Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21478 del 16/05/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 21478 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CASTRIGNANO STEFANO nato il 29/08/1987 a LECCE

avverso la sentenza del 23/03/2015 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Presidente FRANCO FIANDANESE;

Data Udienza: 16/05/2016

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
La CORTE APPELLO di LECCE, con sentenza in data 23/03/2015, parzialmente riformando, con
riferimento ai reati di cui agli artt. 56, 640 e 494 c.p. dichiarati prescritti, la sentenza pronunciata
dal TRIBUNALE di LECCE, in data 19/06/2012, nei confronti di CASTRIGNANO’ STEFANO
confermava la condanna in relazione al reato di cui alli art. 648 c.p.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
– con il primo motivo di ricorso si deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento
alla qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’art. 648 c.p., mentre avrebbe dovuto essere
qualificato ai sensi dell’art. 647 c.p., essendo stato denunciato lo smarrimento della carta di identità
– con il secondo motivo di ricorso, si deduce violazione di legge, in particolare, violazione del divieto
di “reformatio in peius”, in quanto la Corte di appello, revocando il beneficio della sospensione
condizionale della pena avrebbe adottato un provvedimento abnorme non rientrante nella sua
competenza.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto la Corte di appello ha affermato
che l’imputato non ha specificato le modalità attraverso cui era entrato in possesso dei documenti
denunciati smarriti e la cui provenienza illecita era agevolmente desumibile dalla stessa natura dei
beni ricevuti, in tal modo non si richiede affatto all’imputato di provare la provenienza del possesso
delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile spiegazione dell’origine del possesso delle cose
medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad un onere di allegazione di elementi, che
potrebbero costituire l’indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice,
e che comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del
libero convincimento (in tal senso, Cass. pen., Sez. un., n. 35535 del 12/07/2007, Rv. 236914).
Il secondo motivo di ricorso è anch’esso manifestamente infondato, in quanto è giurisprudenza
pacifica di questa Suprema Corte che il provvedimento di revoca della sospensione condizionale
della pena previsto dall’art. 168, comma primo, cod. pen. ha natura dichiarativa.
Conseguentemente gli effetti di diritto sostanziale risalgono “de jure” al momento in cui si è
verificata la condizione, anche prima della pronuncia giudiziale, e indipendentemente da essa.
Sicché il provvedimento di revoca non è che un atto ricognitivo della caducazione del beneficio già
avvenuta “ope legis” al momento del passaggio in giudicato della sentenza attinente al secondo
reato. Ne consegue che il giudice di appello – svolgendo un’attività puramente ricognitiva e non
discrezionale o valutativa e senza, pertanto, contravvenire al divieto di “reformatio in peius” – ha il
potere, anche se l’impugnazione sia stata proposta dal solo imputato, di revocare la sospensione
condizionale concessa con altra sentenza irrevocabile in altro giudizio, negli stessi termini in cui tale
potere è attribuito al giudice dell’esecuzione (Sez. U, n. 7551 del 08/04/1998 – dep. 27/06/1998,
Cerroni, Rv. 210798).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro duemila alla cassa delle ammende.

e del tesserino fiscale di cui all’imputazione;

Così deciso il 16/05/2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA