Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21501 del 06/02/2018

Penale Sent. Sez. 5 Num. 21501 Anno 2018
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
B.B.
A.A.

avverso la sentenza del 06/10/2015 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA FIDANZIA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCESCO
SALZANO
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
Udito il difensore
Udito l’avv. Gaetano De Perna difensore di A.A. il quale si riporta ai
motivi nonché a quelli aggiunti del ricorso.

Data Udienza: 06/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 6 ottobre 2015, in parziale
riforma della sentenza di primo grado, ha confermato l’affermazione di
responsabilità per entrambi gli imputati A.A. e B.B.
quali concorrenti extranei nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale
commesso in relazione al fallimento, intervenuto in data 6 maggio 2011, della

solo specifica ed esclusa per entrambi l’aggravante di cui all’art. 219 comma 2
n. 1 L.F., ha rideterminato la pena inflitta a A.A. in anni 3 e mesi 8 di
reclusione e confermato quella inflitta a B.B. in 3 anni e 3 mesi di
reclusione.

Agli imputati è contestato il concorso nella distrazione di risorse attive dalla
fallita di valore ultra milionario, comunque sicuramente superiore almeno ai
10.000.000 di euro e, in particolare, la distrazione di un ramo d’azienda, di
numerosi beni immobili, rappresentati da terreni e fabbricati, di proprietà della
fallita, ceduti senza alcuna contropartita (ad eccezione del corrispettivo parziale
di C 100.000,00 versato da Service System s.r.I.).
Al solo A.A. è stata contestata la distrazione della somma di 515.000
euro, versatagli materialmente da Vergani Carlo, a mezzo bonifico e d’intesa con
A.A. in data 18.5.2010, da un conto intestato alla Cusiana Costruzioni
Spa sul conto della International Placement Holding in Lindau (Germania)
riconducibile a A.A. .
2. Con atto sottoscritto dal loro difensore hanno separatamente proposto
ricorso per cassazione gli imputati affidandolo ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo B.B. deduce carenza ed illogicità
della motivazione in relazione al diniego della circostanza attenuante di cui
all’art. 114 cod. pen., in considerazione dell’assoluta marginalità del ruolo dallo
stesso rivestito dall’imputato nella vicenda a giudizio.
La Corte territoriale ha ignorato gli aspetti attenuativi della vicenda
prospettati dalla difesa.
2.2 Con il secondo motivo si deduce carenza ed illogicità della motivazione
in relazione al trattamento sanzionatorio, ingiustificatamente quantificato in
misura superiore al minimo edittale.
2.3. Con il primo motivo il ricorrente A.A. ha dedotto violazione di legge

2

Thf

Cusiana Costruzioni s.p.a. e, riqualificata la recidiva contestata al A.A.  come

in relazione agli artt. 74, 78, 125 e 185 cod. proc. pen.,

in riferimento

all’ordinanza pronunciata il 12.12.2011 con cui il Tribunale, rigettando
l’eccezione sollevata dal suo difensore, ha ammesso la costituzione di parte civile
del fallimento Cusiana Costruzioni s.r.I., nonostante l’autorizzazione del giudice
delegato non risultasse sottoscritta.
Assume il ricorrente che l’atto non reca la firma digitale del giudice, ma
piuttosto quella dell’assistente giudiziario, il quale ha attestato la conformità
all’originale di un documento privo della firma dell’estensore, poiché il nome

giudiziario.
In difetto di sottoscrizione, l’autorizzazione è, secondo la difesa, inesistente
con conseguente carenza di legittimazione del curatore a costituirsi in giudizio; si
è quindi realizzata una nullità assoluta a decadenza consumata (il 12 dicembre
2011) e a nulla può servire la ratifica del giudice delegato del 28 settembre
2015.
3.2 Con il secondo motivo è stata dal A.A.dedotta violazione di legge
nonché vizio di motivazione in riferimento all’elemento soggettivo del reato.
Il ricorrente afferma che, secondo la giurisprudenza più recente di questa
Corte, la bancarotta per distrazione richiederebbe il dolo specifico, rappresentato
dalla consapevolezza di determinare un depauperamento del patrimonio sociale
ai danni del creditore. Ne consegue che la dimostrata volontà dell’imputato di
cercare finanziamenti allo scopo di sanare una società e di pagare i creditori
escluderebbe tale forma di dolo.
Si riportano a sostegno di tale affermazione alcuni stralci di dichiarazioni di
testimoni ed alcuni passaggi della sentenza, che dimostrerebbero anche la
supposta illogicità e contraddittorietà della motivazione.
Peraltro, ove si ritenesse sufficiente il dolo generico, parimenti dovrebbe
escludersi la sussistenza del reato sotto il profilo oggettivo, poiché essendosi le
varie società cessionarie dei beni immobili impegnate a farli rientrare nella
disponibilità della società fallita, non c’è mai stata alcuna distrazione.
2.3 Con il terzo motivo si deduce violazione di norme processuali, mancata
assunzione di prova decisiva e vizio di motivazione in relazione alle ordinanze
dibattimentali istruttorie del Tribunale, gravemente lesive del diritto di difesa
dell’imputato.
Si tratta, in particolare, dell’ordinanza pronunciata in data 8.2.2012 con cui
il Tribunale, ha sostanzialmente ammesso le prove testimoniali dedotte dal
Pubblico Ministero mentre, con riguardo a quelle dedotte dalla difesa A.A., a

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accanto alla copertina lungo il margine del foglio è quello dell’assistente

fronte dell’indicazione di 72 testimoni e 2 consulenti tecnici, ha ammesso solo 13
testi.
Con l’ordinanza in data 8.2.2012 a giudizio della difesa sono state violate
una serie di norme processuali (gli articoli 125 comma III; 190; 468 comma II e
4; 495 comma I, II, III, e IV), costituzionali (artt. 24, comma II e 111, comma
3) e l’art. 6 CEDU; di conseguenza l’ordinanza, già impugnata unitamente alla
sentenza in sede di appello, deve essere dichiarato nulla.

il Tribunale ha revocato l’ammissione dei testi Ferorelli Sasha e Vergani Patrick,
per ritenuta superfluità delle relative deposizioni, nonché quella pronunciata in
data 28.5.2012 con cui sono state respinte le richieste formulate ai sensi dell’art.
507 cod. proc. pen. (audizione di Lecourt, Vergani Patrick, Ferorelli e Tescari),
entrambe prive di motivazione.
Si contesta, inoltre, l’applicazione dell’articolo 182, comma II, cod. proc.
pen., fatta dalla Corte d’appello, sul rilievo che con l’imposizione di un onere di
immediata eccezione a carico della difesa viene a privarsi di significato l’articolo
586 cod. proc. pen., secondo il quale l’impugnazione contro le ordinanze può
essere proposta solamente con l’impugnazione contro la sentenza.
2.4 Con il quarto motivo si deduce, in via subordinata, l’illegittimità
dell’ordinanza del 28 maggio 2012, allorché la difesa, in sede di discussione,
richiese nuovamente di sentire Lecourt, Vergani Patrick, Ferorelli e Tescari, Ciò in
quanto, con il rigetto della richiesta, il Tribunale aveva invitato le parti a
discutere e non vi era quindi spazio per eccepire la nullità.
2.5 Con il quinto motivo si deduce vizio di motivazione e mancata
assunzione di una prova decisiva, in relazione alla rinnovazione istruttoria
dibattimentale richiesta con l’atto d’appello e con memoria integrativa, per
carenza totale di motivazione.
2.6 Con il sesto motivo si lamenta la mancata assunzione di una prova
decisiva, ai sensi dell’articolo 603, comma II, cod. proc. pen., in relazione a una
prova sopravvenuta, rappresentata dall’escussione del curatore fallimentare in
ordine a tre circostanze: il recupero al fallimento di beni che si sostenevano
distratti; le modalità di tale recupero; le ragioni per cui non si seguirono le
indicazioni dell’imputato in ordine a tale recupero.
Il ricorrente aveva chiesto un incontro finalizzato a consentire il rientro
sicuro ed immediato di tutti i beni, solo apparentemente distratti, senza perdite
di tempo e denaro, incontro ingiustificatamente rifiutato da curatore fallimentare.

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Vengono quindi richiamate l’ordinanza pronunciata il 13.3.2012, con la quale

2.7 Con il settimo motivo si deduce violazione dell’art. 597 cod. proc. pen.,
poiché la Corte territoriale, invece di annullare la sentenza di primo grado,
restituendo il processo al Tribunale, ne ha integrato la motivazione.
2.8 Con l’ottavo motivo si lamenta la violazione degli articoli 99 e 106 del
codice penale, perché la Corte territoriale ha applicato la recidiva specifica
infraquinquennale in forza di un reato che era stato dichiarato estinto ai sensi
dell’articolo 167 cod. pen.

recidiva tenuto conto che risultava a carico del prevenuto un solo precedente
risalente a circa 17 anni prima.
2.9 Con il nono motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche.
Si assume che la condotta asseritamente criminosa è stata occasionale, che
l’imputato ha avuto un eccellente comportamento, grandemente collaborativo,
sia in fase investigativa, sia in fase processuale.
Inoltre, il prevenuto evidenzia che dagli atti processuali è emerso che il
bonifico di 515.000 C rappresentava il pagamento delle spese necessarie per
realizzare il piano di risanamento, non comprendendo quindi la ragione del
diniego delle attenuanti generiche, dell’attenuante di cui all’articolo 114 cod.
pen. e le ragioni di un trattamento sanzionatorio così eccessivo.
2.10 Con il decimo motivo si ribadisce che il bonifico di 515.000 C non
poteva essere considerato una distrazione.
3. Con memoria del 30 maggio 2017 il difensore di A.A. ha articolato
quattro motivi nuovi.
3.1 Il primo motivo riprende il terzo motivo del ricorso principale,
riguardante la violazione degli artt. 182 e 495 cod. proc. pen. per la mancata
assunzione di prova decisiva e vizio di motivazione in relazione alle ordinanze
dibattimentali istruttorie del Tribunale, gravemente lesive del diritto di difesa
dell’imputato.
3.2 n secondo motivo introduce il tema del vizio di motivazione in ordine
alla distrazione della somma di 515.000 euro, in danno della Cusiana Costruzioni
Spa, realizzata attraverso un bonifico proveniente da un conto intestato alla
Cusiana Costruzioni Spa a favore della International Placement Holding (I.P.H.)
in Lindau (Germania) con causale “acquisto certificati di deposito” e dunque
utilizzata per un investimento remunerato al 6% entro un anno, che in quanto
tale non poteva essere considerato distrattivo, ancorchè alla data della sentenza
dichiarativa di fallimento la somma non fosse stata restituita.

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Il ricorrente invoca l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione della

3.3 II terzo motivo nuovo riprende il tema della recidiva, oggetto dell’ottavo
motivo principale. Si sottolinea la carenza di motivazione della decisione
impugnata, che si limita a prender atto dell’esistenza di un precedente penale.
4.4 II quarto motivo nuovo approfondisce il primo motivo principale,
riguardante la costituzione di parte civile del fallimento Cusiana Costruzioni s.r.I.,
che andava giudicata inammissibile per la mancanza dell’autorizzazione del
giudice delegato, sottoscritta solo dall’assistente giudiziario, inammissibilità non

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo del ricorrente A.A. è fondato e va pertanto accolto.
Da un attento esame dell’atto di autorizzazione del G.D. alla costituzione di
parte civile della curatela – valutazione consentita a questa Corte trattandosi di
una questione di natura processuale – emerge che effettivamente
l’autorizzazione del G.D. è priva della sottoscrizione dell’estensore del
provvedimento ed è stata sottoscritta con firma digitale non già dal Giudice
Delegato bensì dall’assistente giudiziario sig.ra Manfredi Katia.
Risulta, in particolare, che, a margine del foglio, accanto al simbolo della
coccarda, non è indicato il nome del G.D. “Massimo Terzi” bensì quello del
predetto assistente giudiziario.
Né la successiva ratifica da parte del G.D. (avvenuta circa quattro anni dopo
quando il procedimento si trovava già in fase d’appello) è idonea sanare
l’invalidità della costituzione di parte civile.
A norma dell’art. 79 comma 1° e 2 cod. proc. pen., il termine entro cui, a
pena di decadenza, ci si può costituire parte civile è quello degli adempimenti
relativi alla regolare costituzione delle parti a norma dell’art. 484 cod. proc. pen,
salvo ricorra l’ipotesi – insussistente nel caso di specie – della rinnovazione “ex
novo” del dibattimento, che presuppone la rinnovazione della citazione a giudizio
o della relativa notificazione (vedi sez. 1 n. 26855 del 20/02/2015, Rv. 263954).
L’invalidità della costituzione di parte civile comporta la revoca delle statuizioni
civili pronunciate dai giudici di merito nei confronti di entrambi gli imputati,
giovandosi il B.B. dell’effetto estensivo dell’accoglimento di tale motivo
proposto dal coimputato a norma dell’art. 587 c.p.p. .
Ne consegue che viene meno la condanna generica al risarcimento dei danni
pronunciata dal giudice di primo grado nei confronti di entrambi gli imputati
nonché la provvisionale disposta dal giudice di appello nei confronti del solo

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sanabile con una successiva ratifica.

A.A.
1. Il secondo ed il nono motivo motivo del ricorso nonchè il secondo motivo
nuovo di A.A., da esaminare congiuntamente per comodità espositiva,
sono manifestamente infondati e come tali inammissibili.
Va preliminarmente osservato che è del tutto destituita di fondamento
l’affermazione contenuta a pag. 11 del ricorso secondo cui difetterebbe
completamente l’elemento oggettivo del reato.
In primo luogo, la somma di € 515.000,00 oggetto di distrazione non è mai

A.A.era Presidente senza alcuna contropartita a favore della società poi
fallita. Sul punto, pienamente condivisibile è l’affermazione della sentenza
impugnata secondo cui tale trasferimento è avvenuto in mancanza di una
causale, non essendo quella del bonifico “acquisto certificati di deposito I.P.H.
Lindau” idonea ad individuare – ed in effetti mai ci fu – la controprestazione a
sua volta eseguita dalla società beneficiaria del bonifico.
In ogni caso, data la natura di reato pericolo, seppur concreto, del delitto
bancarotta fraudolenta patrimoniale, integra un atto distrattivo qualunque
condotta che determini un depauperamento del patrimonio dell’impresa o che
sia anche solo potenzialmente idonea a porre in pericolo le ragioni dei creditori
(Sez. 5, n. 11633 del 08/02/2012, Rv. 252307; conf. Sez. 5, n. 3299
del 14/12/2012 Rv. 253933).
Nel caso di specie, è evidente il depauperamento del patrimonio sociale (o
quantomeno la concreta messa in pericolo delle ragioni dei creditori) provocato
dagli atti di disposizione patrimoniale di beni immobili di proprietà della fallita
posti in essere con il contributo causale determinante del A.A., essendosi
verificato il distacco dal patrimonio della società fallita di tali immobili, i quali
solo dopo la dichiarazione di fallimento sono stati recuperati dal curatore e solo
per effetto dell’esperimento vittorioso delle azioni revocatorie fallimentari.
In ordine all’invocata carenza dell’elemento psicologico, è orientamento
consolidato di questa Corte che ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo
è sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una
destinazione diversa dalla finalità dell’impresa e di compiere atti che cagionino, o
possano cagionare, danno ai creditori, ponendo in pericolo la conservazione della
patrimonio sociale che rappresenta la garanzia dei crediti (Sez. 5, Sentenza n.
35093 del 04/06/2014; Sez. 5, n. 11095 del 13/02/2014, Rv. 262741), non
necessitando ne’ la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, ne’ lo
scopo di recare pregiudizio ai creditori, ne’ la volontà di determinare il fallimento

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stata restituita ed è stata versata sul conto corrente intestato alla I.H.P. di cui il

(Cass. 51715/2014, 35093/2014, 40981/2014, 3229/2012, 11899/2010).
E’ quindi manifestamente infondata l’affermazione del ricorrente A.A.
secondo cui il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale richiederebbe il dolo
specifico.
Non ha alcuna rilevanza quindi che la finalità dichiarata di tutte le
operazioni di cessioni immobiliari poste in essere con la regia del A.A.
potesse eventualmente essere quella di procurarsi liquidità da immettere nelle

E’, infatti, sufficiente, ai fini della configurabilità del dolo, che il ricorrente,
soggetto professionale qualificato, fosse pienamente consapevole che tali atti
dispositivi, posti in essere con modalità anomale – e non ricorrendo agli
strumenti di salvataggio della crisi di impresa previsti dal nostro ordinamento ponevano in concreto pericolo la garanzia dei creditori, determinando
l’immediata fuoriuscita dell’intero compendio immobiliare in assenza di
corrispettivo, peraltro, in una situazione aggravata dallo stato di insolvenza
della società.
In particolare, emerge dalla ricostruzione della sentenza impugnata come le
cessioni di beni sociali non trovassero alcuna giustificazione in una scelta
gestionale compatibile con la logica d’impresa (sez 5 n. 44103 del 27.6.2016,
Rv. 268207), essendo stati compiuti per lo più (salvo il corrispettivo parziale di €
100.000,00 versato da Service System s.r.I.) senza alcun corrispettivo, senza
garanzie di pagamento, a favore di società o inattive o prive comunque di un
capitale sociale adeguato che potesse costituire un’idonea garanzia per i
creditori.
Peraltro, la prospettazione del ricorrente, secondo cui la finalità delle
compravendite sarebbe stata quella di cedere i beni a società fidate impegnate a
farli rientrare in un secondo momento, non trova alcun riscontro oggettivo, non
risultando in alcun modo dalla ricostruzione dei giudici di merito – né è stato
eccepito sul punto il travisamento della prova – che nelle cessioni dei cespiti
sociali fossero state inserite clausole che garantissero il rientro di tali beni nella
titolarità della Cusiana Costruzioni o che fossero state stipulate
controdichiarazioni idonee ad evidenziare la natura solo simulata di tali cessioni.
Né rileva l’affermazione del ricorrente secondo cui non vi sarebbe stata
nessuna distrazione atteso che i beni non sarebbero ” usciti dal controllo
Cusiana/Vergari.
A prescindere dal rilievo che i beni sociali non sono stati ceduti a società
facenti parte del gruppo Vergari – ma a società indicate dagli imputati -) anche

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casse della Cusiana Costruzioni.

ove ciò si fosse verificato, non sarebbe comunque venuta meno la natura
distrattiva di tali atti. E’, infatti, principio consolidato di questa Corte che, data
l’autonomia soggettiva e patrimoniale delle singole società che fanno parte di un
gruppo, che comporta che l’affidamento dei creditori di ciascuna società del
gruppo sia riposto sulle sole capacità patrimoniali della società nei cui confronti
vantano la pretesa, i trasferimenti di risorse effettuati da una società in favore di
altre pur ricomprese nello stesso gruppo, pregiudicando e frustrando le legittime
aspettative dei creditori della società finanziatrice, integrano una vera e propria

compensativi ( Sez. 5, n. 36595 del 16/04/2009, Bossio, Rv. 245136).
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3. Il terzo ed il quarto motivo principali ed il vitIEM motivo nuovo, da
esaminare congiuntamente, avendo ad oggetto censure omogenee, sono
infondati.
La sentenza impugnata ha evidenziato – conformemente all’orientamento
consolidato di questa Corte ( vedi Sez. 2, n. 9761 del 10/02/2015, Rv. 263210)
– come le nullità invocate dal ricorrente A.A. con riferimento alle ordinanze
dibattimentali pronunciate dal Tribunale di Verbania alle udienze del 8/2/2012,
13/3/2012 e 28/5/2012, appartenendo alla categoria delle nullità a regime
intermedio da dedursi nel termine di cui all’art. 182 comma II c.p.p., sono state
comunque sanate in quanto non tempestivamente eccepite dopo la lettura delle
predette ordinanze.
Tale affermazione condivisibile rende superflue tutte le censure svolte dal
ricorrente in ordine alle violazioni del diritto di difesa che avrebbe compiuto il
collegio giudicante di primo grado nel pronunciare tali ordinanze.
Né è in alcun modo condivisibile l’assunto del A.A. secondo cui, pur
applicando l’art. 182 comma II c.p.p., tali nullità non sarebbero comunque state
sanate e ciò sul rilievo che le ripetute istanze di ammissione testi svolte dalla
difesa alle successive udienze del 16/4/2012 e 28/5/2012 dovrebbero essere
considerate come tempestive deduzioni delle nullità delle ordinanze in oggetto.
E’ pur vero che proprio la sentenza di questa Corte sopra citata
n. 9761 del 10/02/2015 ha affermato che, dopo la revoca da parte del giudice
dell’ammissione delle prove, la condotta del difensore di insistere espressamente
nell’ammissione dei propri testimoni equivale a deduzione tempestiva della
nullità. Tuttavia, nel caso esaminato da questa Corte nella sentenza sopra
richiamata, la reiterazione dell’istanza di ammissione delle prove era avvenuta
subito dopo la lettura dell’ordinanza di revoca dell’ammissione delle prove,

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distrazione, salvo che tali trasferimenti siano giustificati da congrui vantaggi

ovvero, conformemente a quanto richiesto dall’art. 182 comma II c.p.p.,
“immediatamente dopo” il compimento dell’atto.
Nel caso di specie, invece, le nuove istanze di ammissione delle prove non
sono state presentate tempestivamente alla stessa udienza (8/2/2012 e
13/3/2012) in cui erano state pronunciate le ordinanze reiettive delle prove
bensì solo all’udienza successiva.
Inoltre, con riferimento all’udienza del 28/5/2012, dopo che il Tribunale ha

concludere, il ricorrente non ha dedotto tempestivamente la invocata nullità
dell’ordinanza né ha comunque insistito nelle richieste istruttorie nella stessa
udienza in sede di conclusioni.
Manifestamente infondato è, peraltro, l’assunto del ricorrente secondo
cui negli atti disciplinati dall’art. 182 comma II c.p.p. non rientrerebbero le
ordinanze, emergendo in modo evidente dalla lettura del libro secondo del codice
di procedura penale che nella ampia nozione di “atti” rientrano anche i
provvedimenti del giudice.
4. Il quinto motivo è inammissibile per difetto di specificità.
Va osservato che il ricorrente lamenta la mancata assunzione di una prova
decisiva nonché la mancanza di motivazione in ordine all’istanza di rinnovazione
dibattimentale, non confrontandosi minimamente con le precise argomentazioni
della sentenza impugnata svolte a pag. 22.
In particolare, la Corte territoriale ha evidenziato che essendo l’acquisto

a

da parte di Vergani Patrick delle due polizze assicurative stato realizzato con beni
non appartenenti alla fallita, tali strumenti finanziari avrebbero consentito al più,
attraverso lo sconto bancario, di ottenere risorse da destinare in prima battuta
al sig. Vergani, soggetto terzo rispetto alla fallita. Di qui la superfluità dei
testimoni e consulenti richiesti dal A.A.al fine di provare la plausibilità ed
utilità strategica dell’operazione di sconto delle polizze ideata dal A.A. .
Di tale coerente motivazione il ricorrente non ha dato atto, con palese
difetto di specificità di tale censura.
5. Il sesto motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Il ricorrente censura l’ordinanza con la quale la Corte territoriale aveva
rigettato l’istanza di audizione del curatore fallimentare sulle circostanze del
recupero dei beni distratti, contestando la valutazione effettuata dal giudice
d’appello di genericità delle circostanze su cui il teste era chiamato a deporre.
Sul punto, non può che condividersi il giudizio della Corte che ha ritenuto le
prime due circostanze (indicazione delle modalità di recupero dei beni aziendali)

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respinto l’ennesima istanza di ammissione delle prove ed invitato le parti a

superflue, sul rilievo che era stato documentato il recupero in via giudiziale di tali
beni con revocatoria fallimentare, e la terza circostanza generica.
Il ricorrente voleva, infatti, chiedere al curatore se il recupero dei beni fosse
avvenuto con modalità diverse da quelle dallo stesso indicate nonché le ragioni
per cui non erano state seguite le sue indicazioni, senza aver neppure
minimamente precisato nella sua istanza istruttoria quali sarebbero le modalità
di recupero dei beni che avrebbe suggerito al curatore.

La censura del ricorrente secondo cui la Corte territoriale si sarebbe
pronunciata esaminando aspetti estranei alle censure svolte nei motivi d’appello,
e ciò in violazione dell’art. 597 comma I c.p.p., è palesemente inammissibile.
Non sono stati minimamente indicati i profili in ordine ai quali la Corte
avrebbe ricostruito la vicenda per cui è procedimento in via autonoma ed in
assenza di impulso di parte.
7.

Il settimo motivo, con il quale è stata dedotta la violazione di legge in

relazione all’art. 99 c.p., è infondato.
Se è pur vero che la Corte territoriale, nell’applicare la recidiva, non ha
indicato espressamente le ragioni per le quali aveva ritenuto che la commissione
del nuovo illecito penale costituisse un sintomo di maggiore colpevolezza e
pericolosità del ricorrente, tuttavia, la sentenza impugnata, nel motivare la
mancata concessione delle attenuanti generiche, ha evidenziato come la
condotta tenuta dal ricorrente nella vicenda per cui è procedimento non fosse
stata affatto occasionale, avendo il A.A., solo qualche anno prima, e
precisamente nel 2008, patteggiato la pena per il delitto associazione a
delinquere ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, oltre alla risalente
condanna per bancarotta semplice riportata nel’anno 2000.
Dunque, la Corte di merito ha fornito tutti gli elementi conoscitivi idonei a
consentire di verificare sulla base di quali elementi fosse stata applicata la
recidiva.
D’altra parte, il terzo motivo nuovo, con il quale è stato dedotto il vizio di
mancanza di motivazione nell’applicazione della medesima recidiva, si appalesa
inammissibile.
Va preliminarmente osservato che nei motivi d’appello il ricorrente non
aveva denunciato tale specifico profilo di illegittimità, dolendosi soltanto che gli
fosse stata applicata tale aggravante ad effetto speciale, ma senza indicare le
ragioni della dedotta illegittimità della decisione di primo grado.

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6. Il sesto motivo bis è parimenti inammissibile per genericità.

Non vi è dubbio che tale censura si appalesasse già generica, con
conseguente insussistenza in capo alla Corte territoriale di un obbligo
motivazionale specifico.
Anche l’odierna censura, contenuta nel terzo motivo nuovo, si appalesa
inammissibile per due ordini di ragioni.
In primo luogo, come emerge da quanto sopra evidenziato, non essendo il
vizio di motivazione stato dedotto nei motivi d’appello, il motivo non

è

In ogni caso, il vizio di motivazione in ordine all’applicazione della recidiva è
stato dedotto solo con i motivi nuovi e non nel ricorso per cassazione, nel quale
– si ricorda – era stata solo lamentata la violazione dell’art. 99 c.p. per la
dedotta insussistenza dei presupposti per l’applicazione della recidiva.
In proposito, è orientamento consolidato di questa Corte (vedi
Sez. 2, n. 1417/2012, Rv. 254301), che in tema di termini per l’impugnazione,
la facoltà del ricorrente di presentare motivi nuovi incontra il limite del
necessario riferimento ai motivi principali dei quali i motivi ulteriori devono
rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, anche per ragioni
eventualmente non evidenziate, ma sempre ricollegabili ai capi e ai punti già
dedotti. Ne consegue che sono ammissibili soltanto motivi aggiunti con i quali,
a fondamento del “petitum” dei motivi principali, si alleghino ragioni di carattere
giuridico diverse o ulteriori, ma non anche motivi con i quali si intenda allargare
l’ambito del predetto “petitum”, introducendo censure non tempestivamente
formalizzate entro i termini per l’impugnazione.
E’ evidente, nel caso di specie, che la deduzione, nel terzo motivo nuovo,
del vizio di motivazione in ordine all’applicazione della recidiva non rappresenta
un mero sviluppo o una migliore esposizione delle censure già svolte nel settimo
motivo del ricorso, avendo il ricorrente in tal modo allargato l’ambito del
“petitum”.
8. L’ottavo motivo è inammissbile.
Va osservato che la Corte territoriale ha motivato la mancata concessione
delle attenuanti generiche non solo evidenziando, come sopra riportato, la non
occasionalità della condotta – con l’indicazione dei precedenti penali del A.A.
– ma anche l’obiettiva gravità dei fatti (sono stati distratti una pluralità dì beni
immobili, l’azienda nonché la ragguardevole somma di oltre 500.000 euro).
La motivazione della sentenza impugnata è quindi congrua ed immune da
censure.

12

consentito a norma dell’art. 606 comma III cod. proc.

9. Il primo motivo del ricorrente B.B. è inammissibile per difetto di
specificità.
Va osservato che l’imputato, nel dedurre il vizio di motivazione in ordine alla
mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p., non si è
minimamente confrontato con le precise argomentazioni della sentenza
impugnata, che ha evidenziato che l’apporto offerto dal B.B. alla
realizzazione delle distrazioni è stato determinante, e non certo marginale e

ad occuparsi direttamente e personalmente della scelta del contraente Service
System s.r.l. (cessionaria di un bene distratto), ha tenuto i rapporti con lo studio
notarile Limontini incaricato della stesura di tutti gli atti più significativi posti in
essere dal giugno 2010 in poi . E’ stato, infine, il B.B. ad ideare e gestire
l’operazione di trasferimento della sede sociale della fallita all’estero (in
Romania).
10. Il secondo motivo del B.B. è inammissibile.
La sentenza impugnata, con un percorso argomentativo articolato ed
immune da vizi logici, ha evidenziato la quantità e qualità dei precedenti penali
riportati dal ricorrente ( plurime condanne per bancarotte e un patteggiamento
per plurime violazioni fiscali) che giustificano l’applicazione della recidiva e non
consentono quindi il contenimento della pena nel minimo edittale.
In conclusione, deve annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata nei
confronti di A.A.e – per l’effetto estensivo – anche nei confronti di
B.B. limitatamente alle statuizioni civili, che devono essere
eliminate.
Deve quindi rigettarsi, nel resto, il ricorso del A.A., mentre il ricorso del
B.B. va, nel resto, dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di A.A. e,
per l’effetto estensivo, nei confronti di B.B.
statuizioni civili che elimina.
1
Rigetta nel resto il ricorso del A.A..
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso del B.B..
Così deciso il 6 febbraio 2018

limitatamente alle

subalterno rispetto a quello rivestito dal coimputato. Infatti, è stato il B.B.

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