Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21504 del 06/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21504 Anno 2018
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI PERUGIA
nel procedimento a carico di:
PARIOTA VINCENZO nato il 05/01/1991 a NAPOLI
nel procedimento a carico di quest’ultimo

avverso la sentenza del 24/11/2015 del GIUDICE DI PACE di PERUGIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA FIDANZIA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCESCO
SALZANO
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento senza rinvio perchè il fatto di cui
all’ar.t 594 non più previsto come reato e inammissibilità del ricorso di Pariota
Vincenzo.
Udito il difensore

Data Udienza: 06/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 24 novembre 2015 il Giudice di Pace di Perugia ha
condannato Pariota Vincenzo alla pena di giustizia per i delitti di ingiuria e lesioni personali ai
danni di Barros Baque Adela Julissa.
2. Con atto sottoscritto dal suo difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
affidandolo ad un unico articolato motivo.

motivazione a norma dell’art. 606 lett e) c.p.p.
Lamenta il ricorrente che il giudice di Pace ha esposto in modo contraddittorio le ragioni per
cui la persona offesa è stata ritenuta credibile, non avendone vagliata l’attendibilità attraverso
un esame particolarmente rigoroso e penetrante.
In particolare, ha evidenziato che nelle dichiarazioni dei testi diversi dalla persona offesa non si
rinvengono riscontri esterni convergenti con le dichiarazioni di quest’ultima.
Si duole, inoltre, il ricorrente che il Giudice ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta di
declaratoria della causa di non procedibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 34
dlgs n. 274/2000.
Infine, si lamenta dell’omessa indicazione dei criteri di cui all’art. 133 c.p.p. nella
quantificazione della pena e nella determinazione dell’aumento per la continuazione, tenuto
conto che è stata applicata una pena elevata che si discosta dal minimo edittale.
3. Ha proposto ricorso per cassazione anche il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello
di Perugia, deducendo violazione di legge a seguito dell’intervenuta depenalizzazione dell’art.
594 c.p. ad opera del dell’art. 1 lett c) dlgs n. 7/2016.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Devono essere dichiarate inammissibili le censure svolte dal ricorrente alle argomentazioni
con le quali il Giudice di Pace ha motivato l’attendibilità della persona offesa.
Posto che è principio consolidato di questa Corte che una pronuncia di condanna può fondarsi
anche sulla sola deposizione della persona offesa, purchè sia effettuato un vaglio rigoroso sulla
sua attendibilità, nel caso di specie, il Giudice di Pace, con un percorso argomentativo
articolato ed immuni da vizi logici , ha evidenziato la credibilità della persona offesa sulla base
di plurimi elementi:
– la circostanza che la stessa non si è neppure costituita parte civile, con conseguente
insussistenza di un suo interesse economico all’esito del giudizio;
– la coerenza, logicità, precisione e spontaneità della sua deposizione;
arn- la compatibilità della sua versionev le lesioni refertate al Pronto Soccorso dell’Ospedale di
Perugia;
2

E’ stata dedotta violazione di legge in relazione all’ad 606 lett b) e c) c.p.p. e vizio di

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– la compatibilità della versione della persona offesa con gli elementi forniti dagli altri testi pur
non avendo questi ultimi assistito all’episodio.
Peraltro, le censure del ricorrente non tengono conto del rilievo che in sede di legittimità è
sindacabile solo la congruità e logicità della motivazione del giudice di merito, cui solo spetta il
giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta
tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti (Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011 – dep.
25/05/2011, Tosto, Rv. 250362).

sulla richiesta di applicazione dell’istituto di cui all’art. 34 dlgs n. 274/2000, tale doglianza è
inammissibile per genericità.
Il ricorrente non ha, infatti, neppure indicato le ragioni che lo renderebbero meritevole
dell’applicazione della causa di improcedibilità per particolare tenuità del fatto.
2. Il ricorso del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Perugia va accolto.
Il delitto di ingiuria è stato depenalizzato ad opera del dell’art. 1 lett c) dlgs n. 7/2016.P.M.
Ne consegue che la pena per il delitto residuo di lesioni personali deve essere rideterminata in
C 516 di multa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’ingiuria perché il fatto non è
previsto dalla legge come reato.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di Pariota Vincenzo e ridetermina la pena in C 516,00
di multa.
Così deciso il 6 febbraio 2018

In ordine al lamentato vizio di motivazione per non essersi la sentenza impugnata pronunciata

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