Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21578 del 22/04/2016
Penale Sent. Sez. 4 Num. 21578 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
TRIESTE
nei confronti di:
LOSACCO PAOLO N. IL 17/12/1976
avverso la sentenza n. 843/2012 TRIBUNALE di TRIESTE, del
18/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
Udito il Procuratore G,erale in perso del Dott.
4I.-02
che ha concluso per
C.””vv
Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.
Data Udienza: 22/04/2016
Ritenuto in fatto
Il Procuratore generale di Trieste ricorre avverso la sentenza che, nell’ambito di
procedimento svoltosi con il rito abbreviato, ha riconosciuto LOSACCO Paolo colpevole del
reato di cui all’articolo 186, comma 7 del codice della strada [contestatogli al capo B],
condannandolo alla pena ritenuta congrua,,t1 provvedendo alla sostituzione con il lavoro
di pubblica utilità ex
articolo 186„ comma 9 bis del codice della strada; mentre lo ha
contestualmente assolto con la formula “perché il fatto non è più previsto dalla legge
codice della strada, contestatagli ai fini e per gli effetti di cui all’articolo 24 della legge n.
689 del 1981.
Lamenta in primo luogo il difetto di motivazione sull’avvenuta sostituzione della pena
principale con quella sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, sul rilievo che il giudicante si
era limitato a rappresentare la disponibilità dell’ente allo svolgimento del lavoro di
pubblica utilità, senza alcun apprezzamento della personalità del prevenuto [gravato da
numerosissimi precedenti penali e in particolare da due condanne per guida in stato di
ebbrezza e da una per il rifiuto a sottoporsi al test alcolennico], che avrebbero dovuto
condurre a giudizio prognostico negativo.
Lamenta la mancata applicazione del disposto dell’articolo 59 della legge n. 689 del 1981,
che si assume estensibile in via interpretativa anche all’istituto di cui all’articolo 186,
comma 9 bis del codice della strada, da cui avrebbe dovuto farsi discendere la
sussistenza di una condizione soggettiva ostativa alla concedibilità della sostituzione
[condanna per più di due volte per reati della stessa indole].
Lamenta, infine, l’assoluzione per il capo A. Diversamente, il giudicante, in ragione della
rilevata connessione obiettiva con il reato di cui al capo B, avrebbe dovuto o applicare
direttamente la sanzione amministrativa ovvero avrebbe dovuto trasmettere gli atti
come reato” [capo A], dalla contestazione di cui all’articolo 186, lettera a), dello stesso
all’autorità amministrativa.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato, nei termini di cui infra.
In particolare, fondato, assorbentennente quanto al trattamento sanzionatorio, è il primo
motivo, dovendosi apprezzare l’assoluta carenza di motivazione del giudicante sulla
determinazione assunta in ordine alla sostituzione della pena originaria con il lavoro di
pubblica utilità.
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Il lavoro di pubblica utilità trova la sua disciplina generale nell’articolo 54 del decreto
legislativo n. 274 del 2000, contenente le disposizioni sulla competenza penale del
giudice di pace, ma trova la sua disciplina ovviamente anche negli articoli 132 e 133 c.p.,
che disciplina il potere discrezionale del giudice in ordine alla scelta della sanzione da
applicare al caso concreto.
E’ tematica su cui il giudicante non si è in alcun modo soffermato, a maggior ragione in
avrebbero dovuto imporre una motivazione adeguata sul punto di determinazione a
favore della sostituzione della pena, la quale deve essere sempre pertinente rispetto alla
gravità del fatto ed alla personalità del reo, anche nella prospettiva della prevenzione
speciale.
L’accoglimento di tale motivo assorbe ogni rilievo relativo al secondo motivo. Giova
peraltro solo osservare l’inapplicabilità alla sanzione sostitutiva ex articolo 186, comma 9
bis, del codice della strada della norma limitativa di cui all’articolo 59 della legge n. 689
del 1981.
Infatti, come più volte sostenuto da questa Corte, sia pure in ordine a tematiche diverse,
la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità di che trattasi e la disciplina
della sostituzione delle pene detentive brevi di cui alla legge n. 689 del 1981 integrano
distinti e non sovrapponibili regimi sanzionatori di adeguamento della sanzione al caso
concreto ed alle caratteristiche personali dell’imputato [cfr., per riferimenti, Sezione IV, 2
aprile 2014, Fino, rv. 261566, nonché Sezione IV, 15 novembre 2013, Verdelli, rv.
258609], con la conseguenza che la disciplina del lavoro di pubblica utilità de qua trova
integrale soluzione nell’articolo 186, comma 9
bis
conseguendone l’estensione
di disposizioni limitative dettate
in malam partem
del codice della strada,
nell’ambito di un diverso corpus normativo.
Fondato è anche il terzo motivo.
Risulta evidente nel concreto che nessuna connessione può ravvisarsi tra la contestata
violazione dell’art. 186, comma 7, del codice della strada e dell’illecito amministrativo di
cui all’articolo 186, comma 2, lettera a), dello stesso codice, essendo evidente che la
configurabilità del reato prescinde del tutto dalla violazione oggetto della sola sanzione
amministrativa: è il rifiuto a sottoporsi all’accertamento con l’etilonnetro ad essere
sanzionato di per sé, essendo irrilevante per l’integrazione del reato se il soggetto abbia o
no assunto alcool e se sì in quale quantità.
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una vicenda caratterizzata da una serie di precedenti penali specifici dell’imputato, che
Impropriamente è stata invocata la disciplina di cui all’articolo 24 della legge n. 689 del
1981 [rectius, in materia, quella di cui all’articolo 221 del codice della strada].
Ed impropriamente, conseguentemente, il giudice penale si è pronunciato sull’illecito
amministrativo, pronunciando sentenza di assoluzione.
fatto costituente illecito amministrativo venga portato alla sua cognizione senza
connessione oggettiva con il fatto-reato da accertare, ossia senza che risulti necessario,
ai fini della cognizione penale, stabilire preventivamente se il fatto sanzionato in via
amministrativa sia stato commesso [cfr. Sezione I, 8 luglio 2004, Confl. Comp. In proc.
Gustin, rv. 229485].
Il giudice avrebbe dovuto provvedere rimettendo gli atti agli organi competenti, ai sensi
dell’articolo 220 del codice della strada.
In questo senso, la sentenza va annullata con rinvio al giudice di merito, perché
provveda rispettando i suddetti principi.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’illecito di cui all’art. 186,
comma 2, lettera A del codice della strada per difetto di giurisdizione.
Annulla la stessa sentenza limitatamente al reato di cui all’art. 186, comma 7, del codice
della strada per ciò che attiene al trattamento sanzionatorio, e rinvia sul punto al
Tribunale di Trieste.
Così deciso in data 22 aprile 2016
Il Consigliere estensore
Il Presidente
Vale piuttosto il principio secondo cui il giudice penale non ha giurisdizione quando un