Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2157 del 12/06/2013
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2157 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI UDINE
nei confronti di:
ZANELLA SIRO N. IL 06/07/1946
BRAGAGNOLO FABRIZIO N. IL 28/03/1964
FORTIS SANDRO N. IL 04/08/1942
MARULLO MICHELANGELO N. IL 05/01/1951
BOBBO MICHELE N. IL 06/07/1965
avverso la sentenza n. 2103/2012 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di UDINE, del 09/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIA
LA ALORCIA;
entite le conclusioni del PG Dott. es, t5
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L.
Data Udienza: 12/06/2013
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 9-5-2012, il Gup del Tribunale di Udine dichiarava non luogo a
procedere, con la formula perché il fatto non sussiste, nei confronti di Siro ZANELLA, Fabrizio
BRAGAGNOLO, Sandro FORTIS, Michelangelo MARULLO, Michele BOBBO e Fabio BARBAZZA, in
ordine al reato di bancarotta impropria ex art. 223, comma 2 n.2, legge fall. (capo c), per aver
cagionato con dolo il fallimento della Info & Tech srl, dichiarato il 23-5-2008.
L’imputazione individuava la condotta da un lato nel finanziamento di fatto della società
al fallimento, per oltre un milione di euro, dall’altro in condotte dissipative o distrattive
contestate in altri capi d’accusa.
2.11 primo giudice riteneva che per queste ultime condotte si procedesse già grazie ad altri capi
d’imputazione. Quanto al finanziamento della società tramite contributi previdenziali ed
imposte non versati negli anni, affermava che tale comportamento, lungi dal concorrere a
cagionare il fallimento, aveva invece consentito la prosecuzione dell’attività d’ impresa.
3.11 Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Udine ha proposto ricorso deducendo
erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità della motivazione.
4.11 richiamo a capi d’imputazione relativi al reato di cui agli artt. 216 e 223 legge fall. sarebbe,
a suo dire, meramente descrittivo delle conseguenze prodotte dalla scelta di non effettuare i
pagamenti dovuti all’erario per contributi e per imposte, che integra la condotta che ha
cagionato il fallimento. Condotta che, pur avendo consentito la prosecuzione dell’impresa,
risulterebbe tenuta nella consapevolezza che, una volta drenate le attività societarie, la società
sarebbe stata abbandonata all’inevitabile fallimento, tale quindi da poter integrare quella
richiesta dalla norma che prevede il reato contestato.
5.La richiesta era quindi di annullamento della sentenza.
6.Con memoria depositata il 19-3-2013 il difensore di Zanella ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso del PM è fondato.
2.Mentre il penultimo ed ultimo capoverso del capo c) d’imputazione, per il quale è stata
emessa la sentenza di non luogo a procedere per insussistenza del fatto, si limitano in effetti al
richiamo, secondo quanto osservato dal Gip nella sentenza impugnata e ribadito nella memoria
della difesa Zanella, a condotte distrattive oggetto di altri capi d’imputazione (capo a punto 1
che peraltro non vede imputato il Fortis, e capo b punti 1 e 2, che non si riferiscono né a
Zanella né a Bragagnolo), in contrasto con il principio giurisprudenziale affermato da questo
corte secondo il quale il concorso materiale tra il reato di cui agli artt. 216 e 223, comma 1,
legge fall. e quello di causazione con dolo del fallimento (art. 223 comma 2, n.2, stessa legge)
è possibile solo in caso di diversità delle condotte (Cass. 34559/2010), ricorrono i vizi dedotti
dal PM laddove il primo giudice, premesso il dato pacifico che il finanziamento della società era
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mediante gli importi dovuti a titolo di contributi previdenziali e di imposte, non versati dal 2001
stato effettuato tramite i contributi previdenziali e le imposte non versati dal 2001 fino al
fallimento, per il complessivo importo di oltre un milione e 285mi1a euro, affermava che tale
comportamento, oggetto del capo c, primo capoverso, lungi dal concorrere a cagionare il
fallimento, aveva invece consentito la prosecuzione dell’attività d’impresa.
3.Per quanto, invero, quest’ultima fosse stata possibile proprio grazie a quell’anomala forma di
finanziamento, la sentenza impugnata, incorrendo in erronea applicazione della legge penale e
in vizio motivazionale, ha trascurato che, secondo quanto correttamente osservato dal PM
ricorrente, la condotta contrassegnata dalla volontà di portare avanti l’attività d’impresa a
a determinare lo stato d’insolvenza rendendo inevitabile l’epilogo fallimentare.
4.Né rileva, a differenza da quanto osservato dal difensore dello Zanella nella memoria, la
quale per il resto investe profili di fatto e in particolare quello del concorso dell’imputato nel
reato, che il ‘risparmio’ fiscale e contributivo non fosse stato distratto, ma reinvestito
nell’impresa, dal momento che non di bancarotta fraudolenta patrimoniale si tratta, ma di
causazione dolosa del fallimento della società.
5.La sentenza merita quindi annullamento con rinvio al Tribunale di Udine (ufficio Gip, in
persona di diverso magistrato) per nuovo esame alla stregua degli elementi sopra evidenziati.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Udine per nuovo esame.
Roma, 12.6.2013
prezzo della sempre crescente entità del debito fiscale e per contributi previdenziali, era idonea