Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21477 del 16/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21477 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MACCHIA EMANUELE nato il 03/11/1976 a BRINDISI

avverso la sentenza del 20/03/2015 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Presidente FIANDANESE FRANCO;

Data Udienza: 16/05/2016

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
La CORTE APPELLO di LECCE, con sentenza in data 20/03/2015, parzialmente riformando, in punto
di pena, la sentenza pronunciata dal TRIBUNALE di BRINDISI, in data 20/04/2012, nei confronti di
MACCHIA EMANUELE confermava la condanna in relazione al reato di cui all’ art. 629 c.p.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
– il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta
responsabilità, in quanto mancherebbe la prova certa della colpevolezza dell’imputato, che si
sarebbe limitato a svolger il ruolo di intermediario nell’interesse della persona offesa di recuperare
la refurtiva;
trattamento sanzionatorio, in quanto l’affermazione relativa alla allarmante personalità
dell’imputato sarebbe in contraddizione con la concessione delle attenuanti generiche.
Il primo motivo di ricorso non è consentito, poiché, secondo il costante insegnamento di questa
Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di
merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per
il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/42/7/1997, n. 6402, Dessinnone, riv. 207944; tra le più recenti: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 06/02/2004, Elia, Rv. 229369). Il motivo proposto tende, appunto, ad ottenere una inammissibile
ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito,
il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo
convincimento, ritenendo che le modalità del fatto, secondo le quali l’imputato era in possesso della
merce rubata e ha ricevuto nelle sue mani la somma pattuita per la restituzione della refurtiva,
rendono “arduo” sostenere che egli abbia curato gli interessi della persona offesa.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto il giudice di merito, da un lato,
ha concesso le attenuanti generiche, in considerazione della non particolare gravità della condotta,
dall’altro lato, ha determinato la pena tendendo conto della allarmante personalità dell’imputato
quale risultava dagli atti: le due valutazioni non appaiono tra loro contrastanti.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro duemila alla cassa delle ammende.

Così deciso il 16/05/2016

– il secondo motivo di ricorso, con il quale si deduce vizio di motivazione con riferimento al

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