Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21570 del 03/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 21570 Anno 2016
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
ZAVATTINI NICOLA N. IL 23.01.1988
Avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA in data 14 novembre
2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, sentite le
conclusioni del PG in persona del dott. Francesco Mauro Iacoviello che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.

2.

Con l’impugnata sentenza resa in data 14 novembre 2014 la Corte d’Appello di
Bologna, confermava la sentenza emessa dal locale Tribunale in data 3 luglio 2014,
appellata da Zavattini Nicola. Questi era stato tratto a giudizio e condannato alla
pena di anni uno di reclusione ed € 2000,00 di multa per il reato di cui all’art. 73
comma 5 – così come riqualificata l’originaria imputazione- per aver detenuto al fine
di spaccio grammi 109 di hashish e coltivato n. 5 piantine di canapa indiana.
Avverso tale decisione ricorre a mezzo del difensore di fiducia lo Zavattini
lamentando violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alla prova della
destinazione dello stupefacente, alla dosimetria della pena, alla mancata concessione
della possibilità di accedere alla messa alla prova.
CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

Il ricorso è infondato.
Con riferimento al primo motivo va osservato che questa Corte (cfr. Sez. 4, Sez.
4, n. 44136 del 27/10/2015 , Rv. 264910) ha avuto assai recentemente modo di

Data Udienza: 03/11/2015

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso nella camera di consiglio del 3 novembre 2015
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

precisare che ai fini della punibilità della coltivazione di piante dalle quali sono
estraibili sostanze stupefacenti, l’offensività della condotta consiste nella sua idoneità
a produrre la sostanza per il consumo, sicché non rileva la quantità di principio attivo
ricavabile nell’immediatezza, ma la conformità della pianta al tipo botanico previsto e
la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a
produrre la sostanza stupefacente. (In motivazione la Corte ha precisato che il dato
ponderale può assumere rilevanza, al fine di fornire indicazioni sull’offensività in
concreto della condotta, soltanto quando la sostanza ricavabile risulti priva della
concreta attitudine ad esercitare, anche in misura minima, l’effetto psicotropo).
(Conforme, Sez. U. 24 aprile 2008, Valletta, non massimata).
Quanto alla mancata concessione delle attenuanti generiche la Corte di merito ha
congruamente motivato sul punto mettendo in rilievo le caratteristiche della
personalità dell’imputato, destinatario di ordinanza cautelare per analoghi reati e per
il quale la violazione della normativa sugli stupefacenti non è certamente occasionale.
Va quindi sul punto richiamata la giurisprudenza di questa Corte secondo cui nel
motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che
il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti
dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli
ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da
tale valutazione. ( cfr. ex plurimís, Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014,Rv. 259899).
Quanto infine alla mancata concessione della possibilità di accedere all’istituto della
sospensione del processo con messa alla prova, va osservato che nel giudizio di
appello l’imputato non può chiedere la sospensione del procedimento con la messa
alla prova di cui all’art. 168-bis cod. pen., attesa l’incompatibilità del nuovo istituto
con il sistema delle impugnazioni e la mancanza di una specifica disciplina transitoria.
Va altresì precisato che, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 263 del
2011, la mancata applicazione della disciplina della sospensione del procedimento
con messa alla prova nei giudizi di impugnazione pendenti alla data della sua entrata
in vigore, non implica alcuna lesione del principio di retroattività della “lex mitior” da
riferirsi esclusivamente alle disposizioni che definiscono i reati e le pene (cfr. in
questo senso Sez. 4, n. 43009 del 30/09/2015, Rv. 265331)
4. Il ricorso va pertanto rigettato. Ne consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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