Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21534 del 13/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 21534 Anno 2018
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: COSTANTINI ANTONIO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
DAMASCELLI DELIA GIUSEPPINA nato il 26/11/1937 a MILANO
DAMASCELLI MARIO GIUSEPPE OTTAVIO nato il 13/01/1942 a MAGENTA

avverso la sentenza del 15/05/2017 della Corte d’appello di Milano
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Antonio Costantini.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mariella
De Masellis che ha concluso, per Damascelli Mario Giuseppe Ottavio per
l’annullamento senza rinvio per difetto di condizione di procedibilità; per
Damascelli Delia Giuseppina per l’annullamento senza rinvio in relazione al 1°
episodio per intervenuta prescrizione; per l’annullamento in relazione al 3°
episodio per difetto di condizione di procedibilità, con rinvio per la
rideterminazione della pena e delle statuizioni civili e rigetto nel resto del ricorso.

Udito l’avv. SCUTO Salvatore, in difesa delle PPCC BERTINI Bianca e BERTINI
Luciano, che chiede il rigetto o in subordine l’inammissibilità del ricorso, deposita
conclusioni e nota spese.
Udito l’avv. RONCO Mauro, in difesa di DAMASCELLI Mario Giuseppe Ottavio e
DAMASCELLI Delia Giuseppina, che insiste per l’accoglimento dei motivi di
ricorso.

Data Udienza: 13/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1.

Dannascelli Delia Giuseppina e Damascelli Mario Giuseppe Ottavio

ricorrono avverso la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Milano che ha
confermato la sentenza di condanna rispettivamente alla pena di un anno e mesi
due, e mesi sei di reclusione, pena sospesa subordinatamente al pagamento
della provvisionale di euro 500.000,00, emessa dal Tribunale della stessa città,

388, primo comma, cod. pen. poiché, con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso ed in concorso tra loro, unitamente a Salvetti Vittorio
Emanuele, deceduto nel corso del giudizio, al fine di sottrarsi all’adempimento
degli obblighi nascenti dalla sentenza penale di condanna emessa dal Tribunale
di Milano del 11.1.2011 e depositata il 5.4.2011 contro Damascelli Delia
Giuseppina con cui era stato disposto il risarcimento in favore delle parti civili
Bianca Bertini e Luciano Bertini, con provvisionale immediatamente esecutiva di
euro 1.500.000,00, compiendo atti simulati e fraudolenti con cui i coniugi
Salvetti-Damascelli costituivano un fondo patrimoniale su tutti gli immobili di loro
proprietà con la sola eccezione di un immobile sito all’isola d’Elba (4 luglio 2006),
Delia Giuseppina Damascelli trasferiva, per un corrispettivo di euro 250.000, in
favore del marito Salvetti, la metà quota indivisa degli immobili siti in Milano,
isola d’Elba e Brebbia in adempimento di accordi economici assunti in sede di
separazione consensuale (omologa del 22 febbraio 2011) e costituiva ipoteca
legale volontaria sull’immobile dell’isola d’Elba nei confronti del fratello
Damascelli Mario Giuseppe Ottavio a garanzia di un credito cambiario di euro
240.000,00 (11 gennaio 2012).

2. Delia Giuseppina Damascelli deduce i motivi di cui appresso.
2.1. In ordine all’iscrizione ipotecaria dell’Il gennaio 2012 rileva l’assenza
della condizione di procedibilità con conseguente nullità della sentenza
impugnata in quanto l’azione penale non poteva essere iniziata, e censura la
motivazione della Corte d’appello che nulla ha statuito sul punto, a sostegno del
rigetto dell’eccezione.
La querela presentata il 16 settembre 2011, non poteva che riferirsi agli atti
precedentemente posti in essere. La motivazione della Corte, che ha affrontato
la questione in occasione della sola valutazione della responsabilità in capo a
Damascelli Mario, fa riferimento alla volontà delle parti offese di querelare «tutti
coloro che si renderanno responsabili di ulteriori atti di elusione

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che aveva ritenuto i ricorrenti responsabili dei delitti di cui agli artt. 81, 110,

dell’obbligazione», ed ha ritenuto che, per effetto di tale querela, tutti gli atti
rientranti nel medesimo disegno criminoso sono oggetto della manifestazione di
volontà punitiva per il principio di estendibilità e della impersonalità della
querela, come anche ribadito dall’art. 123 cod. pen.
Osserva il ricorrente che la frase riportata in sentenza non corrisponde a
quella contenuta nella querela che fa riferimento ad altri soggetti che si
«dovessero ritenere responsabili». La Corte territoriale ha frainteso l’effetto
estensivo della querela che non può estendere la punibilità ai reati futuri,

episodi sono avvinti dal nesso della continuazione, poiché i singoli reati non
cessano di essere autonomi.
2.2. Si deduce vizio della motivazione ed erronea interpretazione dell’art.
124 cod. pen. con riferimento alla cessione immobiliare di cui ai fatti commessi il
3 marzo 2011, rilevandosi l’intempestività della querela.
La querela del 16 settembre 2011 presentata dagli eredi Bertini è tardiva.
Già in data 12 maggio 2011 gli stessi, allo scadere del termine assegnato
alla Damascelli, erano a conoscenza dei fatti, con conseguente irrilevanza della
ulteriore rinnovazione del precetto avvenuto il successivo 29 luglio 2011, che
non consente di posticipare la decorrenza dei termini per la proposizione della
querela.
2.3. Quanto ai fatti connessi all’istituzione del fondo patrimoniale il 4 luglio
2006, si rileva la prescrizione non dichiarata dalla Corte d’appello.
2.4. Violazione della legge penale in relazione al reato di cui all’art. 388 cod.
pen. e vizi di motivazione in ordine alla sussistenza della dolosa simulazione e
fraudolenza degli atti di natura patrimoniale, nonché erronea applicazione
dell’art. 2644 e 2652 cod. civ. ed erronea interpretazione dell’art. 2808 cod. civ.
di cui il giudice deve tenere conto nell’applicazione della legge penale.
2.4.1. Con riferimento al fondo patrimoniale del 4 luglio 2006, i giudici non
hanno motivato sulla sua natura fraudolenta ovvero simulata, rendendo la Corte
una illogica ricostruzione della vicenda che, malgrado sia stata datata all’epoca
dell’indagine per circonvenzione di incapace, non chiarisce sulla base di quali atti
Damascelli Delia ne fosse al corrente, trovandosi il procedimento penale per
circonvenzioni di incapaci in fase d’indagine.
2.4.2. Con riferimento alla cessione immobiliare del 3 marzo 2011, nessun
elemento faceva ritenere che la separazione tra coniugi e le conseguenti
disposizioni patrimoniali fossero simulate o fraudolente, poiché la pubblica
accusa non aveva in alcun modo dimostrato che l’importo di vendita fosse
inadeguato rispetto al valore dei beni. La motivazione della Corte risulta
apodittica nella parte in cui afferma che tutti gli atti dispositivi erano stati posti

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principio che non viene meno in ipotesi, come quello in esame, in cui i distinti

in essere in concomitanza con la decisione (tra la lettura del dispositivo ed il
deposito della motivazione) poiché ha ritenuto dimostrata la fraudolenza e
simulazione con la solo consecutio temporum degli atti, ed ha ingiustamente
gravato la posizione dell’imputata dell’allegazione di prove contrarie, in contrasto
con il regime dell’onere della prova.
2.4.1 Quanto all’iscrizione di ipoteca del 11 gennaio 2012, non è stata
evidenziata la natura simulata o fraudolenta dell’atto che era stato posto in
essere per superare le difficoltà finanziarie collegate alle spese sostenute per il

La Corte territoriale ha motivato facendo riferimento all’assenza di prove
fornite dalla Damascelli che, a fronte di tre cambiali rilasciate a garanzia per un
importo di euro 240.000,00, avrebbe dovuto dimostrare il rapporto sottostante
all’emissione dei titoli di credito che era stato ritenuto fittizio, ma anche in
questo caso ha omesso di valutare quanto dichiarato dalla teste Vera Cuocci ed
ha ribaltato l’onere della prova.
Poiché la natura fraudolenta o simulata degli atti è elemento essenziale della
fattispecie contestata ex art. 388 cod. pen., l’omessa prova in ordine alla
sussistenza di tale elemento fa venir meno l’accertamento del reato contestato.
2.4.4. L’iscrizione ipotecaria in favore di Mario Damascelli in data 11 gennaio
2012, a fronte della trascrizione della domanda giudiziale delle parti offese sin
dal 3 marzo 2006, ulteriormente trascritta il 21 luglio 2011, data successiva
all’iscrizione di ipoteca, non è idonea a compromettere le ragioni degli eredi
Bertini.
La Corte territoriale ha rigettato la deduzione sul presupposto che l’art.
2808, primo comma, cod. civ. tutela il creditore ipotecario in maniera rafforzata
rispetto alla semplice trascrizione della domanda giudiziaria, affidata all’incerto
esito del giudizio.
I giudici di merito hanno errato nell’applicazione della norma in esame,
dovendosi fare riferimento all’art. 2652 cod. civ. secondo cui la domanda rende
inopponibile, in caso di trascrizione di domanda giudiziale, al soggetto
nell’interesse del quale la trascrizione era avvenuta, qualsiasi trascrizione o
iscrizione successiva.
2.5. Violazione di norma penale e processuale con riferimento agli artt. 187
cod. pen. e 539, comma 2, cod. proc. pen. e vizi di motivazione sulla
quantificazione dell’ammontare della provvisionale.
Nei motivi di gravame il ricorrente aveva rilevato l’eccessiva quantificazione
della provvisionale calcolato in euro 500.000,00 che aveva costituito
un’artificiosa duplicazione della quantificazione che competerebbe alle parti
offese in altro procedimento.

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giudizio penale.

I rilievi sono stati superati con motivazione elusiva, in quanto il collegio ha
rilevato che la quantificazione fosse corretta, tenuto conto che nel giudizio per
circonvenzione di incapace era stata emessa una condanna ad un provvisionale
di euro 1.500.000,00, ricostruzione che esplicita l’estraneità del danno
quantificato rispetto al reato per cui si procede.
2.6. Violazione degli artt. 62 bis e 133 cod. pen. e vizi di motivazione circa
la quantificazione della pena e la mancata concessione delle attenuanti
generiche.

anni, il Tribunale ha applicato quella di 10 mesi, senza concedere le attenuanti
generiche ed ha motivato la elevata entità della pena sulla base di rapporti
processuali ancora non definiti poiché direttamente implicanti giudizi connessi al
procedimento per circonvenzione, e ciò nonostante l’incensuratezza della
Damascelli e l’assenza di precedenti penali.
A fronte di tali rilievi dedotti in sede di gravame la Corte ha risposto con
motivazione apparente anche in ordine alla eccessiva pena inflitta per la
continuazione.

3. Damascelli Mario Giuseppe Ottavio deduce i motivi di cui appresso, molti
dei quali sovrapponibili a quelli della sorella Delia.
3.1. Il ricorrente premette di rispondere del solo fatto connesso all’iscrizione
di ipoteca avvenuta in data 11 gennaio 2012 ed esprime le stesse censure in
ordine alla presentazione della querela e sulla motivazione che al riguardo la
Corte ha inteso fornire come sub 2.1. del «ritenuto in fatto» enunciato cui si
rinvia.
3.2. Deduce omessa, illogica e contraddittoria motivazione in ordine alla
mancata assunzione di una prova decisiva circa la mancata audizione del teste
Bianchini, decisione istruttoria impugnata con i motivi d’appello.
3.3. Violazione della legge penale in relazione al reato di cui all’art. 388 cod.
pen. e vizi di motivazione in ordine alla sussistenza della dolosa simulazione e
fraudolenza degli atti di natura patrimoniale, nonché erronea applicazione
dell’art. 2644 e 2652 cod. civ. ed erronea interpretazione dell’art. 2808 cod. civ.
di cui il giudice avrebbe dovuto tenere conto nell’applicazione della legge penale,
con censure analoghe a quelle già esposte sub 2.4.3 e 2.4.4.
Si ritiene illogicamente fondato un concorso del Damascelli a fronte di una
costituzione d’ipoteca a mezzo di dichiarazione unilaterale e la emissione dei
titoli cambiari rilasciati dalla sorella, mentre l’unico atto posto in essere dal
Damascelli Mario era stato di effettuare il prestito di 240.000,00 euro alla
sorella, circostanza che non può ritenersi in frode ai creditori, essendo

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A fronte di una pena astratta che parte da 15 giorni sino ad un massimo di 3

inconferente al riguardo la circostanza che il ricorrente fosse garantito dalla falsa
dichiarazione della sorella resa nell’atto con cui affermava che l’immobile era
libero da vincoli e domande giudiziali trascritte.
3.4. Violazione di norma penale e processuale con riferimento agli artt. 187
cod. pen. e 539, comma 2, cod. proc. pen. e vizi di motivazione, sulla
quantificazione della provvisionale.
Oltre ad evidenziare quanto sub 2.5., si osserva come risulti illogica e
contraddittoria l’affermazione della Corte distrettuale che, nel rigettare le

dell’unicità del fatto di cui all’imputazione, afferma che trattasi dello stesso reato
ed unico evento anche se realizzato con diverse condotte, ed in tal senso si
ritiene giustificata l’applicazione del disposto dell’art. 187, secondo comma, cod.
pen.
Tanto, oltre a non essere conforme ai fatti in quanto il Damascelli risponde
in concorso esclusivamente per l’iscrizione di ipoteca nel gennaio del 2012, è
confermato dalla lettura dell’imputazione che fa espressamente riferimento a più
fatti in continuazione tra loro (tanto che Delia Damascelli è stata condannata alla
pena di anni uno e mesi 2, mentre il germano a mesi sei di reclusione), oltre che
dalla stessa motivazione della Corte territoriale che esplicitamente fa riferimento
alle tre ipotesi poste in continuazione tra loro.

4. Delia Giuseppina Damascelli e Mario Giuseppe Ottavio Dannascelli hanno
depositato in data 23 febbraio motivi nuovi ed aggiunti, con allegazione degli atti
richiamati.
4.1. La prima, oltre a ribadire quanto sopra esposto in ordine alla
improcedibilità dei fatti connessi al rilascio della cambiale ipotecaria, successivi
alla querela, evidenzia come già dal testo della querela emerga alla data del 26
gennaio 2011, la consapevolezza dei querelanti dell’esistenza del fondo
patrimoniale costituito nel 2006, passo della querela riprodotto nell’istanza di
sequestro conservativo depositata il 26 gennaio 2011, tanto confermato dalle
visure catastali effettuate dalla difesa delle parti offese, prodotte in udienza il 15
dicembre 2014 e datate 25 gennaio 2011.
Essendo, quindi, noto alle parti offese la costituzione del fondo patrimoniale
al gennaio 2011, la querela presentata in data 16 settembre 2011 è tardiva.
Quanto al trasferimento delle quote immobiliari, si ribadisce la non
tempestività della querela poiché la circostanza sarebbe emersa pacificamente
con una semplice ispezione ipotecaria presso l’Agenzia del Territorio, ed opera un
richiamo alla giurisprudenza di questa Corte che non consente che consegua
all’inerzia del querelante, la produzione di effetti sfavorevoli per l’imputato.

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deduzioni in quella sede circa l’ammontare previsto in sentenza alla luce

Anche nel caso in esame le persone offese hanno irragionevolmente tardato
ad effettuare un accertamento opportuno ai fini delle iniziative esecutive da
intraprendere. Si ribadisce l’eccesiva quantificazione della provvisionale
accordata.
4.2. Il secondo ribadisce l’assenza di querela rispetto a fatti successivi alla
sua presentazioni oltre a contestare l’eccessiva quantificazione della
provvisionale come sub 3.1 e 3.4. specificato.

1. Appare necessario premettere alla trattazione dei motivi dei ricorsi, la
definizione degli elementi costitutivi e della struttura della fattispecie di reato
prevista dall’art. 388 primo comma, cod. pen.
1.1. L’art.388, primo comma, cod. pen. tende a tutelare l’integrità del
patrimonio posto a garanzia del creditore titolare di un provvedimento
giurisdizionale, punendo la condotta tesa alla creazione di una fittizia
indisponibilità del proprio patrimonio in danno dei creditori (Sez. 6, n. 41118/16
del 5/07/2016, Rv. 267961; Sez. 6, n. 29828 del 27/06/2012, Rv. 253696).
1.2. La figura criminosa in questione ruota intorno alla commissione di
condotte elusive ad opera del soggetto agente ed all’inottemperanza, da parte
del medesimo, dell’ingiunzione nascente dal provvedimento giurisdizionale.
Il codice prevede plurime e alternative possibilità di depauperare il
patrimonio da parte dell’agente per mezzo di condotte elusive definite quali
simulate o fraudolente poiché aventi quale finalità la sottrazione dei beni alla
garanzia patrimoniale generica del creditore posta in essere per mezzo di atti
astrattamente leciti ma che assumono una connotazione illecita penalmente
rilevante per le finalità perseguite ed il risultato ottenuto.
Le condotte elusive, quindi, rispetto all’oggetto giuridico della tutela,
possono essere precedenti, contestuali ovvero successive all’inadempimento, non
essendo esse valutabili singolarmente ed in forma parcellizzata, poiché ciò che
rileva per l’integrazione della fattispecie è che il debitore, all’esito
dell’ingiunzione promossa secondo i canoni legali, non adempia.
1.3. In tale momento si perfeziona il reato, poiché proprio l’inadempimento
realizza il danno per il creditore e dimostra l’inefficacia del provvedimento
giudiziale esecutivo, evento giuridico che caratterizza il reato quale fattispecie a
consumazione istantanea.
Mentre, quindi, l’ingiunzione di ottemperanza” si configura come una
condizione di punibilità del reato, l'”inottemperanza” è un comportamento che

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CONSIDERATO IN DIRITTO

cade sotto la sfera di volontà del debitore (Sez. 6, n. 44936 del 03/10/2005,
P.G. e P.C. in proc. Scuteri e altro, Rv. 233502).
Tale principio, se può essere ritenuto pacifico quando la fattispecie viene
realizzata a mezzo condotte elusive precedenti o contestuali all’ingiunzione e
successivo inadempimento, richiede ulteriori chiarimenti per il caso in cui la
fattispecie sia posta in essere a mezzo di condotte elusive successive.
1.4. La particolare figura di reato, infatti, presenta profili che, sotto alcuni
aspetti, può essere accostata al delitto di bancarotta fraudolenta, presentando le

In tale fattispecie il fallimento costituisce per le condotte antecedenti di
bancarotta, il momento di consumazione del reato, mentre per quelle successive,
un mero presupposto di esistenza del reato, in assenza del quale il fatto non
assume rilevanza penale.
In tal senso giurisprudenza costante di questa Corte secondo cui il momento
consunnativo del delitto di bancarotta fraudolenta post-fallimentare non è
segnato dalla declaratoria del fallimento ma coincide con quello in cui vengono
poste in essere le condotte integranti il fatto tipico, dalla cui consumazione
iniziano dunque a decorrere i termini di prescrizione del reato (Sez. 5, n. 18565
del 21/01/2011, P.G. in proc. Vitali e altro, Rv. 250082).
1.5. Difforme risulta nei due reati la natura giuridica delle singole condotte
implicanti disposizione sui beni che solo nella bancarotta mantengono la loro
autonomia ontologica, dando luogo ad un concorso di reati, unificati, ai soli fini
sanzionatori, nel cumulo giuridico previsto dall’art. 219, secondo comma, n. 1,
legge fall. (Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, P.M. in proc. Loy, Rv. 249665);
nella fattispecie in esame non assumono autonoma connotazione, facendo
riferimento l’art. 388, primo comma, cod. pen. all’inadempimento quale condotta
che costituisce l’evento giuridico, mentre le singole condotte elusive realizzano il
preliminare o successivo depauperamento che la fattispecie persegue
penalmente.
1.6. Nel caso che ci occupa il reato che si realizza per mezzo di condotte
precedenti o contestuali all’inadempimento dell’ingiunzione di pagamento si
perfeziona con il vano decorso del termine per adempiere (in motivazione: Sez.
6, n. 41118 del 05/07/2016, Gilberti, Rv. 267961), mentre ove quelle successive
all’inadempimento rappresentino le uniche condotte elusive contestate, si
pospone il momento di consumazione all’atto del depauperamento successivo.
1.7. Nell’ipotesi in cui ci siano plurime condotte elusive, sia precedenti che
successive, pur il reato perfezionandosi al momento dell’inadempimento, la
successiva condotta conduce ad una nuova aggressione del medesimo bene
giuridico, e sposta in avanti la consumazione della fattispecie, parallelamente a

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due fattispecie in comune anche le finalità di tutela dei creditori.

quanto avviene in materia di corruzione in caso di promessa seguita da dazione,
ovvero in ipotesi di usura in cui alla promessa consegua la ricezione degli
interessi usurari.
Nel primo caso la dazione, infatti, pur realizzando lo scopo illecito che la
norma persegue, non rende irrilevante la promessa, ma può concretizzare, per
chi concorre in tale condotta, una consumazione successiva.
Se, quindi, il corrotto dopo aver accettato la promessa, riceve la dazione
unitamente ad altro soggetto, nello stesso contesto in cui quest’ultimo viene reso

corruzione con entrambe le condotte (promessa e ricezione dell’utilità), il
secondo solo con la ricezione, senza che questi possa essere ritenuto
responsabile dell’accettazione della promessa, avendo accolto, o meglio,
ricevuto, la sola dazione, seppure concorrendo con il primo in tale frazione della
condotta.
In tema di usura, poi, quando alla promessa segua – mediante la
rateizzazione degli interessi convenuti – la dazione effettiva di essi, questa non
costituisce un “post factum” penalmente non punibile, ma fa parte a pieno titolo
del fatto lesivo penalmente rilevante e segna, mediante la concreta e reiterata
esecuzione dell’originaria pattuizione usuraria, il momento consumativo
“sostanziale” del reato.

2. Ciò posto, ritornando alla fattispecie in esame di cui all’art. 388, primo
comma, cod. pen., se la finalità alla cui salvaguardia è deputata la norma
incriminatrice è quella di assicurare l’effettività della tutela giudiziaria, logica
conseguenza è che, ove si apprezzi l’esistenza di negozi giuridici a forma
complessa e diversificata, finalizzati al mantenimento del dominio effettivo sui
beni oggetto del provvedimento del giudice, la condotta non può essere
segmentata in una pluralità di ipotesi delittuose in danno dell’agente e nemmeno
circoscritta ai soli comportamenti iniziali, collocando nell’alveo del

post factum

non punibile giusto le condotte elusive connotate da maggiore insidiosità, con cui
il reo intende raffinare e perfezionare il raggiungimento della finalità illecita che
ne muove l’agire unitario (in motivazione Sez. 6, n. 41118 del 05/07/2016,
Gilberti, Rv. 267961)
2.1. Da tanto consegue che, anche alla luce della chiara lettera della legge
che fa espresso riferimento alla condotta di chi compie «atti simulati o
fraudolenti», le plurime condotte elusive realizzano un unico reato non
declinabile nelle forme del reato continuato a fronte di un singolo inadempimento
concernente la stessa decisione giudiziaria se le condotte elusive sono poste in
essere in previsione di un determinato esito giudiziario in epoca precedente

edotto o comunque è consapevole della finalità, il primo realizza il reato di

all’intimazione ed all’inadempimento; esse non assumono una rilevanza
autonoma, se non in considerazione dell’inadempimento; per contro le condotte
elusive successive allo stesso e tese al definitivo depauperamento del patrimonio
posto a tutela del creditore spingono in avanti il momento consumativo del
reato.
2.2. Qualora, infatti, gli atti simulati o fraudolenti siano posti in essere
successivamente alla formale intimazione ad adempiere e alla scadenza del
relativo termine, il reato si consuma nel momento della loro commissione,

provvedimento dell’Autorità giudiziaria (Sez. 6, n. 41118 del 05/07/2016 cit., Rv.
267961).

3. Passando ad esaminare, quindi, i motivi di ricorso, deve rilevarsi che con
riferimento a quanto dedotto da Damascelli Delia Giuseppina, i profili connessi
all’intempestività della querela devono tenere conto sia della consumazione del
reato che si realizza con l’inadempimento, avvenuto trascorsi dieci giorni
dall’inadempimento, ma anche dal momento in cui la parte offesa è venuta a
conoscenza della integrazione del reato.
3.1. Il delitto di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice
si perfeziona, quindi, nel caso di condotta materiale di frode ai creditori
realizzata con operazioni sui beni in previsione del provvedimento del giudice
civile, con l’inottemperanza all’ordine giudiziale, non appena si abbia conoscenza
legale del provvedimento giurisdizionale esecutivo attraverso la notifica della
stessa e del relativo precetto (Sez. 6, n. 29828 del 27/06/2012 Rv. 253696).
3.3. Ciò posto, seppure la consumazione della fattispecie, quando la
condotta elusiva è precedente o contestuale, si realizza in costanza di
inadempimento, la decorrenza del termine ai fini della tempestiva proposizione
della querela decorre dal momento in cui avviene l’integrale conoscenza da parte
della persona offesa del reato in tutte le sue componenti, evenienza non sempre
coincidente con la consapevolezza dell’inadempimento, specie quando gli atti
simulati si verificano contestualmente a tale evento e quelli precedentemente
posti in essere risultano non integralmente depauperanti.
3.4. In tal senso depone anche giurisprudenza di questa Corte secondo cui il
termine per proporre querela comincia a decorrere dalla data di piena cognizione
dei fatti da parte dell’interessato, non essendo sufficiente che il soggetto
interessato abbia avuto in precedenza solo il sospetto (Sez. 6, n. 3719 del
24/11/2015, 2016, Saba, Rv. 2669549).
3.4. La Corte territoriale ha ritenuto, sulla base di un giudizio di fatto in
questa sede insindacabile, che la conoscenza della consumazione del reato si è

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essendo tali atti volti a sottrarre l’interessato agli obblighi derivanti dal

realizzata nel momento in cui, a seguito della proposizione dell’azione giudiziaria
tesa al recupero della provvisionale, per come disposta a seguito di sentenza di
condanna da parte del Tribunale per la circonvenzione d’incapace, le parti offese,
eredi Bertini, hanno inutilmente tentato di aggredire il patrimonio della
ricorrente, avvedendosi solo in tale successivo momento dell’intervenuta
separazione tra coniugi, con conseguente dispersione di ingente massa
patrimoniale trasferita in costanza di tale atto in favore del coniuge.
3.5. Sotto questo profilo, tutte le produzioni della difesa, in questa come

della costituzione del fondo patrimoniale avvenuto nel 2006 (con riferimento
anche a quanto contenuto nella richiesta di sequestro conservativo), non colgono
nel segno poiché la motivazione sul punto fornita dai giudici di merito è immune
da vizi allorché fa discendere la conoscenza dell’integrazione del reato
esclusivamente dalla condotta successiva che ha visto il patrimonio quasi
integralmente svanire in seguito al simulato evento di disgregazione familiare, ed
il suo perfezionamento dall’inadempimento.
La valenza dei fatti connessi alla istituzione del fondo patrimoniale del 2006
– deve precisarsi – è, singolarmente considerata, irrilevante se non posta in
correlazione alle altre condotte elusive puntualmente indicate nell’imputazione.
Seppure tanto abbia costituito la base per i successivi comportamenti
contestati, non poteva ritenersi sufficiente ai fini della complessiva
consapevolezza dell’integrazione del reato, anche alla luce dell’evidente
constatazione che tanto non ebbe in alcun modo ad integrare,

ex se,

il

depauperamento, potendosi ancora gli eredi soddisfare su tutti gli altri beni che,
infatti, hanno formato oggetto dei successivi atti di disposizione.
Solo quindi, al momento della successiva scoperta di quanto realizzato dalla
ricorrente tra la lettura del dispositivo e il deposito della motivazione, in uno con
quanto già in precedenza avvenuto, si è potuta avere la conoscenza dell’esatta
consistenza della fattispecie per come contestata; ricostruzione rettamente
effettuata dalla Corte territoriale con motivazione completa e logica, i cui profili
fattuali che il ricorrente intenderebbe introdurre in questa sede non possono
essere valutati poiché esorbitanti i limiti del presente giudizio.
3.6. Né appare conferente il riferimento al precedente di questa Corte in
ordine alla decorrenza della querela che, secondo quanto sostenuto dal
ricorrente, verrebbe in tal modo posticipato a piacimento sulla base dell’inerzia
delle parti offese.
La possibilità che queste possano rendersi esattamente conto della
situazione patrimoniale complessiva venutasi a determinare a seguito di simulati,
complessi, plurimi negozi giuridici in corrispondenza della decisione avvenuta con

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nella sede di merito, tese a dimostrare la conoscenza da parte degli eredi Bertini

la sentenza in data 11 gennaio 2011, depositata il 5 aprile 2011, è situazione
non sovrapponibile a quella – indicata nei motivi di ricorso tramite rinvio a
decisione di questa Corte – che si riferiva alla situazione completamente diversa
inerente a quanto si può accertare grazie alla visura sulla copertura assicurativa
del veicolo che, in quanto riferita a compagine societaria del relativo settore, ben
si può effettuare con immediati ed agili accertamenti in merito.
3.7. Quanto alla condotta di Damascelli Delia per fatti successivi questi
realizzano fatti penalmente rilevanti, non qualificabili in termini di post factum

reato, andando ad incidere ulteriormente in modo negativo sul patrimonio, per
mezzo della integrale e definitiva sua dispersione a danno dei creditori.
In tal senso, quindi, nessuna rilevanza assume quanto erroneamente
dichiarato da parte della Corte che, evidentemente ritenendo la fattispecie, come
costituita da plurimi reati, ha affermato che la querela si estendesse anche ai
fatti futuri, circostanza incompatibile con gli effetti della querela che, come
giustamente osservato, non possono certamente attingere condotte di reato non
ancora poste in essere.
I fatti di reato posti in essere nel 2012 risultano, quindi, coperti dalla
querela presentata tempestivamente nel settembre del 2011 in quanto relativi
allo stesso reato consumatosi al momento dell’inadempimento, affinandosi la
condotta lesiva con la definitiva ed integrale dispersione del patrimonio avvenuto
con l’atto di ipoteca sull’immobile, in parte di proprietà della ricorrente, costituito
a seguito di ritenuto simulato credito per mezzo di tre cambiali rilasciate in
favore del fratello.
Deve in tal senso farsi riferimento, per tale specifica consumazione che, a
cagione di una plurima condotta che aggrava la fattispecie posta in essere alla
disciplina ed ai principi da questa Corte fissati con riferimento ai reati abituali
punibili a querela secondo cui, ai fini della procedibilità, nell’ipotesi in cui il
presupposto della reiterazione venga integrato da condotte poste in essere anche
dopo la proposizione della querela, la condizione di procedibilità si estende anche
a queste ultime, poiché, unitariamente considerate con le precedenti, integrano
l’elemento oggettivo del reato (in materia di atti persecutori: Sez. 5, n. 41431
del 11/07/2016, R, Rv. 267868).
3.8. Analogamente infondata risulta l’eccepita prescrizione dei fatti che, per
quanto detto, pur iniziato il depauperamento patrimoniale a partire dal 2006 per
mezzo della costituzione del fondo patrimoniale, ma preordinati all’elusione poi
avvenuta solo con la successiva integrazione del reato al momento
dell’inadempimento successivo all’emissione della sentenza che aveva previsto il

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non punibile, poichè essi hanno affinato, in termini peggiorativi, la condotta di

pagamento della provvisionale di euro 1.500.000 nel 2011, non possono, per
questo ritenersi prescritti.

4. Quanto ai rilievi posti sub 2.4. del “ritenuto in fatto” (comprensivo dei
motivi sub 2.4.1., 2.4.2., 2.4.3. e 2.4.4.) deve osservarsi la loro manifesta
infondatezza.
4.1. La lettura parcellizzata ed atomistica effettuata nell’impugnazione non
consente di superare, per mezzo di singole critiche rispetto ai singoli atti che si

sterile risulta la richiesta specificazione circa la ricorrenza dell’una piuttosto che
dell’altra forma di elusione atteso quanto sopra detto circa la

ratio della

fattispecie) l’unitaria lettura effettuata sia dalla Corte territoriale, sia
specificatamente dal giudice di primo grado, che hanno ampiamente motivato
sulla valutazione delle operazioni, per come logicamente ricostruite, che ha
portato a ritenere quella della ricorrente una condotta fraudolenta con dolo di
tale intensità da far ritenere la preordinazione accurata e professionale della
impossidenza finalizzata alla successiva inadempienza.
4.2. La costituzione del fondo patrimoniale su parte dei beni avvenuto in
costanza di indagine per circonvenzione d’incapace del Bertini nel 2006, la
successiva cessione dietro corrispettivo mai rinvenuto di altra parte dei beni in
favore del marito successivamente deceduto, atto intervenuto tra la lettura del
dispositivo ed il deposito della motivazione con cui la ricorrente era stata
condannata per il delitto di circonvenzione d’incapace, in uno con la condotta
tesa a spogliarsi della residua proprietà immobiliare in favore del fratello a
mezzo della costituzione di garanzia reale riconosciutagli sulla base di un asserito
debito dietro rilascio di tre cambiali dell’importo di euro 240.000,00,
costituiscono evenienze che, unitariamente valutate con motivazione logica e
completa da parte di giudici di merito, non consentono difforme ed alternativa
valutazione come dedotto in ricorso che, seppur solo astrattamente enunciando
violazione di specifiche norme processuali o civili, tende, in concreto, a
prospettare una alternativa e diversa ricostruzione della vicenda fattuale,
operazione inibita in questa sede.
4.3. Nessuna inversione dell’onere della prova, quindi, è avvenuta da parte
dei giudici di merito che si sono limitati ad osservare che tutti i fatti avevano la
esclusiva finalità, poi culminata con l’atto di ipoteca in favore del fratello della
residua parte dell’immobile ancora nella proprietà della ricorrente, di creare una
impossidenza che non consentisse di adempiere quanto disposto con la sentenza
di condanna alla provvisionale, chiaramente non ponendo tale condotta, in tal
modo abilmente, professionalmente e pervicacemente nel tempo realizzata,

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assumono non essere specificatamente né fraudolenti né simulati (sul punto

posto problema alcuno circa l’asserita assenza dell’elemento soggettivo ritenuto
sussistente sol che si analizzi il comportamento della ricorrente in maniera
unitaria, completa, anche con riferimento alle coincidenze temporali in cui le
varie condotte elusive erano intervenute.
L’assenza di allegazioni tali da contrastare la chiara evidenza dei fatti
ricostruiti anche storicamente, con l’analisi pedissequa degli eventi autoespoliativi, idonee a fornire smentita a quanto ricostruito sulla base di logiche
sequenze fattuali, lungi dal costituire la dedotta inversione dell’onere probatorio,

fatto effettuate dalla Corte territoriale, il tentativo di avvalorare una versione
antinomica, di cui anche in questa sede non si fornisce alcun concreto elemento.
Deve al riguardo rinviarsi al principio di diritto cui questa Corte si conforma
secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino
genericamente a lamentare l’omessa valutazione di una tesi alternativa a quella
accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od
omissioni argomentative ovvero illogicità della motivazione di questa, idonee ad
incidere negativamente sulla capacità dimostrativa del compendio indiziario
posto a fondamento della decisione di merito (Sez. 2, n. 30918 del 07/05/2015 dep. 16/07/2015, Falbo e altro, Rv. 264441).
4.4. Priva di pregio è anche l’asserita erronea applicazione dell’art. 2808,
comma primo, cod. civ. rispetto al distinto e più pertinente riferimento all’art.
2652 cod. civ.
La Corte d’appello, a fronte della dedotta inoffensività e inidoneità della
condotta a ledere il diritto degli eredi Bertini, ha solo evidenziato, attraverso il
generico richiamo alle distinte discipline, la maggiore tutela accordata in favore
del creditore a mezzo della trascrizione dell’ipoteca (effettuata in favore del
fratello riferendone falsamente la priorità del titolo e la libertà da vincoli del
bene), rispetto alla mera trascrizione della domanda giudiziale in favore delle
parti offese, la cui utilità era condizionata all’esito del giudizio; circostanza che,
proprio nel caso di specie, ha giovato al ricorrente il quale, con la sentenza
d’appello che aveva annullato quella di primo grado, sentenza poi annullata dalla
Cassazione con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello,
ha dimostrato quanto acuta e logica fosse l’efficacia della condotta elusiva
contestata, rivelatasi idonea a perseguire l’illecita auto-spoliazione patrimoniale.

5. Il motivo con il quale si contesta l’adeguatezza della pena fissata in mesi
dieci da parte della Corte territoriale, non risulta fondato.

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realizzano attraverso la mera contestazione formale delle operazioni valutative in

5.1. Quanto sostenuto dalla ricorrente secondo cui la determinazione della
pena avrebbe subito non retta valutazione sulla base di rapporti processuali non
definiti, non risulta conforme a quanto statuito dalla Corte territoriale.
Il giudici di merito, infatti, hanno fatto espresso riferimento alla gravità del
reato per come ricostruito dal giudice di primo grado ed all’assenza di allegazioni
idonee ad incidere su una differente valutazione, giustificata anche dalla prognosi
negativa a carico della ricorrente che ha impedito la concessione delle
attenuanti generiche, ed ha imposto la subordinazione della sospensione al

leggi sospinta da intenti predatori posti in essere con premeditate ed articolate
condotte elusive volte ad assicurarsi il prodotto di quanto illegittimamente
acquisito.
Tanto non è solo frutto di vicende processualmente non definite, come
asserito dal ricorrente, quanto di logica ed adeguata valutazione dell’intera
vicenda che il ricorrente si limita genericamente a contestare sulla base della
sola incensuratezza, a fronte di ampia motivazione dei giudici di merito circa la
completa dispersione del patrimonio.

6. In ordine al motivo

sub 2.5. del «ritenuto in fatto» relativo alla

quantificazione della provvisionale deve rilevarsene l’infondatezza.
6.1. Come sopra enunciato, il danno del creditore nell’ambito della
fattispecie di cui all’art. 388, comma primo, cod. pen. si realizza con
l’inottemperanza del debitore, rappresentando l’eventuale permanenza
dell’inadempimento semplicemente la protrazione degli effetti di un fenomeno
che si è già realizzato (in tal senso: Sez. 6, n. 44936 del 03/10/2005, P.G. e P.C.
in proc. Scuteri e altro, Rv. 233502), in quanto finalità della norma è proprio
quella di impedire che, per mezzo di condotte elusive, il creditore dotato di titolo
giurisdizionale, veda sottratta la garanzia patrimoniale generica posta a tutela
del creditore.
6.2. Se questa è la finalità della norma, deve ritenersi che, contrariamente a
quanto sostenuto dal ricorrente, che vorrebbe limitata la quantificazione sulla
base del solo ritardo, che per quanto sopra evidenziato, assume valenza neutra
in proposito, è conforme a legge l’affermazione della Corte territoriale circa
l’adeguatezza della somma di euro 500.000,00 rispetto alla quantificazione

di

una provvisionale immediatamente esecutiva disposta dal giudice penale
nell’ambito dell’altro procedimento per il reato di circonvenzione d’incapace,
ammontante ad euro 1.500.000,00.
6.3. La Corte d’appello giustifica la quantificazione dell’ammontare del
risarcimento in via provvisionale rifacendosi ai principi sopra enunciati, ed opera

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pagamento della provvisionale attesa la pervicace costanza nella violazione di

espresso riferimento alla determinazione in termini risarcitori delle conseguenze
dannose della condotta del ricorrente e, in tal senso, deve essere inteso il rinvio
operato a quanto disposto dal giudice di primo grado, circa la sostanziale
impossibilità di procedere nei confronti della ricorrente in virtù delle condotte
elusive poste in essere; danno correlato con quello subito dalla circonvenzione in
ordine alla quale era stata determinata la provvisionale.
6.4. Seppure la Corte ha considerato il danno prodotto dalle condotte
elusive, in tal modo non esattamente interpretando la fattispecie circa l’evento di

precede la condotta elusiva come sopra adeguatamente ricostruita, la sentenza
ha richiamato quale parametro la proporzione ed equità dell’importo, con
riferimento al danno subito dagli eredi per l’inottemperanza alle obbligazioni
civili, in tal modo logicamente operando la quantificazione di una provvisionale.
6.5. A seguito di condotte elusive tendenti alla completa perdita del
patrimonio che avrebbe dovuto costituire la garanzia dei creditori, la somma di
500.000,00, risulta adeguata, per difetto, alla futura possibilità di vedere
assicurato il dovuto, la cui duplicazione, astrattamente prospettata dal
ricorrente, non ha trovato in questa sede alcuna evidenza.
Se è vero che la quantificazione del danno non attiene alle conseguenze
prodotte dalla sottrazione del patrimonio del Bertini per mezzo della
circonvenzione posta in essere ai suoi danni, deve anche affermarsi come essa
attenga a quanto, per mezzo del precetto, era stato richiesto di adempiere,
conformemente alla decisione giudiziaria di cui si richiedeva l’esecuzione e che, a
seguito delle plurime condotte elusive, non ha trovato ristoro. Tanto obbliga il
responsabile al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale
cagionato, a mente dell’art. 185, secondo comma, cod. pen., sulla cui entità la
Corte ha logicamente e adeguatamente motivato.

7. Dalla unicità del reato di cui all’art. 388, comma primo, cod. pen.,
realizzato con plurime condotte elusive, anche se precedenti, contestuali e
successive, come nel caso inerente alla presente decisione, all’inottemperanza, la
cui consumazione deve essere determinata a carico della ricorrente Damascelli al
momento delle condotte poste in essere in data 11 gennaio 2012, ne discende,
a mente di quanto disposto dall’art. 620, lett. I) cod. proc. pen., non
necessitando questa Corte di ulteriori accertamenti in fatto, la rideterminazione
della pena attraverso la elisione di quattro mesi che il giudice di primo grado
aveva determinato, e la Corte territoriale confermato, sulla base dell’erroneo
presupposto circa la realizzazione di più fattispecie in continuazione tra loro, con
pena determinata in mesi 10 di reclusione.

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riferimento e non ha attribuito la giusta valenza all’inadempimento che segue o

8. Passando ad esaminare il ricorso di Damascelli Mario Giuseppe Ottavio,
deve ritenersi la fondatezza del primo motivo circa l’assenza di querela nei suoi
confronti.
8.1. Il ricorrente, infatti, risponde della sola condotta tesa all’istituzione, in
concorso con la sorella, dell’ipoteca volontaria sull’immobile in Marciana Marina
(isola d’Elba ) a garanzia di un credito cambiario di C 240.000 in data 11 gennaio
2012.
8.2. Essendo quella del ricorrente l’unica condotta contestata, senza che

nulla sia addebitato a titolo di concorso nelle condotte precedenti poste in essere
dalla sorella anche con il concorso del defunto marito, deve ritenersi che tanto,
contrariamente a quanto sopra riferimento in ordine alla responsabilità della
sorella, non possa essere ricompreso nell’istanza di punizione originaria che
esplicherebbe, in caso contrario, un effetto volto alla punizione di reati non
ancora commessi, tale configurandosi, sul piano soggettivo, la condotta ascritta
a Damascelli Mario Giuseppe Ottavio.
8.3. Da tanto discende che, con riferimento al ricorrente Damascelli Mario
Giuseppe Ottavio, il reato è improcedibile per difetto di querela, con conseguente
assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso.

9. Dalla decisione consegue la condanna della ricorrente Damascelli Delia
Giuseppina al pagamento delle spese di rappresentanza e difesa delle parti civili
Bertini Bianca e Bertini Luciano del presente giudizio, che si stima adeguata nella
misura di complessivi euro 3.500, oltre spese generali nella misura del 15%, IVA
e CPA.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Damascelli Delia
Giuseppina, limitatamente alla ritenuta continuazione, e ridetermina la pena in
mesi dieci di reclusione. Rigetta il ricorso nel resto. Condanna la ricorrente al
pagamento delle spese di rappresentanza e difesa in questa fase delle parti civili
Bertini Bianca e Bertini Luciano, che si liquidano in complessivi euro 3.500, oltre
spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Damascelli Mario

.

4.7

1

4/

(Z%

Giuseppe Ottavio, perché il reato è improcedibile per difetto di querela.
CS’

Così deciso il 13/03/2018.

R-

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