Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21539 del 27/04/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 21539 Anno 2018
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: GIANESINI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BERLINGERI ANGELO nato il 07/07/1982 a REGGIO CALABRIA

avverso la sentenza del 09/02/2017 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MAURIZIO GIANESINI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PIETRO MOLINO
Che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita del ricorso.
Udito ililifensore

Data Udienza: 27/04/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Il Difensore di Angelo BERLINGERI ha proposto ricorso per Cassazione
contro la sentenza con la quale la Corte di Appello di REGGIO CALABRIA ha
confermato la sentenza di primo grado che aveva condannato l’imputato alla
pena di otto mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 385 cod. pen. per essersi
allontanato dalla abitazione nella quale si trovava in regime di arresti domiciliari.
2. Il ricorrente ha dedotto un unico motivo di ricorso per violazione di legge

proc. pen. e ha lamentato che la Corte non avesse considerato che l’imputato era
stato reperito presso l’androne della abitazione, luogo da considerarsi pertinenza
della abitazione stessa immediatamente raggiungibile senza soluzione di
continuità e quindi legalmente accessibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va rigettato, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
2. Va rilevato in primo luogo che i fatti, per come sono stati accertati nelle
sentenze di merito, si riferiscono ad una condotta di presenza dell’imputato sotto
i portici del palazzo dove si trovava l’abitazione del BERLINGEERI e di rientro
dello stesso, non appena accortosi della presenza della presenza degli Agenti
operanti, nell’androne dello stabile.
3. Chiarito quanto sopra, va allora osservato che la Corte di Appello ha
correttamente ed adeguatamente dato atto che il fatto accertato realizzava
l’ipotesi di evasione , come affermato in più occasioni dalla giurisprudenza della
Corte di Cassazione secondo la quale in tema di evasione dagli arresti domiciliari,
agli effetti dell’art. 385 cod. pen. deve intendersi per abitazione il luogo in cui la
persona conduce la propria vita domestica e privata con esclusione di ogni altra
appartenenza (aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili) che
non sia di stretta pertinenza dell’abitazione e non ne costituisca parte integrante
(così Cass. Sez. 6 , 21/10/2014 n. 4830, P.m. in proc. Calkevica, Rv 262155).
4.

L’affermazione del ricorrente secondo la quale l’androne dell’edificio

costituirebbe, nel caso specifico, pertinenza della abitazione immediatamente
raggiungibile senza soluzione di continuità, oltre ad essere una valutazione di
fatto del tutto sfornita di prova e comunque non proponibile con il ricorso in
Cassazione, resta comunque smentita dalla ricostruzione operata dai Giudici di
merito e sopra ricordata, dove si allude alla circostanza che l’imputato era stato

1

penale sostanziale e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1 lett. b ed e cod.

inizialmente visto sotto i portici e solo in un secondo momento, dopo essersi
accorto della presenza dei carabinieri, si era spostato nell’androne dell’edificio.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Il Consigliere est sore

Il Presidente

Maurizio GIANE INI

Anta PE1UZZELLIS

Così deciso il 27 aprile 2018.

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