemento della colpa in
concreto e il travisamento delle prove in ordine alla ricostruzione della propria condotta
ritenuta imprudente ed inadeguata.

Si lamenta la mancata applicazione da parte del giudice di secondo grado dell’articolo 35
del decreto legislativo n. 274 del 2000, sostenendosi che, con memoria aggiunta, si
sarebbe dato conto che la compagnia di assicurazione aveva risarcito il danno per
l’incidente e le lesioni.

Ci si duole del fatto che il giudice non aveva motivato le ragioni per cui non aveva inteso
concedere il beneficio della non menzione.

Si chiede comunque l’applicabilità dell’istituto di cui all’articolo 131 bis c.p., introdotto
nell’ordinamento dopo la sentenza di appello, sul rilievo che di tale istituto ricorreva tutti i
presupposti.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato con riferimento alla questione relativa alla esclusione della punibilità
per particolare tenuità del fatto ex articolo 131 bis c.p.
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Il giudice di secondo grado apprezzava i profili di colpa contestati, riconoscendo –

Gli altri motivi sono infondati per quanto di seguito esposto.

Va innanzitutto ricordato che la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica
e nella sua eziologia -valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti,
accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell’efficienza causale di
ciascuna colpa concorrente- è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di

adeguata motivazione (Sezione IV, 5 dicembre 2007, Proc. Rep. Trib. Forlì in proc.
Benelli; nonché, Sezione IV, 12 dicembre 2008, Spinelli).

Qui risulta che il giudicante ha fatto buon governo dei propri poteri valutativi, nel
ricostruire l’incidente, in modo del resto pienamente conforme rispetto alla decisione di
primo grado, attraverso una approfondita disamina delle modalità di verificazione dello
stesso, ricollegate alla condizione del manto stradale e alla condotta di guida inadeguata
tenuta dall’imputato, tale da avere determinato la perdita di controllo del mezzo.
In tal modo, in modo logico e coerente è stato ricostruito l’addebito cautelare e, con esso,
è stato dimostrato il nesso eziologico rispetto alla verificazione dell’incidente.

In questa prospettiva, la doglianza è squisitamente di merito, perché suppone una
rinnovata e diversa lettura degli elementi concordemente valutati a fini di prova in prima
e secondo grado.

Del resto, diversamente da quanto prospettato, il giudicante, in modo conforme rispetto
al primo giudice, si è soffermato sia sul nesso di causalità, ma anche ha approfondito il
tema della colpa, attraverso l’apprezzamento della violazione da parte dell’imputato di
una regola cautelare specificamente posta ad evitare l’evento dannoso in concreto
verificatosi, tanto da essere stata imposta nello specifico una regola di particolare
attenzione in ragione delle condizioni di manto stradale, del resto immediatamente
percepibili.

Sotto questo profilo, è stato senz’ altro affrontato l’apprezzamento della prevedibilità ed
evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare mirava a prevenire [la c.d.
“concretizzazione” del rischio].

In questa ottica ricostruttiva, come è noto, occorre necessariamente considerare e non
solo se l’autore della violazione della regola cautelare (generica o specifica) potesse
“prevedere” quello “specifico” sviluppo causale, ma anche se una condotta appropriata (il
cosiddetto comportamento alternativo lecito) avrebbe o no “evitato” l’evento: ciò in
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apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da

quanto si potrebbe formalizzare l’addebito solo quando il comportamento diligente
avrebbe certamente evitato l’esito antigiuridico o anche solo avrebbe determinato
apprezzabili, significative probabilità di scongiurare il danno.

Situazione qui ampiamente spiegata, nei termini suindicati.

Va soggiunto, poi, decisivamente che, in tema di ricorso per cassazione, quando ci si

secondo grado) di eguale segno (vuoi di condanna, vuoi di assoluzione), l’eventuale vizio
di travisamento può essere rilevato in sede di legittimità, ex articolo 606, comma 1,
lettera e), c.p.p., solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione)
che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto
come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado
[Sezione IV, 10 febbraio 2009, Ziello ed altri].

E’ situazione qui non ricorrente, che rende anche per tale ragione inaccoglibile la
doglianza che evoca il travisamento delle prove.

Erroneamente è stata invocata l’applicabilità dell’articolo 35 del decreto legislativo n. 274
del 2000, con riferimento all’asserito risarcimento che sarebbe intervenuto comunque
“nel corso dell’istruttoria dibattimentale” di primo grado.

Basta allora osservare, che, perché possa essere ritenuta applicabile la causa di
estinzione del reato conseguente alle condotte riparatorie di cui all’articolo 35 del decreto
legislativo 28 agosto 2000 n. 274 occorre che il risarcimento sia avvenuto nel termine
indicato dalla norma, ossia “prima dell’udienza di comparizione”, a meno che l’imputato
abbia chiesto (e il giudice disposto) la sospensione del processo per poter adempiere
all’obbligo risarcitorio cui fa riferimento il comma 3 dello stesso articolo 35 [Sezione IV,
24 settembre 2008, Proc. gen. App. Genova in proc. Barlocco].

Ne deriva che la questione non è stata valorizzata in sede di appello, per intempestività
dell’indicato risarcimento.

Quanto alla questione relativa alla non menzione, è sufficiente richiamare
assorbentemente il disposto dell’articolo 24, comma 1, lettera i),

del dpr 14 novembre

2002 n. 313, che esclude siano riportate nel certificato del casellario giudiziale richiesto
dall’interessato i provvedimenti giudiziari emessi dal giudice di pace.

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trova dinanzi ad una “doppia conforme” e cioè ad una doppia pronuncia (in primo e in

E’, invece, fondato il motivo relativo alla esclusione della punibilità per particolare tenuità
del fatto ex art. 131 bis c.p, introdotto dal d.lgs 16 marzo 2015, n. 28.

Le Sezioni unite, con le due recenti sentenze, 25 febbraio 2016- 6 aprile 2016 n. 13681
[imp. Tushaj] e 13682 [imp. Coccimiglio], hanno affermato che la causa di non punibilità
per la “particolare tenuità del fatto” (articolo 131 bis c.p.) si applica ad ogni fattispecie
criminosa, in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla medesima

I giudici di legittimità, in particolare, hanno operato la distinzione tra le vicende
processuali anteriori all’introduzione del novum normativo e vicende invece successive.
Per quanto riguarda le prime [come nel caso di specie], premesso che l’esclusione della
punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’articolo 131

bis c.p. ha natura

sostanziale, sono stati ribaditi principi già affermati da questa Corte, che ammettono
l’applicazione retroattiva del novum

normativo ex articolo 2, comma 4, c.p.: cosicchè,

nei procedimenti pendenti davanti alla Corte di cassazione per fatti commessi prima
dell’entrata in vigore della nuova normativa, la relativa questione è deducibile e rilevabile
d’ufficio ai sensi dell’articolo 609, comma 2, c.p.p. non essendo stato possibile proporre la
questione in appello; e lo sarebbe anche nel caso in cui il ricorso sia inammissibile [cfr.
anche Sezioni unite, 26 giugno 2015, Della Fazia].

Per quanto riguarda, le vicende processuali successive all’entrata in vigore dell’istituto de
quo, invece, le Sezioni unite hanno chiarito che, non essendovi questione di applicazione
di una sopravvenuta legge più favorevole ai sensi dell’articolo 609, comma 2, c.p.p,
l’inammissibilità del ricorso per cassazione, per qualsiasi ragione, precluderebbe la
deducibilità e la rilevabilità d’ufficio della causa di non punibilità.

Nel caso in esame, si rileva l’ammissibilità dell’istanza ex art. 609, comma 2, c.p.p, visto
che la sentenza é stata pronunciata in data 11 marzo 2015, prima ancora che il d.lgs.
16 marzo 2015, n.28, che ha introdotto l’istituto de quo fosse pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale della Repubblica.

Ciò premesso, lo specifico motivo va esaminato alla luce dei principi affermati dalle citate
sentenze delle Sezioni unite con riferimento al perimetro del giudizio di legittimità.

In proposito le Sezioni unite hanno affermato che la valutazione sulla particolare tenuità
del fatto richiede l’analisi e la considerazione della condotta, delle conseguenze del reato
e del grado della colpevolezza, che sono parte ineliminabile del giudizio di merito e sono
conseguentemente espresse in motivazione, magari in guisa implicita.
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norma

In questa prospettiva, il giudice di legittimità, quando la sentenza impugnata sia anteriore
alla novella, dovrà concludere per l’inapplicabilità dell’istituto in ragione dell’eventuale
presenza, nella motivazione del provvedimento impugnato, di giudizi già espressi che
abbiano logicamente e adeguatamente escluso, anche implicitamente, la particolare
tenuità del fatto.
Ove, invece, esistano al contrario, circostanze fattuali deponenti per la riscontrata

applicare la causa di non punibilità, in applicazione del disposto dell’articolo 620, comma
1, lettera I), c.p.p., che consente alla Corte di cassazione di adottare pronuncia di
annullamento senza rinvio quando la restituzione del giudizio nella fase di merito è
“superflua”: quando, cioè, per quel che qui interessa, non è richiesta una valutazione sul
fatto estranea al sindacato di legittimità.

In tali casi, osservano le Sezioni unite nelle citate sentenze Tushaj e Coccinniglio, la
pronuncia liberatoria è adottata ex articolo 129 c.p.p., disposizione applicabile in ogni
stato e grado del processo, con portata generale e sistemica, che consente l’adozione di
tutte le formule di proscioglimento [cfr., per riferimenti, anche Sezioni unite, 25 gennaio
2005, De Rosa].

Ai fini dell’applicazione dell’istituto della particolare tenuità, seguendo il percorso logico
argomentativo delle Sezioni unite cit., occorre compiere una valutazione relativa al fatto
concreto, richiedendosi in proposito una “valutazione complessa” che ha ad oggetto le
modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo valutate ai sensi dell’articolo
133, comma 1, c.p..

Alla luce di tali principi va quindi esaminata la fattispecie in esame, in cui il ricorrente ha
enunciato specificamente gli elementi, soggettivi ed oggettivi, dai quali si debba
desumere la particolare tenuità del fatto; in particolare:
a) le modalità della condotta, emergendo anzi dalla motivazione della sentenza
impugnata che l’incidente è avvento all’indomani di una particolare evento alluvionale,
che aveva provocato gravi disagi nell’intera zona; valutate unitamente allo stato di
incensuratezza dell’imputato;
la minima ze~- dell’offesa, in considerazione dei lievi danni subiti dalla parte offesa
(contusione regione mentoniera, cervicalgia, lieve escoriazione ginocchio sinistro,
giudicate guaribili in giorni quattro), così ritenuta dal giudice di primo grado che ha
applicato la pena pecuniaria.

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sussistenza di un fatto di particolare tenuità, può essere la stessa Corte di legittimità ad

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Il Collegio ritiene, pertanto, che nel caso concreto s’imponga l’annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata perché l’imputato non è punibile a causa della particolare
tenuità del fatto.

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Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l’imputato non è punibile a causa della
particolare tenuità del fatto.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in data 22 aprile 2016

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