Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21519 del 08/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21519 Anno 2018
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CARUSO SALVATORE nato il 23/09/1951 a BARCELLONA POZZO DI GOTTO

avverso la sentenza del 18/09/2017 del TRIBUNALE di BARCELLONA POZZO DI
GOTTO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUIGI ORSI
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Nessuno è comparso per il ricorrente.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in funzione di giudice d’appello
avverso i provvedimenti del giudice di pace, ha, con la sentenza impugnata,
confermato – salvo riduzione della pena – quella emessa dal Giudice di prima
cura, che aveva condannato Caruso Salvatore per minaccia in danno di
Provvidenti Parisi Francesco, oltre al risarcimento del danno patito da
quest’ultimo.
Alla base della resa statuizione vi sono le dichiarazioni della persona offesa,
giudicate coerenti e credibili, e del padre Antonino, nonché una registrazione del

I

Data Udienza: 08/02/2018

colloquio intercorso tra l’imputato e la persona offesa, nel corso del quale fu
proferita la minaccia.

2. Ha presentato ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del difensore,
lamentando la violazione dell’art. 62, n. 2, cod. pen. e dell’art. 131/bis cod. pen.,
in conseguenza del mancato riconoscimento della provocazione e dell’esclusione
della punibilità per particolare tenuità del fatto.
Quanto al primo motivo, deduce che – irragionevolmente – la

dell’esistenza di rapporti tesi tra le parti e nonostante la scorrettezza del
comportamento del Provvidenti, che aveva registrato il contratto di locazione
(intercorrente tra la persona offesa e la figlia dell’imputato) senza avvertire la
locataria e gli aveva poi negato la visione del contratto suddetto, sebbene
ripetutamente richiesto. Aggiunge che si trattava di contratto registrato
tardivamente e che la minaccia fu proferita solo dopo che Provvidenti lo aveva
aggredito.
Quanto al secondo motivo, deduce che la negatoria è avvenuta con
formula di stile, senza specificare le ragioni per cui il comportamento da lui
tenuto non sarebbe di “particolare tenuità”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Entrambi i motivi di ricorso sono inammissibili.
1. Il primo è tale perché proposto per la prima volta in Cassazione. Dalla lettura
dell’atto d’appello si evince, infatti, che l’imputato aveva chiesto, col gravame,
l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato – per la non idoneità delle
espressioni ad incutere timore nella controparte – e non l’attenuante della
provocazione. Aveva bensì parlato di atteggiamento provocatorio del Provvidenti,
che si era recato all’appuntamento con l’intenzione di far cadere “in trappola” gli
interlocutori, registrando la conversazione, ma non aveva collegato l’argomento
alla specifica attenuante prevista dall’art. 62 cod. pen., sicché nessun obbligo
aveva il giudice d’appello di argomentare specificamente sul punto, una volta
escluso che la condotta della persona offesa avesse carattere antigiuridico.
Ad ogni modo, va considerato che la “provocazione” (erroneamente
ricondotta dall’appellante nel novero delle “scriminanti”) era stata ricollegata,
dall’appellante, alla “reciproca ostilità esistente tra le parti” (pag. 3 dell’atto
d’appello), per cui logicamente è stata esclusa dal giudicante, attesa l’assoluta
incongruenza dell’argomentare (la provocazione esige una condotta attuale,
avente caratteri di illiceità o inurbanità; non può derivare da un “conflitto”
preesistente). Evidentemente, proprio perché consapevole di ciò, il ricorrente ha

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provocazione è stata esclusa dai giudici di merito, nonostante il riconoscimento

inteso collegarla, nel ricorso, alla indebita registrazione – operata dalla locatrice
– del contratto d’affitto, nonché al fatto che fu negata la visione del contratto alla
locataria. Ma si tratta, all’evidenza, di argomenti nuovi, che non potevano essere
trattati dal giudice d’appello, per la semplice ragione che non gli erano stati
sottoposti. Qui va solo aggiunto che nessuna delle condotte addebitate al
Provvidenti può assurgere al ruolo di elemente fondanti la provocazione, atteso
che il locatore ha sempre facoltà (a parte l’obbligo) di registrare il contratto di
locazione e atteso che il locatario può sempre richiedere all’Ufficio del Registro

2. Il secondo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza, dal momento
che la Corte d’appello – raccogliendo la sollecitazione dell’imputato – ha preso
espressamente in considerazione l’eventualità di rapportare il fatto alla
previsione dell’art. 131/bis cod. pen. e l’ha esclusa con motivazione ineccepibile,
tenendo conto del comportamento complessivamente tenuto da Caruso nella
vicenda e del contesto in cui si sono svolti i fatti. A nulla vale, quindi,
rammentare giurisprudenza che dichiara applicabile questa causa di non
punibilità anche nel giudizio di cassazione, o dolersi di una motivazione non
condivisa.

3. Anche il ricorso è pertanto inammissibile. Consegue, ai sensi dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una
somma a favore della Cassa delle ammende, che, tenuto conto della natura delle
doglianze sollevate, si reputa equo quantificare in € 2.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 2.000 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’8/2/2018

copia del contratto che lo riguarda, senza poterlo pretendere dalla controparte.

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