Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21510 del 08/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21510 Anno 2018
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: CATENA ROSSELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Urbino,
avverso la sentenza del Tribunale di Urbino in composizione monocratica emessa
in data 18/10/2016 nel processo a carico di D’Angeli Massimo, nato a
Sassocorvaro (PU), il 28/03/1977;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Luigi Orsi, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio;
udito il difensore d’ufficio del D’Angeli, Avv.to Cinzia Giordano, che ha concluso
per il rigetto del ricorso del pubblico ministero.

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata il Tribunale di Urbino in composizione monocratica
dichiarava non doversi procedere nei confronti di D’Angeli Massimo per la
particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131 bis, cod. pen., in relazione al
1

Data Udienza: 08/02/2018

reato a lui ascritto, di cui all’art. 610 cod. pen., per avere, con violenza consistita
in manovre azzardate alla guida della propria autovettura, affiancando e
stringendo verso destra l’autovettura VW Tiguan che lo precedeva, costretto
Bruno Silvio ad arrestare la marcia del veicolo; in Urbino, il 22/11/2014; con la
recidiva semplice.
2. Con ricorso depositato in data 29/12/2016 il Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Urbino ricorre per violazione di legge, ai sensi dell’art. 606,
lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 469 cod. proc. pen., avendo il

dibattimento, benché la giurisprudenza di legittimità abbia affermato che, nel
caso di particolare tenuità del fatto, la sentenza emessa ai sensi dell’art. 469,
comma 1 bis, cod. proc. pen., presupponga che l’imputato ed il pubblico
ministero consensualmente non si oppongano alla dichiarazione di
improcedibilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.
La sentenza impugnata si è limitata a dare atto che all’udienza del 18/10/2016 il
giudice aveva invitato le parti a concludere, mentre, come risulta dal verbale di
detta udienza – che questa Corte può consultare, considerata la natura
processuale del motivo di ricorso il pubblico ministero si era formalmente
opposto alla adozione di sentenza di proscioglimento ex art. 469 cod. proc. pen.
Come noto, detta sentenza può essere emessa solo ove ricorrano i presupposti in
esso previsti (mancanza di una condizione di procedibilità o proseguibilità
dell’azione penale ovvero presenza di una causa di estinzione del reato per il cui
accertamento non occorra procedere al dibattimento) e sempre che le parti,
messe in condizione di interloquire, non si siano opposte, in quanto non può
trovare applicazione, in detta fase, la disposizione dell’art. 129 stesso codice, che
presuppone necessariamente l’instaurazione di un giudizio in senso proprio (Sez.
U, sentenza n. 3027 del 19/12/2001, dep. 25/01/2002, P.G. in proc. Angelucci,
Rv. 220555; Sez. 5, sentenza n. 28660 del 04/02/2016, P.M. in proc. Manole ed
altro, Rv. 267360).
Con riferimento alla sentenza emessa ai sensi dell’art. 469, comma 1 bis cod.
proc. pen., nell’ipotesi di non punibilità dell’imputato per la particolare tenuità
del fatto, è stato poi ribadito che essa presuppone che l’imputato medesimo ed il
pubblico ministero consensualmente non si oppongano alla dichiarazione di
improcedibilità, rinunciando alla verifica dibattimentale, atteso che il potere di

giudice pronunciato la sentenza prima della dichiarazione di apertura del

opposizione trova giustificazione nel possibile interesse delle parti ad un diverso
esito del procedimento, potendo l’imputato, in particolare, mirare all’assoluzione
nel merito o ad una diversa formula di proscioglimento onde evitare l’iscrizione
nel casellario giudiziale della dichiarazione di non punibilità ex art. 131 bis cod.
pen. (Sez. 2, sentenza n. 12305 del 15/03/2016, P.M. in proc. Panariello, Rv.
266493, che, in motivazione, ha osservato come il comma

1

bis, aggiunto all’art.

469 cod. proc. pen., dall’art. 3, comma 1, lett. a), del d.lgs. 16 marzo 2015, n.
28, non consente di enucleare alcun intento, da parte del legislatore, di
differenziare la procedura stabilita dal nuovo comma rispetto a quella

convincente neppure il discorso secondo cui sarebbe,

“Non risulta

a scontato che il pubblico

ministero si opponga alla definizione predibattimentale del procedimento, in
quanto, avendo già esercitato l’azione penale e non avendo chiesto prima
l’archiviazione «è pressoché impossibile che cambi idea in sede di atti preliminari
all’apertura del dibattimento». Infatti, l’art. 469, Gomma 1-bis, cod. proc. pen.
non pone la pubblica accusa in una posizione differente rispetto a quella in cui
verrebbe a trovarsi in presenza di una qualsiasi delle altre situazioni che, ai sensi
del primo comma dell’art. 469 cod. proc. pen., giustificano la pronuncia della
sentenza predibattirnentale. Peraltro, ragionando diversamente, alla posizione
processuale del pubblico ministero dovrebbe inevitabilmente essere accomunata
quella dell’imputato: l’art. 469, comma 1-bis, cod. proc. pen., infatti, non
menziona né l’uno né l’altro e non potrebbe certo affermarsi che il potere di veto
spetti solo a uno dei due.”)
Nella specie, pertanto, la sentenza impugnata è stata, evidentemente
pronunziata nonostante il parere contrario del pubblico ministero, dal che
discende l’annullamento senza rinvio del detto provvedimento, con trasmissione
degli atti al Tribunale di Urbino per l’ulteriore corso.
La natura delle questioni trattate consente la redazione della motivazione in
forma semplificata.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al
Tribunale di Urbino per l’ulteriore corso. Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 08/02/2018

Consigliere estensore

originariamente prevista. In particolare è stato osservato che

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