Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21478 del 12/04/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21478 Anno 2018
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: TRONCI ANDREA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
STEPICI STEFANO nato il 31/12/1980 a MILANO
avverso la sentenza del 23/09/2015 del TRIBUNALE di MILANO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA TRONCI;
Data Udienza: 12/04/2018
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.
Avverso la sentenza di applicazione della pena di mesi dieci di reclusione,
pronunciata in data 23.09.2015 dal giudice monocratico del Tribunale di Milano
per quattro distinti episodi di evasione, ex artt. 47 ter L. n. 354/1975 e 385 cod.
pen., unificati per continuazione, ricorre tempestivamente l’imputato, Stefano
STEPICI, il quale, con atto a propria firma, deduce “nullità della sentenza in
ordine alla sussistenza del fatto ex art. 129 c.p.p.”, per via dell’assenza della
relativa motivazione, che assume mancante anche con riferimento alla
2.
Il ricorso va senza meno dichiarato inammissibile.
E’ principio assolutamente consolidato – avuto riguardo alla disciplina
esistente all’epoca dell’impugnazione e fatta salva dall’art. 1 co. 51 della legge n.
103/2017 – che, in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, ai
sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’accordo intervenuto esonera l’accusa
dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le
parti sia da considerare sufficientemente motivata, per quanto qui in particolare
interessa, con la verifica della congruità della pena concordata e con il richiamo
all’art. 129 c.p.p., sufficiente a dar conto dell’avvenuta pertinente delibazione,
onde escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste.
A detti criteri il giudice del Tribunale di Milano si è puntualmente attenuto,
essendo peraltro sintomatico che il ricorrente abbia richiamato del tutto
astrattamente la norma di cui sopra, ben guardandosi dallo specificare la causa
di non punibilità concretamente esistente e nondimeno rimasta inapplicata, così
come, per altro verso, non risponde a verità che non sia stata indicata la
violazione più grave, ragionevolmente indicata nel primo episodio di evasione.
Seguono le statuizioni di legge, nella congrua misura di seguito
specificata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 3.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12.04.2018
individuazione del reato più grave, in funzione del calcolo della pena.