Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2149 del 16/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2149 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: RAMACCI LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) MANSILLA IUANA N. IL 15/05/1952
2) IDONE FILIPPO N. IL 05/12/1947
avverso la sentenza n. 5566/2011 CORTE APPELLO di TORINO, del
10/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

Data Udienza: 16/11/2012

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del
procedimento, nonché ciascuno di essi al versamento della somma di euro mille/00 in favore della
Cassa delle ammende.
Così deliberato in 141
amera di consiglio del 16.11.2012

Ritenuto:
— che la Corte di appello di Torino con sentenza del 10.1.2012 ha confermato la sentenza 20.4.2011
del Tribunale di Biella con la quale era stata affermata la responsabilità penale di MANSILLA
Iuana e IDONE Filippo per i reati di cui agli artt. 110 cod. pen. e 44, lett. b) D.P.R. n. 380/2001
(in relazione ad opere di ristrutturazione edilizia con ampliamento – acc. in Valdengo, il
15.12.2006);
— che gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo che la MANSILLA sarebbe
stata condannata esclusivamente sul presupposto che essa era comproprietaria dell’area sulla quale
era stato eseguito l’abuso edilizio, lamentando la mancata concessione delle attenuanti generiche ed
il vizio di motivazione;
— che i motivi di gravame risultano manifestamente infondati, a causa dell’oggettiva inconsistenza
della base giuridica delle censure, in quanto gli imputati sono stati condannati in seguito a corretta
valutazione della situazione concreta in cui venne svolta l’attività incriminata, e la loro
compartecipazione alla realizzazione dell ‘opera illecita è stata dedotta non soltanto dalla situazione
di comproprietà dell’edificio abusivo, bensì, con specifico riferimento alla MANSILLA, anche per
la piena disponibilità giuridica e di fatto del suolo, del rapporto di coniugio con l’esecutore delle
opere, con l’interesse specifico alla realizzazione in ragione della residenza in loco nonché per la
presentazione di una richiesta di sanatoria a sua firma (v. Sez. III 19 settembre 2008, n. 35907 con
ampi richiami a precedenti pronunce);
— che il riconoscimento di circostanze attenuanti generiche è rimesso al potere discrezionale del
giudice di merito, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura
sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità
effettiva del reato ed alla personalità del reo; esso presuppone la sussistenza di positivi elementi di
giudizio e non costituisce un diritto conseguente alla mancanza di elementi negativi connotanti la
personalità del reo, cosicché deve ritenersi legittimo il diniego operato dal giudice in assenza di dati
positivi di valutazione (Sez. I n. 3529, 2 novembre 1993; Sez. VI n. 6724, 3 maggio 1989; Sez. VI
n. 10690, 15 novembre 1985; Sez. 1 n. 4200, 7 maggio 1985). Nella fattispecie il giudice del merito
ha indicato espressamente che il diniego era giustificato dal comportamento successivo al reato
(inottemperanza all’ordinanza di demolizione);
— che il terzo motivo di ricorso, concernente il vizio di motivazione, è genericamente articolato
senza alcuna indicazione di motivi specifici di doglianza
— che, a norma dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità — non potendosi escludere
che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) — segue l’onere
solidale delle spese del procedimento, nonché, per ciascuno di essi, quello del versamento, in favore
della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti, di
curo 1.000,00.

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